Il lavoro, le lotte, la politica giorno per giorno
SITO IN CONTINUO AGGIORNAMENTO
Queste pagine non sono una rassegna stampa, ma la mia personale scelta di fatti, idee e persone protagoniste della storia del Partito Comunista Italiano
“…volge al declino l’era, che fu nobile nella sua durezza e serietà, della democrazia politica”.
(Luciano Canfora).
Liliana Rossi, una figura di libertà
“…Anche se la vita, che dicevi bella, troppo presto ti ha tradita e quando più intenso era il fervore delle opere, del pensiero e degli affetti; Anche se lo spirito tuo, da te trasfuso con semplice e totale dedizione nell’arte, nelle scienze e in tutte le cose in cui hai creduto, non potrà più esserci prodigo del suo immenso tesoro di amore e di umanità; Anche se il tuo sorriso e la tua grazia non potranno più illuminarci né sollevarci; Quanto hai operato non è stato vano per quelli che, allora ed ora, al tuo contatto e nel tu ricordo, hanno imparato e impareranno ad essere migliori…” (Franco Di Giovanni)
(…) Subito dopo la laurea, si iscrive al PCI e si dedica ad una partecipazione attiva. Negli incontri di caseggiato con le donne contadine e braccianti Liliana si scontra con una condizione di vita cui non è abituata e quasi si vergogna di essere testimone di tanta miseria. In particolare la sua solidarietà si esprime verso le donne, escluse tra gli esclusi, sottomesse ai maschi di casa secondo la secolare consuetudine del sistema patriarcale, ed organizza incontri in cui insegna alle ragazze elementari norme igieniche e i rudimenti dell’ alfabetizzazione.
E’ emblematico l’episodio di un comizio, tenuto ad Ascoli un mese prima della sua morte, in cui alla fine venne accompagnata a casa in trionfo da una fiumana di donne. Era la prima donna a tenere un comizio, tutto il paese era accorso a sentirla e Liliana parlava in modo chiaro diretto, di cose concrete e tutti riuscivano a capirla (…)
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https://www.ascolisatrianofg.it/ascolisatrianofg/speciale_liliana_rossi.htm
19 maggio 2024. Fausto Anderlini sulla propria pagina Facebook: Mario Caciagli
Apprendo per le vie traverse di facebook che è morto Mario Caciagli. Una fitta acuta e una malinconia. Il risveglio improvviso di episodi dispersi nello stagno della momoria. Giacchè sebbene le confidenze vis a vis furono limitate a brevi attimi in un intero ciclo di vita fummo amici a distanza. In sonno.
Era un bell’uomo di modi spontanei e mancava di un dito, cosa rara nei professori e assai frequente nei metalmeccanici. Di dieci anni più avanti in età rispetto a me era un fumatore accanito e veniva da San Miniato, all’imbocco della Val d’Elsa. Come Ulivieri Renzo, mentre un altro noto e omonimo allenatore (Mario Caciagli) era della vicina Pontedera. Toscani della profonda provincia rossa, grandi allenatori, di calcio e politica, cultori del luogo e della disciplina. Comunisti nell’anima e mai dimentichi delle radici. Leaders e cantori della comunità. Fra tutti i migliori.
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https://www.facebook.com/fausto.anderlini/posts/pfbid02f7tJ9WGsd6kSQ6uJ3CxWSifL1HeYfeu9uS2J64YUEB68zmtQvDsVt5QQqkUdgfADl
14 maggio. Svolta della Bolognina, fu Occhetto (e non Ingrao e Tortorella) a cercare il soccorso di Gorbaciov
Pietro Spataro – strisciarossa.it
“Ritengo impossibile l’irrisione e l’umiliazione di attendere su una questione come la sorte e il nome del partito beneplaciti dall’Urss. Tanto più che da anni abbiamo affermato la nostra piena autonomia non solo dall’Urss ma da qualsiasi partito o Stato”. Queste parole erano contenute il un comunicato che Pietro Ingrao diffuse alla stampa il 28 novembre del 1989 dopo che per diversi giorni erano apparsi sui quotidiani strani retroscena sull’incontro che Achille Occhetto avrebbe avuto con Michail Gorbaciov il 30 di quello stesso mese. Visto lo scontro che si era aperto nel Pci sulla svolta della Bolognina, scrissero i giornali, lo staff del segretario sta lavorando per avere una sorta di benedizione da Gorbaciov, che proprio in quei mesi stava rivoltando come un calzino l’Unione sovietica.
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https://www.strisciarossa.it/svolta-della-bolognina-fu-occhetto-e-non-ingrao-e-tortorella-a-cercare-il-soccorso-di-gorbaciov/
27 aprile. Antonio Gramsci, il giornalista militante e gli anni torinesi
Guido Liguoro – ilmanifesto.it
«La libertà economica si dimostrò subito dottrina di classe: gli strumenti di produzione, pur circolando, rimasero proprietà di una minoranza sociale; il capitalismo fu anch’esso un privilegio di pochi, che tendono a diventar sempre più pochi, accentrando la ricchezza per sottrarsi cosi alla concorrenza col monopolio. La maggioranza dei diseredati cerca allora nell’associazione il mezzo di resistenza e di difesa dei propri interessi. Le libertà, concepite solo per l’individuo capitalista, devono estendersi a tutti… Le associazioni proletarie educano gli individui a trovare nella solidarietà il maggiore sviluppo del proprio io».
Il brano è tratto da un articolo gramsciano del 9 marzo 1918, che testimonia di alcuni dei motivi più originali presenti nel Gramsci degli anni torinesi: un’idea di libertà nella solidarietà che viene posta alla base dell’alternativa socialista a un capitalismo che aveva tradito anche le sue stesse premesse e promesse liberali.
L’articolo si intitola Individualismo e collettivismo, ed è ora riproposto nel nuovo volume pubblicato nell’ambito dell’«Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci», dedicato agli scritti del 1918: Scritti (1910-1926), vol. 3: 1918, a cura di Leonardo Rapone e Maria Luisa Righi (Istituto della Enciclopedia italiana, pp. 1004, euro 70).
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https://ilmanifesto.it/antonio-gramsci-il-giornalista-militante-e-gli-anni-torinesi
25 aprile 2024. Fausto Anderlini sulla propria pagina Facebook
L’artiglio dell’opposizione
Ci son viaggi che non si possono mancare. Stamane, 25 Aprile 2024, sono uscito col cane e ho raggiunto la Piazza del Nettuno dove era in corso la cerimonia. Lì, fra tanti altri compagni di vecchia conoscenza, ho incontrato Saverio Mazzoli. Che qui nella foto è ritratto alla mia destra, assieme a sua figlia, mentre alla mia sinistra sorride Salvatore Caronna, ultimo segretario della Federazione Pds e primo segretario regionale del Pd, del quale fui un certo tempo sodale politico sempre divertendomi un mondo.
Reincontrare Saverio, in questi tempi di diradamento antropico, è stata una emozione. Sebbene aritmicamente non ci siamo mai persi di vista e per un periodo sono stato anche iscritto alla stessa sezione, in quel della Barca, la sezione Cervi, proprio nei pressi della dimora dei miei. L’ultima sezione e anche l’ultima tessera, prima che il Pd mandasse tutti noi a quel paese. Ma era almeno dalla morte dei miei che non avevo sue notizie. Ed è per questo che l’incontro mi sollecita elegiache rimembranze.
Saverio Mazzoli ha oggi novantuno anni suonati e li porta decisamente bene. Operaio della Petroncini (fabbrica di macchine per la torrefazione) fu nei ’60 anche segretario della mia prima sezione, l’Arvedo Bastia in quel della zona Stadio. Sebbene di almeno tre lustri più avanti in età, con lui, nel ruolo di centro-mediano (buon colpitore di palle al volo, specie di testa) ho giocato diverse partite nei tornei estivi che vedevano impegnato il bar della Casa del Popolo. Saverio era empatico, un uomo da compagnia, sebbene serio, sobrio e moralmente rigoroso, ma era anche un fine e ben documentato ragionatore politico. Sempre argomentava con lucidità, chiamando i presenti all’esercizio del realismo togliattiano e all’analisi delle interdipendenze logico-politiche. La sua appartenenza alla scuola togliattiana era così radicata che quando ebbe la sua unica figlia io la chiamai affettuosamente Palmira.
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6 aprile 2024. Un funzionario in mare aperto con la bussola della coerenza
Paolo Soldini – strisciarossa.it
“Funzionario di mare aperto”. Bruno Marasà tiene molto a questa definizione che dà di se stesso. Il libro nel quale ha raccolto i tratti essenziali della sua lunga militanza nella sinistra istituzionale di questo paese – dal PCI a tutto quello che ne è seguito – è, in fondo, una orgogliosa negazione dell’apparente ossimoro contenuto in quella formula. La cultura politica dominante, che spesso si accompagna a una certa pigrizia nell’analisi dei fatti e delle circostanze, ci ha abituati a pensare alla figura del “funzionario” come a quella di un esecutore coscienzioso (nei casi migliori) della volontà collettiva di un apparato. La sua missione viene esercitata con una dedizione che può spingersi fino all’eroismo nella negazione della propria individualità. Nel bene, come ci racconta la “piccola” storia dei tantissimi militanti che senza mai emergere alla superficie della notorietà né quasi mai raccogliere il premio del proprio impegno hanno contribuito a metter su mattone dopo mattone le grandi organizzazioni sociali, ma anche nel male, quando la negazione di sé ha assunto i tratti crudelmente suicidari del consapevole sacrificio alle (presunte) ragioni della Storia con la “s” maiuscola. Si pensi, per stare dalle parti cui inevitabilmente la sinistra è sensibile, alle tremende vicende dello stalinismo.
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23 febbraio 2024. Bolognina, la strambata di Occhetto sorprese il velista D’Alema e portò burrasca nel partito e nel giornale
Ma che ci fa, proprio oggi, quella barca che veleggia in mezzo al mare? E perché, proprio oggi, quella sorpresa un po’ temuta e un po’ attesa? Lo vedremo. Quel che possiamo dire, per adesso, è solo che poi tutto è continuato come quel giorno. E cioè sempre controvento: da quella domenica d’autunno – in cui con un fulmine abbagliante ogni cosa cominciò – fino alla fine. Che naturalmente non fu annunciata come fine, ma come la ricerca – a quel punto obbligata – di un nuovo sol dell’avvenir…
Quella che da 35 anni è alla storia come “la svolta di Occhetto”, è stata raccontata, sezionata ed analizzata da qualunque punto di vista. Ricercare inediti e originalità, sarebbe tempo perso… Per questo anniversario di malinconia e di orgoglio, per questa occasione – dunque – scegliamo un punto di vista certamente già indagato: con la speranza che qualche testimonianza diretta e un paio di confessioni, possano arricchire il quadro almeno un po’. Il punto di osservazione è quello di Massimo D’Alema, in quel novembre 1989 nella scomodissima postazione di direttore de l’Unità. Vi rimase ancora pochi e turbolenti mesi: sufficienti, però, a orientare l’aspro confronto che si sviluppò in un collettivo di lavoro scosso e segnato dalla scelta di Occhetto.
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22 febbraio 2024. L’Unità, un legame e mille storie. Da Napoli alle cronache berlusconiane
Marcella Ciarnelli – strisciarossa.it
A noi dell’Unità sono capitate molte prime volte. Felici, tristi. Di grande soddisfazione come vendere in un certo giorno più di un milione di copie che neanche i giornaloni ci riuscivano. Prime volte piene di molti dubbi ma anche di solide certezze. Straordinarie, innovative ma anche dense di sgomento per il futuro quando ci siamo trovati a misurarci con le crisi, i ridimensionamenti, le chiusure. La prima poi altre con il dolore di doverlo comunicare ai lettori. Le crisi dell’Unità, il tuo giornale scelto per sempre, vissute tra speranze e paure guardando al passato per farsi forza. Guardando alla strada compiuta e sperando che ancora ce ne sarebbe stata da fare. Magari ripensando, capita ancora ora che tanto tempo è passato, ad una prima volta entusiasmante come il primo pezzo pubblicato.
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18 febbraio 2024. 16 febbraio. La “congiura dei trolley” all’ultimo congresso PCI e in balera l’addio al giornalista comunista
Onide Donati – strisciarossa.it
Anche i trolley “parlano”. Ce n’erano tanti nell’auditorium della Fiera di Rimini, dove il 3 febbraio 1991 i 1257 delegati del XX congresso del Partito comunista italiano avrebbero dovuto eleggere il segretario del neonato Partito democratico della sinistra, dopo avere approvato il superamento del Pci e la nascita del Pds. Nel pomeriggio con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti, il congresso aveva deliberato la fine del Pci e promosso la costituzione del Partito Democratico della Sinistra. Già in quel momento c’erano 326 delegati assenti, allontanatisi dalla Fiera di Rimini con i loro trolley.
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27 gennaio 2024. Berlinguer e io: i ricordi di Giuliano Ferilli, comunista di Fiano
Fabio Ferrari – strisciarossa.it
Se prendiamo un ragazzo del 1936, un paese a nord di Roma nella valle Tiberina e il segretario del più grande Partito Comunista europeo, avremo una interessante storia italiana di questi ultimi ottant’anni. Quel ragazzo del ’36 è Giuliano Ferilli che con il suo diario di bordo si è impegnato a raccontare la sua lunga militanza nel Pci.
Il paese è Fiano Romano dove è nato e sempre vissuto all’ombra del castello Orsini tra i vicoli e le piazzette, un centro che dal ’36 ad oggi è passato dai 2.300 abitanti agli attuali 15.000.
Del segretario del Pci Enrico Berlinguer di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, sono state pubblicate innumerevoli immagini. Quella che più ci fa capire la personalità del segretario è una che lo ritrae in una via con dei “serciaroli”, come a Roma vengono chiamati gli operai che posano i sampietrini nelle strade del centro.
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19 dicembre 2023. UMBERTO TERRACINI, COMUNISTA DEMOCRATICO, RIVOLUZIONARIO DELLA COSTITUZIONE
Da Sandwiches di realtÃ. il blog di Maurizio Acerbo
Nel 40° anniversario della morte di Umberto Terracini, lo scorso 6 dicembre, non vi sono state celebrazioni ufficiali, neanche un comunicato di qualche alta carica dello stato. Una delle figure più importanti della storia italiana del Novecento, una padre della Repubblica è stato ricordato solo da RaiStoria che ha riproposto questa intervista di Emanuele Rocco:
Fu tra i fondatori con Gramsci dell’Ordine Nuovo e poi del PCdI, uno dei padri fondatori della Repubblica e della Costituzione che reca la sua firma.
La sua biografia è quella di un rivoluzionario di professione – così si autodefinì per il titolo di un’intervista del 1976 sulla sua vita realizzata in collaborazione con il suo vecchio compagno Alfonso Leonetti.
Così scrisse al direttore della rivista:
«In quanto al titolo da lei propostomi [che era Ricordi e riflessioni di un dirigente comunista] le confesserò che non mi entusiasma e d’altra parte potrebbe dar luogo a qualche contestazione. E ciò sia per quanto si riferisce al dirigente, come per quanto si riferisce al comunista. Vi sono infatti dei comunisti militanti che non mi riconoscono più questo titolo, come sono poi moltissimi i quali non mi hanno mai rilasciato né mi rilasceranno mai il diploma di dirigente. E se dicessimo Ricordi e riflessioni di un rivoluzionario professionale? Questa è la formula introdotta nel vocabolario socialista a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre e fatta propria anche dai Comunisti Italiani nell’epoca più fulgente della loro lunga storia».
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https://www.maurizioacerbo.it/blogs/?p=7127#more-7127
2 dicembre 2023
Livia Turco. Addio a Marisa Rodano, protagonista di una democrazia esigente e dalla parte delle donne
strisciarossa.it (edizione del 4 dicembre)
Cara Marisa,
in questo tempo duro e disumano, attraversato da atroci conflitti, il pensiero della tua persona, del tuo sorriso, della tua storia era ed è motivo di sollievo. Per questo ci addolora profondamente la tua scomparsa. Ci fa sentire più sole. Ma così intenso è il ricordo della tua persona, della tua voce lieve ma ferma, del tuo sorriso dolce ed elegante, del tuo rigore nelle argomentazioni che tu resti e resterai sempre con noi, in chi ha avuto il privilegio di conoscerti e di lavorare con te.
Noi, la nostra generazione, quella che tu, Nilde, Giglia, Adriana chiamavate “le giovani compagne” ha il dovere di trasmettere alle più giovani, a quelle che non ti hanno conosciuta, la bellezza della tua, della vostra, vita. A partire dal tuo impegno per la Pace nel mondo. Tu che hai vissuto la guerra, sei stata protagonista della lotta partigiana ed antifascista, hai sempre tenacemente perseguito e lottato per l’ideale della Pace , perché la Pace fosse possibile. Lo facesti nella campagna promossa dall’Udi nel 1947 quando venne lanciata la petizione popolare, per il disarmo, per l’interdizione della bomba atomica, contro l’Italia nella Nato, contro il riarmo tedesco. La petizione era rivolta alle Nazioni Unite, raccoglieste 3 milioni di firme ed otteneste il riconoscimento di Benjamin Cohen, segretario aggiunto delle Nazioni Unite (…)
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22 novembre 2023. Bologna piange Otello Ciavatti, il compagno che fece dialogare i giovani e il palazzo
È morto Otello Ciavatti. Aveva compiuto da poco 80 anni. Il cordoglio è vastissimo, a Bologna e nella città delle sue origini, Rimini. È stato un compagno della generazione del ’68, professore e conferenziere. Ha avuto anche un cursus politico in ambiti consolidati ed “istituzionali”, negli anni ‘80 e ‘90, nella segreteria dei chimici, alla Camera del lavoro, nella collaborazione con i parlamentari e in particolare Renato Zangheri per le vertenze delle fabbriche in crisi, fu poi assessore in Provincia e segretario per qualche tempo della Confesercenti.
Ma Otello è stato ben di più. La sua anima razionale e inquieta lo portava dentro a tutti i movimenti capaci di muoverci e commuoverci, in tutti questi anni, senza mai mancare, dando tutta la sua inventiva a ognuna delle cause che gli si presentavano e dei luoghi che frequentava.
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Fitzcarraldo. Un ultimo omaggio per Otello
FAUSTO ANDERLINI – FACEBOOK Come l’amico di quel romanzo nautico di Conrad che sale lungo la gomena e ci rivela segretamente qualcosa di noi che non sapevamo abbastanza.
Otello era come noi. La nostra generazione. Meglio ancora un precursore, visto che aveva qualche anno in più. Nato durante la guerra anzichè dopo. Un baby boomer in anticipo. Più precisamente, di quelli come noi che venivano da famiglie popolari della provincia e che avevano potuto studiare. E dunque erano più ingordi di cultura, di espressività, di uno stile di vita autocostruito (sebbene eterocentrato, cioè condiviso con altri). Perciò visse (cercò di vivere) nel segno dell’onnilateralità preconizzata da Marx nei Manoscritti e nell’Ideologia tedesca. Cimentandosi con tante cose e godendone quanto più poteva. Specie dello spirito, con esclusione della ricchezza (e la conseguenza di tenere con affanno la posizione della comune classe media). La politica militante, l’appartenenza, la professione politica, la musica, la letteratura, l’attività sportiva, l’insegnamento, la seduzione e l’amore, l’amicizia, la procreazione…. Consumo impegnato e ri-produzione in proprio della cultura. L’ingegnoso dilettantismo di talento che si riversa su troppo cose per concedersi alla specializzazione in via definitiva. Una kunderiana leggerezza dell’essere, ma su solide, mai abbandonate, fondamenta di valore. Ed è per questi caratteri, seguendo questo beruf, personale e sociale, che alla fine Otello è approdato alla riva dello specialismo, divenendo per svariati generi, anche in linea con la formazione di pedagogista, un divulgatore di grande rispetto, tal quale Riccomini è stato (e ancora è) per le arti figurative. Toccando vette che solo gli esperti culturali del partito e dell’Arci dei sessanta hanno raggiunto.
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In morte di Otello Ciavatti
ANTONIO NAPOLETANO – FACEBOOK Apprendo la notizia da Fabio Bruschi. Gli passo il numero di telefono di casa Ciavatti, ma sono incredulo. Non mi sembra vero. Otello, Otulo, era, è stato l’immagine stessa della voglia di vivere che d’improvviso, in un letto d’ospedale, si è spenta. Dissolta.
Muore solo, come, immagino, non avrebbe mai voluto e come saremo tutti costretti a subire. Ultimo, inevitabile insulto alle nostre vite, alle nostre storie, ai nostri affetti. Lui che ha saputo entrare in vita nei cuori di un’enormità di persone, di cui ha cercato amicizia, affetto, considerazione. Una vita la sua senza risparmio, perfino frenetica nei suoi anni migliori, quando la sua tempra era forte e trasmetteva un vigore temperato da curiosità e interesse per gli altri, ma sempre all’insegna di una generosità disponibile, soccorrevole, perfino accudente.
Otello, ultimo figlio di una famiglia numerosa, era il primo lauereato. La povertà durante il periodo fascista, che si era portato via uno dei fratelli, era ormai superata e, come a volte raccontava, venne pagata da uno di loro che fece per tutti qualche anno di carcere per contrabbando di sigarette. Quello che aveva dato da vivere nel dopoguerra e che permise agli altri di mettere a frutto la propria industriosità e a lui di studiare a Bologna. Era orgoglioso delle sue origini e forte era il legame con i suoi.
Da ultimo era diventato, direi per acclamazione, il ‘sindaco del rione Università’. In quella veste aveva distillato tutto il sapere e il saper fare di una vita intensa nella scuola, in politica, nelle istituzioni, nel sindacato, nella cultura. Ci sono poche altre figure a Bologna che come lui hanno tenuto fede ai nostri ideali giovanili. Di più: direi gramscianamente pochi come lui hanno saputo ogni volta, ricominciare, nonostante i rovesci, le delusioni, le contraddizioni, le piccole e grandi miserie cui ci hanno assuefatto questi nostri tempi. Per questo, per questa sua resistenza al male, alla cattiveria, alla ferocia delle disuguaglianze, allo scempio della bellezza e del degrado ambientale e sociale, Otello ha saputo sempre ricominciare, tessere reti, relazioni, dando ascolto, intervenendo, organizzando, promuovendo conoscenza e umanità. Grave e frutto di rara imbecillità è l’indifferenza, perfino a volte infastidita, che i politicanti hanno spesso, troppo spesso, mostrato nei confronti suoi, delle sue iniziative, del suo lavoro di strada. A differenza di molti di noi, ristretti nel silenzio, lui aveva scelto di essere quel ‘rifomista’ che fa, che non demorde, che sa radicarsi in un territorio ne vive le ansie, le paure, le necessità senza altro fine che il ‘noi’.
Per questo e molto altro che non mi si scioglie in questo momento, col cuore gonfio anche per le mie irragionevoli durezze a volte nei suoi confronti, egli sarà ricordato a lungo. La sua vita esemplare lascia una traccia che non si rimuove.
Ora il silenzio lo accompagna e a noi che gli fummo amici e che lo amammo non rimane che sondare il vuoto che si è aperto con la sua morte. Addio, Otello, riposa in pace, la pace dei giusti.
https://www.facebook.com/antonio.napoletano.3956/posts/pfbid0GvdearD9usTyH3psSkcKosz8ijmKquVUdLRRUyAoh5g47mT3hJnj8bLxsU4QAjzxl
Addio a Otello Ciavatti
SINISTRA. Ci ha lasciati Otello Ciavatti uno dei protagonisti del “collettivo operai studenti”di Bologna che poi confluì, fin dall’autunno del ’69, nel manifesto. Portò a quella adesione non solo la sua […]
MASSIMO SERAFINI – ILMANIFESTO.IT Ci ha lasciati Otello Ciavatti uno dei protagonisti del “collettivo operai studenti”di Bologna che poi confluì, fin dall’autunno del ’69, nel manifesto.
Portò a quella adesione non solo la sua passione, ma anche i suoi dissensi, per la scarsa attenzione che il collettivo dava a quello che allora si chiamava “l’operaio massa” protagonista di tante lotte spontanee, soprattutto fuori dal controllo sindacale. Il nostro comune approdo al manifesto non fu quindi l’adesione di singole persone persuase dalla lettura della Rivista, ma la confluenza di un’esperienza collettiva di lavoro, maturata nell’autunno del ’68 quando gli studenti cominciarono ad uscire dalle facoltà occupate per collegarsi con le forme nuove di lotta e di organizzazione operaia: non solo più salario, ma una rimessa in discussione del cottimo, delle qualifiche, dei ritmi di lavoro, delle rigide gerarchie su cui si basava la fabbrica fordista.
Otello Ciavatti diede un contributo originale alla discussione sulle nuove forme organizzative che i lavoratori e le lavoratrici si davano. Erano i mesi che precedettero quello che fu chiamato “l’autunno caldo” che fu alla base della nascita della Rivista il manifesto nel ’69 in cui confluì il collettivo. Ciao Otello.
https://ilmanifesto.it/addio-a-otello-ciavatti
2 novembre 2023
Il compagno Canova
Fausto Anderlini – Facebook
Apprendo con commozione la dipartita del compagno Canova, che mi auguro (ne sono certo) sia stata serena oltre che in età avanzata e alleviata dalle cure dell’amata compagna di una vita. La vita di un uomo probo, sincero, coerente, semplice quanto rigoroso e appassionato. Un uomo altruista e generoso, a servizio di una missione quotidiana, anima e corpo. Un uomo buono.
Posso dirlo con cognizione di causa perchè l’ho conosciuto sin dalla più tenera giovinezza, in zona Stadio [a Bologna ndr]. Nei sessanta, e da allora, sia pure con grandi lacune, ne ho conservato la contezza. Come un segnale radar. Se capitavi da quelle parti, cioè della Sezione Magnani, sapevi che l’avresti incontrato. Lui e la moglie Paola. Che a quanto mi risulta – potrei sbagliarmi, ma non cambia il senso del discorso – non avevano figli. Una coppia legata da una indissolubile intimità, la cui famiglia e la cui dimora erano il partito. In un senso molto concreto: la sezione, la casa del popolo nei pressi dell’abitazione, e le anime ivi albergate. Gli iscritti. L’immensa famiglia allargata di decine e decine di famiglie. Con la loro prole.
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1 aprile 2021
In ricordo di Claudio Sassi
di Otello Ciavatti
Bologna, 1 aprile 2021. Oggi è un giorno che ricorderemo per la sua inconsapevole ferocia. E’ morto anche Claudio Sassi amico e compagno di una vita. Dalle lotte operaie del ’68 non c’è stata stagione politica senza la partepazione di Claudio la cui voglia di imparare non si è mai arresa. Assieme abbiamo letto Gramsci e Marx, scritto sul Manifesto dialogato con Magri Rossanda Pintor e Castellina. Gli anni del suo assessorato al traffico, le esperienze del Caab, il lavoro in Sicilia, l’esperienza come sindaco di Grizzana Morandi. Ecco alcune delle tappe di un uomo che ha lasciato tracce della sua intelligenza in ciascuno di noi e nei luoghi dove ha operato, dalla Sasib al comune di Bologna. Ciao Claudio, un abbraccio a Sandra e Veronica da parte di tutti i suoi amici e compagni
Sàss
Fausto Anderlini – Non so perchè ma non mi viene di tracciare un profilo epico curricolare di Claudio. L’operaio che diventa quadro politico e poi membro della classe amministrante locale, il Manifesto, la Rossanda, Imbeni, il Pci, Guazzaloca e cose di questo genere. Evoluzioni (e involuzioni, come è normale che accada) delle quali non mi sento in grado di trarre alcuna sintesi o alcun significato. Di Claudio ricorderò questo: che a vent’anni era già calvo da un po’, che aveva il corpo di pezzatura tarchiata e ricoperto da un pelo rigoglioso quanto lanuginoso che interessava anche le spalle e la schiena, che per un certo periodo viaggiava su una Skoda, aveva gli occhi azzurro chiaro e praticava il ballo alla Filuzzi sapendo far volteggiare le femmine come trottole. Inoltre che mi è tanto dispiaciuto non poterlo vedere prima che la malattia lo spingesse nella foresta del nulla togliendolo alla vita civile della famiglia e degli amici. Però mi piace ricordare quell’ultimo capodanno a casa di Ciavatti in Belle Arti quando ritornando da un certo tempo nel quale si era perso in altre compagnie in quel di Campolo si presentò con un panettone gigante e noi tutti lo accogliemmo in un abbraccio corale. Talchè cantammo a squarciagola tutti assieme fino all’alba. Malgrado tutto ci volevamo ancora bene. Claudio era animato da una volitiva e travolgente energia che spaziava dall’impegno sociale a quello sessuale. Era incline a molti sport: dal calcio al baseball, dal tennis allo sci. Capace di attingere a una inesauribile aneddotica popolare, come tipico degli operai socializzati alla fabbrica e alla vita da bar sin dall’età più tenera, era naturalmente simpatico. Grande filologo autodidatta possedeva tutte le nuances della grande parlata locale. Che sapeva tradurre nella lingua franca italica con grande virtuosismo. Con lui sempre ci si divertiva. Per quanto non si limitasse nei giudizi non era capace di rancore. Soprattutto era generoso e nel suo cuore, malgrado il giusto attaccamento alla posizione di ceto acquisita, in un percorso che lo aveva portato dalla fabbrica e dalla casa dietro ai binari a Palazzo d’Accursio, al Caab e alla bella villetta di Grizzana con lo staccio dei cavalli (fu forse il primo e l’ultimo sindaco a cavallo, cioè da western) non albergava alcuna tirchieria, morale e materiale. Con lui ho vissuto momenti ameni di ogni tipo ed è stato veramente bello averlo come amico in un androceo circoscritto da legami forti e controversi. Faccio le mie condoglianze alla Sandra, la donna che infine gli ha voluto davvero bene, alla figlia generata in quel matrimonio, e ai suoi amici più cari, come Paolo, il suo vero levatore in quel dell’Amf Sasib, ed Otello. Spero che troveremo il modo di parlare di lui e ricordarci di noi tutti. In una tenera assoluzione generale senza la fatica di alcuna riabilitazione. Il tempo stringe e la tela della nostra vita comune è sempre più lasca, corta e piena di buchi. Addio Claudio.
*La foto. Dovrebbe essere del principio degli ’80 del secolo scorso e la location quella della sala rossa di Via Barberie. Sulla sinistra, in piedi, il vecchio Masina e seduto Federico Castellucci. Nel mezzo Sassi e al suo fianco Otello Ciavatti. Sulla destra ci sono io, tagliato a metà. e sul fondo si intravede un giovane Carlo Monaco. Di questi sei almeno tre ebbero un intimo rapporto con Guazzaloca, ma non gliene voglio. In altre epoche sarebbero stati passati per le armi….in altre epoche, appunto….e poi la Guazza aveva tratto da un certo milieu del comunismo bolognese quasi tutto il meglio della sua arte umana e politica. Non è mai stato chiaro chi fosse il prigioniero dell’altro. Inoltre Claudio era già stato radiato e poi riabilitato in tenera età…..Ripensandoci adesso vien quasi da pensare che, in fondo, quello del ’99 fu uno scontro fra reduci e parvenu della ztl. Quella ztl alla quale Sassi, assieme a Winkler, l’urbanista svizzero che voleva metterci tutti sul tram, lavorò negli ’80, nella giunta Imbeni e pur avendo sempre abitato fuori le mura, fra le Lame e Santa Viola, con spirito pionieristico.
Nella seconda foto Sassi sindaco di Grizzana con De Maria (omologo di Marzabotto) e Raffaele Finelli (Malalbergo). Finelli che mi ha fatto pervenire la foto è stato anche un grande arbitro di Baseball e tuttora copre incarichi di rilievo nella federazione, mi ha anche ricordato la passione praticante di Claudio per questo sport. E’ una delle tanti singolari eccezioni dell’Emilia-Romagna. Lo sport più americano di tutti praticato e riprodotto dalla sinistra marxista e filo-russa. L’Emilia come la Cuba di Fidel Castro.
IN MORTE DI CLAUDIO SASSI, OPERAIO COMUNISTA
di Antonio Napoletano
In quel periodo -durante il suo tribolato assessorato al Traffico – aveva preso ad aspettarmi sotto casa o, al più, arrivava scampanellando subito dopo il mio rientro dal lavoro.Ho portato due uova, diceva. Oppure, ho la mia mortadella: non ti preoccupare. Non mi preoccupavo, integravo le sue ‘provviste’ e pranzavamo. Ma Claudio non veniva per mangiare e, forse, neppure per me. Aveva bisogno di raccontarsi raccontandomi la sua ennesima giornata impossibile alle prese col ‘Piano Winkler’, gli assalti di Guazzaloca e di tanti altri, compresi parte dei nostri. Quelli che l’accusavano, prima sottovoce poi non più, di essere, insieme, poco disposto a ‘mediare’ e troppo poco di ‘sinistra’!Gli fecero una guerra senza esclusione di colpi. Tutti i giorni in cronaca. Era intollerabile per una parte della città quella sua decisione nel voler portare fino il fondo il suo Piano, che gli rinfacciavano come insostenibile ‘tracotanza’, inguaribile estremismo di un operaio che si vestiva da De Paz. Era intollerabile quel suo modo di conoscere la città e i percorsi possibili passando le notti col professore tedesco strada per strada. Ma Bologna non era Monaco e l’Italia d’allora, come per tante altre questioni, preferì, come aveva già fatto anni prima, darla vinta ancora al ‘modello Fiat’. La libertà era andare in centro in macchina. Neppure i sabati e le domeniche senza traffico in centro con migliaia di bolognesi per le strade servì a dargli ragione. Le ‘fiorere di Sassi’, estremo e frettoloso rimedio per ‘arredare’ in qualche modo quello struscio affollato lo perseguitarono fino a qualche anno fa.Finché dovette arrendersi. Imbeni pencolava e in giunta era sempre più isolato. Pagò per tutti. E Bologna è ancora lì dove lui l’aveva lasciata.Oggi piango l’amico e il compagno. L’uomo cordiale, intelligente e sagace, la prova vivente di quella fortuna politica che ogni operaio formato ed educato dalla lotta per emanciparsi trae dall’inferno della sua condizione sociale. Ciao Claudio, amico mio
Per tutti quelli della mia generazione che sono andati e che se ne vanno.
di Sergio Sabattini
Come tutto s’attenua
col passare degli anni
il dubbio sul futuro
e sul passato.
Del fuoco
appassionato
e irragionevole
della giovinezza
nulla rimane.
Un lento addio
alla saga delle
speranze
e delle idee
ciò che i passi
accompagna.
Eppure
erano belli i giorni
e le stagioni
e le fughe d’amore
e i pianti
e le rivolte
contro il passato.
Erano belli
i nostri amori
sul mondo
affacciati.
Indenni
passavano
attraverso
tempeste di sabbia
e di fulmini
con le storie
del mondo
sono cresciuti
e finiti
e rinati
e finiti ancora.
Inesauribili
come la vita
sembravano.
Noi siamo
e siamo stati e saremo
e avremmo potuto essere
ed eravamo
il dubbio e la forza
l’ignoranza
e la certezza
l’attesa
e l’assenza.
Lieve
è il ricordo
dei giorni
conosciuti
non greve
o doloroso.
E se dolore
c’è stato
tutto
ci appartiene
e dentro di noi
permane
come segreto
inconfessato.
Salvezza
è il ricordo
arma legittima
contro la morte
per esorcizzarne
i devastanti
effetti.
Erano belli davvero
i nostri amori
erano belle
le nostre passioni
e le guerre
per le nostre
illusioni.
Il dubbio
tutto attenua
futuro e passato
anche l’angoscia
presente
l’assurda ansia
di non perdere
il filo
che ci ha portati
qui dove siamo
al punto irripetibile
della coscienza
con fatica raggiunta:
cavalieri
disarcionati
sapienti
senza accademia
generali
senza esercito
facitori
di rivoluzioni
irrealizzabili
amanti traditori
e traditi
adolescenti
ancora infatuati
di speranze.
Sì erano belli
gli amori
erano belle
le passioni
e le rivolte
contro il passato
erano belli
i pianti
e le illusioni
e i giorni
e le stagioni…
RICORDI
di Cesare Masetti
Ho un piacevole ricordo di Claudio Sassi, lui Assessore al Traffico che si batteva per la riduzione dell’inquinamento e noi figiciotti scalcagnati che provavamo ad affrontare il tema dell’ambiente in città uscendo dai limiti della ZTL.
Per farlo provammo a proporre un progetto di riduzione del traffico privato e di parziale pedonalizzazione di una delle strade semiperiferiche più trafficate di Bologna: via Andrea Costa.
Coinvolgemmo tanti cittadini, che firmarono anche una petizione, ed un gruppo di giovani architetti che elaborarono un progetto dettagliato sia sulle modifiche alla mobilità sia sull’arredo e la riqualificazione della strada.
Facemmo anche una delle prime manifestazioni di strada, nel vero senso della parola, su questi temi fuori dal centro storico.
Alcuni si incazzarono, ovviamente i commercianti (guidati da Guazzaloca) e anche il PCI cittadino non fu particolarmente contento.
Claudio Sassi invece si dimostrò da subito entusiasta e ci aiutò, facendo suo il nostro progetto.
Insieme affrontammo diversi incontri e discussioni con i cittadini, non sempre facili.
Poi non se ne fece nulla, ma credo che qualcosa di buono si sia seminato, almeno in termini di sensibilità.
Mi rimane il ricordo piacevole della sua schiettezza e della sua “irruenza” a volte ai limiti di una positiva “follia”.
Comunque sempre all’interno di un rapporto di grande attenzione per i cittadini, di partecipazione democratica e di senso alto del bene pubblico.
Insomma qualcosa di introvabile oggi