Il Partito comunista: storie di uomini e di idee

Il lavoro, le lotte, la politica giorno per giorno

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Queste pagine non sono una rassegna stampa, ma la mia personale scelta di fatti, idee e persone protagoniste della storia del Partito Comunista Italiano

“…volge al declino l’era, che fu nobile nella sua durezza e serietà, della democrazia politica”.
(Luciano Canfora).


Primi anni ’50: il comune di Sasso Marconi ospita per le vacanze estive un gruppo di bambini calabresi

27 aprile. Antonio Gramsci, il giornalista militante e gli anni torinesi

Guido Liguoro – ilmanifesto.it

«La libertà economica si dimostrò subito dottrina di classe: gli strumenti di produzione, pur circolando, rimasero proprietà di una minoranza sociale; il capitalismo fu anch’esso un privilegio di pochi, che tendono a diventar sempre più pochi, accentrando la ricchezza per sottrarsi cosi alla concorrenza col monopolio. La maggioranza dei diseredati cerca allora nell’associazione il mezzo di resistenza e di difesa dei propri interessi. Le libertà, concepite solo per l’individuo capitalista, devono estendersi a tutti… Le associazioni proletarie educano gli individui a trovare nella solidarietà il maggiore sviluppo del proprio io».

Il brano è tratto da un articolo gramsciano del 9 marzo 1918, che testimonia di alcuni dei motivi più originali presenti nel Gramsci degli anni torinesi: un’idea di libertà nella solidarietà che viene posta alla base dell’alternativa socialista a un capitalismo che aveva tradito anche le sue stesse premesse e promesse liberali.

L’articolo si intitola Individualismo e collettivismo, ed è ora riproposto nel nuovo volume pubblicato nell’ambito dell’«Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci», dedicato agli scritti del 1918: Scritti (1910-1926), vol. 3: 1918, a cura di Leonardo Rapone e Maria Luisa Righi (Istituto della Enciclopedia italiana, pp. 1004, euro 70).

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6 aprile 2024. Un funzionario in mare aperto con la bussola della coerenza

Paolo Soldini – strisciarossa.it

“Funzionario di mare aperto”. Bruno Marasà tiene molto a questa definizione che dà di se stesso. Il libro nel quale ha raccolto i tratti essenziali della sua lunga militanza nella sinistra istituzionale di questo paese – dal PCI a tutto quello che ne è seguito – è, in fondo, una orgogliosa negazione dell’apparente ossimoro contenuto in quella formula. La cultura politica dominante, che spesso si accompagna a una certa pigrizia nell’analisi dei fatti e delle circostanze, ci ha abituati a pensare alla figura del “funzionario” come a quella di un esecutore coscienzioso (nei casi migliori) della volontà collettiva di un apparato. La sua missione viene esercitata con una dedizione che può spingersi fino all’eroismo nella negazione della propria individualità. Nel bene, come ci racconta la “piccola” storia dei tantissimi militanti che senza mai emergere alla superficie della notorietà né quasi mai raccogliere il premio del proprio impegno hanno contribuito a metter su mattone dopo mattone le grandi organizzazioni sociali, ma anche nel male, quando la negazione di sé ha assunto i tratti crudelmente suicidari del consapevole sacrificio alle (presunte) ragioni della Storia con la “s” maiuscola. Si pensi, per stare dalle parti cui inevitabilmente la sinistra è sensibile, alle tremende vicende dello stalinismo.

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23 febbraio 2024. Bolognina, la strambata di Occhetto sorprese il velista D’Alema e portò burrasca nel partito e nel giornale

Ma che ci fa, proprio oggi, quella barca che veleggia in mezzo al mare? E perché, proprio oggi, quella sorpresa un po’ temuta e un po’ attesa? Lo vedremo. Quel che possiamo dire, per adesso, è solo che poi tutto è continuato come quel giorno. E cioè sempre controvento: da quella domenica d’autunno – in cui con un fulmine abbagliante ogni cosa cominciò – fino alla fine. Che naturalmente non fu annunciata come fine, ma come la ricerca – a quel punto obbligata – di un nuovo sol dell’avvenir…


Quella che da 35 anni è alla storia come “la svolta di Occhetto”, è stata raccontata, sezionata ed analizzata da qualunque punto di vista. Ricercare inediti e originalità, sarebbe tempo perso… Per questo anniversario di malinconia e di orgoglio, per questa occasione – dunque – scegliamo un punto di vista certamente già indagato: con la speranza che qualche testimonianza diretta e un paio di confessioni, possano arricchire il quadro almeno un po’. Il punto di osservazione è quello di Massimo D’Alema, in quel novembre 1989 nella scomodissima postazione di direttore de l’Unità. Vi rimase ancora pochi e turbolenti mesi: sufficienti, però, a orientare l’aspro confronto che si sviluppò in un collettivo di lavoro scosso e segnato dalla scelta di Occhetto.

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22 febbraio 2024. L’Unità, un legame e mille storie. Da Napoli alle cronache berlusconiane

Napoli. Il comizio conclusivo di Enrico Berlinguer alla Festa de L’Unità del 1976

Marcella Ciarnelli – strisciarossa.it

A noi dell’Unità sono capitate molte prime volte. Felici, tristi. Di grande soddisfazione come vendere in un certo giorno più di un milione di copie che neanche i giornaloni ci riuscivano. Prime volte piene di molti dubbi ma anche di solide certezze. Straordinarie, innovative ma anche dense di sgomento per il futuro quando ci siamo trovati a misurarci con le crisi, i ridimensionamenti, le chiusure. La prima poi altre con il dolore di doverlo comunicare ai lettori. Le crisi dell’Unità, il tuo giornale scelto per sempre, vissute tra speranze e paure guardando al passato per farsi forza. Guardando alla strada compiuta e sperando che ancora ce ne sarebbe stata da fare. Magari ripensando, capita ancora ora che tanto tempo è passato, ad una prima volta entusiasmante come il primo pezzo pubblicato.

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18 febbraio 2024. 16 febbraio. La “congiura dei trolley” all’ultimo congresso PCI e in balera l’addio al giornalista comunista

Onide Donati – strisciarossa.it

Anche i trolley “parlano”. Ce n’erano tanti nell’auditorium della Fiera di Rimini, dove il 3 febbraio 1991 i 1257 delegati del XX congresso del Partito comunista italiano avrebbero dovuto eleggere il segretario del neonato Partito democratico della sinistra, dopo avere approvato il superamento del Pci e la nascita del Pds. Nel pomeriggio con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti, il congresso aveva deliberato la fine del Pci e promosso la costituzione del Partito Democratico della Sinistra. Già in quel momento c’erano 326 delegati assenti, allontanatisi dalla Fiera di Rimini con i loro trolley.

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27 gennaio 2024. Berlinguer e io: i ricordi di Giuliano Ferilli, comunista di Fiano

Fabio Ferrari – strisciarossa.it

Se prendiamo un ragazzo del 1936, un paese a nord di Roma nella valle Tiberina e il segretario del più grande Partito Comunista europeo, avremo una interessante storia italiana di questi ultimi ottant’anni. Quel ragazzo del ’36 è Giuliano Ferilli che con il suo diario di bordo si è impegnato a raccontare la sua lunga militanza nel Pci.
Il paese è Fiano Romano dove è nato e sempre vissuto all’ombra del castello Orsini tra i vicoli e le piazzette, un centro che dal ’36 ad oggi è passato dai 2.300 abitanti agli attuali 15.000.
Del segretario del Pci Enrico Berlinguer di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, sono state pubblicate innumerevoli immagini. Quella che più ci fa capire la personalità del segretario è una che lo ritrae in una via con dei “serciaroli”, come a Roma vengono chiamati gli operai che posano i sampietrini nelle strade del centro.

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19 dicembre 2023. UMBERTO TERRACINI, COMUNISTA DEMOCRATICO, RIVOLUZIONARIO DELLA COSTITUZIONE

Nel 40° anniversario della morte di Umberto Terracini, lo scorso 6 dicembre, non vi sono state celebrazioni ufficiali, neanche un comunicato di qualche alta carica dello stato. Una delle figure più importanti della storia italiana del Novecento, una padre della Repubblica è stato ricordato solo da RaiStoria che ha riproposto questa intervista di Emanuele Rocco:

Fu tra i fondatori con Gramsci dell’Ordine Nuovo e poi del PCdI, uno dei padri fondatori della Repubblica e della Costituzione che reca la sua firma.
La sua biografia è quella di un rivoluzionario di professione – così si autodefinì per il titolo di un’intervista del 1976 sulla sua vita realizzata in collaborazione con il suo vecchio compagno Alfonso Leonetti.

Così scrisse al direttore della rivista:

«In quanto al titolo da lei propostomi [che era Ricordi e riflessioni di un dirigente comunista] le confesserò che non mi entusiasma e d’altra parte potrebbe dar luogo a qualche contestazione. E ciò sia per quanto si riferisce al dirigente, come per quanto si riferisce al comunista. Vi sono infatti dei comunisti militanti che non mi riconoscono più questo titolo, come sono poi moltissimi i quali non mi hanno mai rilasciato né mi rilasceranno mai il diploma di dirigente. E se dicessimo Ricordi e riflessioni di un rivoluzionario professionale? Questa è la formula introdotta nel vocabolario socialista a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre e fatta propria anche dai Comunisti Italiani nell’epoca più fulgente della loro lunga storia».

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2 dicembre 2023

Livia Turco. Addio a Marisa Rodano, protagonista di una democrazia esigente e dalla parte delle donne

strisciarossa.it (edizione del 4 dicembre)

Franco e Marisa Rodano

Cara Marisa,
in questo tempo duro e disumano, attraversato da atroci conflitti, il pensiero della tua persona, del tuo sorriso, della tua storia era ed è motivo di sollievo. Per questo ci addolora profondamente la tua scomparsa. Ci fa sentire più sole. Ma così intenso è il ricordo della tua persona, della tua voce lieve ma ferma, del tuo sorriso dolce ed elegante, del tuo rigore nelle argomentazioni che tu resti e resterai sempre con noi, in chi ha avuto il privilegio di conoscerti e di lavorare con te.
Noi, la nostra generazione, quella che tu, Nilde, Giglia, Adriana chiamavate “le giovani compagne” ha il dovere di trasmettere alle più giovani, a quelle che non ti hanno conosciuta, la bellezza della tua, della vostra, vita. A partire dal tuo impegno per la Pace nel mondo. Tu che hai vissuto la guerra, sei stata protagonista della lotta partigiana ed antifascista, hai sempre tenacemente perseguito e lottato per l’ideale della Pace , perché la Pace fosse possibile. Lo facesti nella campagna promossa dall’Udi nel 1947 quando venne lanciata la petizione popolare, per il disarmo, per l’interdizione della bomba atomica, contro l’Italia nella Nato, contro il riarmo tedesco. La petizione era rivolta alle Nazioni Unite, raccoglieste 3 milioni di firme ed otteneste il riconoscimento di Benjamin Cohen, segretario aggiunto delle Nazioni Unite
(…)

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22 novembre 2023. Bologna piange Otello Ciavatti, il compagno che fece dialogare i giovani e il palazzo

È morto Otello Ciavatti. Aveva compiuto da poco 80 anni. Il cordoglio è vastissimo, a Bologna e nella città delle sue origini, Rimini. È stato un compagno della generazione del ’68, professore e conferenziere. Ha avuto anche un cursus politico in ambiti consolidati ed “istituzionali”, negli anni ‘80 e ‘90, nella segreteria dei chimici, alla Camera del lavoro, nella collaborazione con i parlamentari e in particolare Renato Zangheri per le vertenze delle fabbriche in crisi, fu poi assessore in Provincia e segretario per qualche tempo della Confesercenti.
Ma Otello è stato ben di più. La sua anima razionale e inquieta lo portava dentro a tutti i movimenti capaci di muoverci e commuoverci, in tutti questi anni, senza mai mancare, dando tutta la sua inventiva a ognuna delle cause che gli si presentavano e dei luoghi che frequentava.

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Fitzcarraldo. Un ultimo omaggio per Otello

FAUSTO ANDERLINI – FACEBOOK Come l’amico di quel romanzo nautico di Conrad che sale lungo la gomena e ci rivela segretamente qualcosa di noi che non sapevamo abbastanza.

Otello era come noi. La nostra generazione. Meglio ancora un precursore, visto che aveva qualche anno in più. Nato durante la guerra anzichè dopo. Un baby boomer in anticipo. Più precisamente, di quelli come noi che venivano da famiglie popolari della provincia e che avevano potuto studiare. E dunque erano più ingordi di cultura, di espressività, di uno stile di vita autocostruito (sebbene eterocentrato, cioè condiviso con altri). Perciò visse (cercò di vivere) nel segno dell’onnilateralità preconizzata da Marx nei Manoscritti e nell’Ideologia tedesca. Cimentandosi con tante cose e godendone quanto più poteva. Specie dello spirito, con esclusione della ricchezza (e la conseguenza di tenere con affanno la posizione della comune classe media). La politica militante, l’appartenenza, la professione politica, la musica, la letteratura, l’attività sportiva, l’insegnamento, la seduzione e l’amore, l’amicizia, la procreazione…. Consumo impegnato e ri-produzione in proprio della cultura. L’ingegnoso dilettantismo di talento che si riversa su troppo cose per concedersi alla specializzazione in via definitiva. Una kunderiana leggerezza dell’essere, ma su solide, mai abbandonate, fondamenta di valore. Ed è per questi caratteri, seguendo questo beruf, personale e sociale, che alla fine Otello è approdato alla riva dello specialismo, divenendo per svariati generi, anche in linea con la formazione di pedagogista, un divulgatore di grande rispetto, tal quale Riccomini è stato (e ancora è) per le arti figurative. Toccando vette che solo gli esperti culturali del partito e dell’Arci dei sessanta hanno raggiunto.

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In morte di Otello Ciavatti

ANTONIO NAPOLETANO – FACEBOOK Apprendo la notizia da Fabio Bruschi. Gli passo il numero di telefono di casa Ciavatti, ma sono incredulo. Non mi sembra vero. Otello, Otulo, era, è stato l’immagine stessa della voglia di vivere che d’improvviso, in un letto d’ospedale, si è spenta. Dissolta.


Muore solo, come, immagino, non avrebbe mai voluto e come saremo tutti costretti a subire. Ultimo, inevitabile insulto alle nostre vite, alle nostre storie, ai nostri affetti. Lui che ha saputo entrare in vita nei cuori di un’enormità di persone, di cui ha cercato amicizia, affetto, considerazione. Una vita la sua senza risparmio, perfino frenetica nei suoi anni migliori, quando la sua tempra era forte e trasmetteva un vigore temperato da curiosità e interesse per gli altri, ma sempre all’insegna di una generosità disponibile, soccorrevole, perfino accudente.

Otello, ultimo figlio di una famiglia numerosa, era il primo lauereato. La povertà durante il periodo fascista, che si era portato via uno dei fratelli, era ormai superata e, come a volte raccontava, venne pagata da uno di loro che fece per tutti qualche anno di carcere per contrabbando di sigarette. Quello che aveva dato da vivere nel dopoguerra e che permise agli altri di mettere a frutto la propria industriosità e a lui di studiare a Bologna. Era orgoglioso delle sue origini e forte era il legame con i suoi.
Da ultimo era diventato, direi per acclamazione, il ‘sindaco del rione Università’. In quella veste aveva distillato tutto il sapere e il saper fare di una vita intensa nella scuola, in politica, nelle istituzioni, nel sindacato, nella cultura. Ci sono poche altre figure a Bologna che come lui hanno tenuto fede ai nostri ideali giovanili. Di più: direi gramscianamente pochi come lui hanno saputo ogni volta, ricominciare, nonostante i rovesci, le delusioni, le contraddizioni, le piccole e grandi miserie cui ci hanno assuefatto questi nostri tempi. Per questo, per questa sua resistenza al male, alla cattiveria, alla ferocia delle disuguaglianze, allo scempio della bellezza e del degrado ambientale e sociale, Otello ha saputo sempre ricominciare, tessere reti, relazioni, dando ascolto, intervenendo, organizzando, promuovendo conoscenza e umanità. Grave e frutto di rara imbecillità è l’indifferenza, perfino a volte infastidita, che i politicanti hanno spesso, troppo spesso, mostrato nei confronti suoi, delle sue iniziative, del suo lavoro di strada. A differenza di molti di noi, ristretti nel silenzio, lui aveva scelto di essere quel ‘rifomista’ che fa, che non demorde, che sa radicarsi in un territorio ne vive le ansie, le paure, le necessità senza altro fine che il ‘noi’.
Per questo e molto altro che non mi si scioglie in questo momento, col cuore gonfio anche per le mie irragionevoli durezze a volte nei suoi confronti, egli sarà ricordato a lungo. La sua vita esemplare lascia una traccia che non si rimuove.

Ora il silenzio lo accompagna e a noi che gli fummo amici e che lo amammo non rimane che sondare il vuoto che si è aperto con la sua morte. Addio, Otello, riposa in pace, la pace dei giusti.
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Addio a Otello Ciavatti

SINISTRA. Ci ha lasciati Otello Ciavatti uno dei protagonisti del “collettivo operai studenti”di Bologna che poi confluì, fin dall’autunno del ’69, nel manifesto. Portò a quella adesione non solo la sua […]

MASSIMO SERAFINI – ILMANIFESTO.IT Ci ha lasciati Otello Ciavatti uno dei protagonisti del “collettivo operai studenti”di Bologna che poi confluì, fin dall’autunno del ’69, nel manifesto.
Portò a quella adesione non solo la sua passione, ma anche i suoi dissensi, per la scarsa attenzione che il collettivo dava a quello che allora si chiamava “l’operaio massa” protagonista di tante lotte spontanee, soprattutto fuori dal controllo sindacale. Il nostro comune approdo al manifesto non fu quindi l’adesione di singole persone persuase dalla lettura della Rivista, ma la confluenza di un’esperienza collettiva di lavoro, maturata nell’autunno del ’68 quando gli studenti cominciarono ad uscire dalle facoltà occupate per collegarsi con le forme nuove di lotta e di organizzazione operaia: non solo più salario, ma una rimessa in discussione del cottimo, delle qualifiche, dei ritmi di lavoro, delle rigide gerarchie su cui si basava la fabbrica fordista.
Otello Ciavatti diede un contributo originale alla discussione sulle nuove forme organizzative che i lavoratori e le lavoratrici si davano. Erano i mesi che precedettero quello che fu chiamato “l’autunno caldo” che fu alla base della nascita della Rivista il manifesto nel ’69 in cui confluì il collettivo. Ciao Otello.
https://ilmanifesto.it/addio-a-otello-ciavatti

Otello Ciavatti in piazza Verdi a Bologna con Nadia Urbinati e Luciana Castellina

2 novembre 2023

Il compagno Canova
Fausto Anderlini – Facebook

Apprendo con commozione la dipartita del compagno Canova, che mi auguro (ne sono certo) sia stata serena oltre che in età avanzata e alleviata dalle cure dell’amata compagna di una vita. La vita di un uomo probo, sincero, coerente, semplice quanto rigoroso e appassionato. Un uomo altruista e generoso, a servizio di una missione quotidiana, anima e corpo. Un uomo buono.

Posso dirlo con cognizione di causa perchè l’ho conosciuto sin dalla più tenera giovinezza, in zona Stadio [a Bologna ndr]. Nei sessanta, e da allora, sia pure con grandi lacune, ne ho conservato la contezza. Come un segnale radar. Se capitavi da quelle parti, cioè della Sezione Magnani, sapevi che l’avresti incontrato. Lui e la moglie Paola. Che a quanto mi risulta – potrei sbagliarmi, ma non cambia il senso del discorso – non avevano figli. Una coppia legata da una indissolubile intimità, la cui famiglia e la cui dimora erano il partito. In un senso molto concreto: la sezione, la casa del popolo nei pressi dell’abitazione, e le anime ivi albergate. Gli iscritti. L’immensa famiglia allargata di decine e decine di famiglie. Con la loro prole.

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