Abbecedario

Horizon, la trilogia “della vita” di Costner: una rilettura critica della storia americana e un omaggio al western

Alberto Crespi – strisciarossa

«It’s all about the land»: è il concetto che, secondo la studiosa americana Roxanne Dunbar-Ortiz, riassume tutta la storia della colonizzazione del Nord America. Scrive nel suo libro An Indigenous Peoples’ History of the United States (Beacon Press, Boston, 2019): «Tutto, nella storia degli Stati Uniti, gira intorno alla terra: chi la controlla e chi la coltiva, chi pesca nelle acque, chi ne conserva la natura selvaggia; chi l’ha invasa e chi l’ha rubata; chi la trasforma in un bene (il real estate) da fare a pezzi per essere comprato e venduto sul mercato». La parcellizzazione e il possesso della terra erano un retaggio inglese: l’Inghilterra divenne l’Impero che conosciamo quando si cominciarono ad abbattere le foreste che la ricoprivano (con quel legname vennero costruite, fra le altre cose, le navi che avrebbero conquistato mezzo mondo) e i campi ricavati vennero suddivisi in piccole proprietà grazie a una delle più importanti e sottovalutate invenzioni alla base della Rivoluzione Industriale: il muretto di pietre a secco! Quando gli inglesi cominciarono a invadere l’America, e a capire di aver di fronte un territorio sterminato, la loro ideologia li portò a considerare tale territorio terra nullius, terra di nessuno, wasteland. Nella loro concezione del mondo: terra sprecata. I nativi, dal canto loro, non capivano l’ossessione dei nuovi arrivati per i confini, i recinti, le coltivazioni, e per il possesso della terra: loro non la “possedevano”, la usavano e la vivevano, vedendo in ogni animale, ogni pianta, ogni roccia l’incarnazione di una divinità. Quando i coloni cominciarono a impossessarsi delle terre, quello che avvenne fra loro e i nativi fu uno scontro culturale prima ancora che militare.

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18 giugno 2024. Per i cantautori italiani suonare alla RSI è sempre stato un piacere

Il concerto di Francesco Guccini all’auditorium di Besso (Lugano), 1982 (RSI)

Calcutta è l’ultimo a portare avanti una tradizione che si consolidò sulla Radiotelevisione svizzera in italiano grazie ai concerti di Pino Daniele, Francesco Guccini, Lucio Dalla e molti altri

Sabato il cantautore italiano Calcutta, pseudonimo di Edoardo D’Erme, ha tenuto un concerto all’auditorium Stelio Molo di Besso, un quartiere del comune svizzero di Lugano, in Svizzera. L’auditorium è di proprietà della RSI, la Radiotelevisione svizzera in lingua italiana, ha 500 posti e porta il nome di Stelio Molo, che tra gli anni Settanta e Ottanta fu il direttore dell’emittente.
È un luogo che addetti ai lavori e appassionati di musica conoscono bene: tra gli anni Settanta e Ottanta ospitò infatti una serie di concerti di diversi cantautori italiani, che sono ricordati ancora oggi per la loro intimità e per l’atteggiamento posato del pubblico. Lo stesso Calcutta ha raccontato di aver visto molte volte i video di quei concerti, e che per questo motivo desiderava esibirsi a Besso da tempo.

continuazione e video in
https://www.ilpost.it/2024/06/17/storia-concerti-rsi/


5 giugno 2024. I migliori film per celebrare gli 80 anni dello sbarco in Normandia

Un piccolo viaggio dentro il meglio della cinematografia dedicata ad una delle battaglie più leggendarie della Seconda Guerra Mondiale

Giulio Zoppello – wired.it

Lo sbarco in Normandia avveniva esattamente 80 anni fa. Alle prime luci del 6 giugno 1944, sulla costa francese, preceduti dal lancio delle divisioni aviotrasportate nella notte, gli Alleati dettero il via all’Operazione Overlord, l’attacco alla “Fortezza Europa” in mano ai nazisti. Quasi 160mila uomini, migliaia di navi e aerei, mezzi da sbarco, dettero il via al D-Day, di fatto il momento che segnò l’inizio della fine per Adolf Hitler e le forze armate tedesche sul Fronte Occidentale. Nel giro di 24 ore la testa di ponte era stata assicurata, cominciava la lunga e sanguinosa battaglia per liberare la Francia, i Paesi Bassi, per abbattere la tirannia della croce uncinata. Operazione militare tra le più ardite, colossali, rischiose e affascinanti della storia, momento cardine del XX secolo, lo Sbarco in Normandia è stato rievocato innumerevoli volte sul piccolo e grande schermo, dato il suo rappresentare lo scontro finale tra le democrazie del mondo libero e la svastica. Ma anche il mondo videoludico, i romanzi, persino giochi da tavolo e l’arte ancora oggi fanno rimanere vivo quel giorno, ciò che accadde nel Nord della Francia, di fatto anche un mito narrativo ormai, non solo della memoria. Quella che segue è una Top 5 dedicata ai film più importanti e memorabili su quella tragica e gloriosa giornata, tra grandi titoli che tutti ricordiamo e altre pellicole più legate al cinema indipendente, ma non per questo meno meritevoli della vostra attenzione. Tutte e 5 ancora oggi sanno regalare emozioni, mostrarci un lato diverso di quelle drammatiche ore, che cambiarono il mondo per sempre.

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https://www.wired.it/gallery/sbarco-in-normandia-d-day-film-titoli/



4 giugno 2024. L’eredità di Massimo Troisi, a trent’anni dalla morte

A tre decenni dalla scomparsa di Massimo Troisi la comicità e il cinema italiano non hanno prodotto un fenomeno culturale, artistico e sociale di tale portata, rilevanza e innovazione. Massimo Troisi è ancora una sfida da affrontare, e ricordando il suo genio troviamo ancora oggi spunti di riflessione e di studio per approfondire temi, emozioni e complessità umana per capire l’Italia.

Mario Sesti – micromega.net

A trent’anni dalla scomparsa di Massimo Troisi, lo stato delle cose nel mondo dello spettacolo e della cultura italiana si registra un fossato profondo. Nessun attore comico del cinema italiano ha visto crescere in tale misura l’amore popolare, che sfiora la venerazione, almeno dai tempi di Totò ma lo spessore e l’articolazione del sapere, nella forma critica, saggistica, storica, intorno alla sua figura, rimangono, genericamente, mediocri e convenzionali. Per certi versi sono più stimolanti diversi documentari che gli sono stati dedicati (soprattutto Massimo – Il mio cinema secondo me, 2013, di Raffaele Verzillo e Laggiù qualcuno mi ama, 2023, di Mario Martone) la cui visione può aprire un cantiere di analisi, riflessione, esplorazione in grado di colmarlo. Quali sono i temi e gli aspetti fondamentali che potremmo conoscere meglio per amarlo ancora di più?

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https://www.micromega.net/leredita-di-massimo-troisi-a-trentanni-dalla-morte/


30 maggio 2024. Uomini in armi. I dannati di Roberto Minervini

Maria Nadotti – doppiozero.com

In un non-luogo dell’Ovest americano, dalle parti del Montana, anno 1862, in piena guerra di Secessione, un drappello di volontari arruolatisi nell’esercito degli Stati Uniti va verso Occidente in ricognizione. Perlustrano, vigilano, presidiano una porzione di quel paesaggio edenico e al contempo selvaggio. Siamo in presenza della materializzazione visiva del Destino manifesto su cui si fonda la costruzione dell’Impero americano, la missione di espandersi, di far propria la terra altrui, portando con sé libertà, democrazia, emancipazione. Un paradosso!
I trenta minuti iniziali del nuovo film di Roberto Minervini, presentato nella sezione Un Certain Regard dell’ultimo Festival di Cannes, dove ha vinto il premio per la miglior regia, stabiliscono un tempo, uno sguardo e un ascolto, un ritmo. Un incipit quieto, domestico, rassicurante, preceduto da un altrettanto quieto pasto dei lupi, affratellati dalla fame e dalla legge della sopravvivenza.

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https://www.doppiozero.com/uomini-in-armi-i-dannati-di-roberto-minervini

24 maggio 2024. La vita è una salsa sopraffina. La passione in cucina e fuori in “Il gusto delle cose”

Andrea Aloi – strisciarossa.it

Dodin Bouffant, amabile gastro-filosofo ottocentesco nato nel romanzo dello svizzero Marcel Rouff e ispirato assai al geniale intellettuale gourmand Brillat-Savarin, trova seconda vita in un delizioso film del vietnamita Trần Anh Hùng “Il gusto delle cose“, premiato a Cannes l’anno scorso per la migliore regia. Così in “La Vie et la Passion de Dodin-Bouffant, gourmet“, scritto nel 1924, Rouff introduceva questo sapiente scienziato e praticante dell’arte culinaria: “Di taglia media, poderoso, è grasso con dignità ed eleganza. Quasi del tutto bianco di capelli, labbra rasate, parla senza fretta, chiude gli occhi per raccogliere i pensieri, non teme l’allegria, si compiace, al momento del dessert, di raccontare ai suoi amici più cari i ricordi della giovinezza. È un saggio, è un vecchio francese”.

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24 maggio 2024. Roma moderna, la storia continua. Nel nome di Italo Insolera

Una delle prime edizioni di Roma moderna

Ella Baffoni – strisciarossa.it

Perché un libro, la cui prima edizione è stata stampata nel 1962, ancora appassiona e fa discutere? Avviene, eccezionalmente, perché si tratta di “Roma moderna” di Italo Insolera, maestro non abbastanza studiato di storia e urbanistica. E perché quel libro è uno dei fondamenti della cultura politica della capitale. Oggi se ne riparla in occasione dell’ennesima ristampa, grazie al lavoro appassionato di Paolo Berdini che, Insolera vivente, aveva già curato una revisione del volume nel 2011, e che oggi ha ampliato l’incipit e le conclusioni. Così che, se nel ’62 il sottotitolo era “Un secolo di storia urbanistica”, oggi si è allargato a “Due secoli di storia urbanistica”.

Non si tratta solo di un ampliamento, anche di un vademecum. Perché Berdini, tra i testimoni degli ultimi 50 anni di Roma, è riuscito, senza snaturare l’opera del maestro suo e nostro, a raccontare e documentare i fatti.

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23 maggio 2024. Libri a testa in giù

Claudio Bazzocchi sulla propria pagina Facebook
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Ieri, in una libreria Mondadori di Roma, Alessandro Giuli ha presentato il proprio libro – si fa per dire – dal titolo «Gramsci è vivo», assieme a Sabrina Ferilli, Giuliano Ferrara e Pierluigi Battista (con bassotto al seguito).
A un certo punto, Giuli ha detto una cosa classica per i fascisti: «La destra deve essere anche di sinistra, per fare ciò che la sinistra non fa più». Non è una frase sensazionale, è la modalità tipica con la quale i fascismi hanno conquistato il loro consenso di massa da cent’anni a questa parte.
E tutti quelli di sinistra che per negli ultimi due decenni hanno ripetuto la storiella della sinistra che ha tradito il popolo si trovano un po’ intontiti, a bocca aperta. Non riescono bene a capire cosa stia succedendo.
Sta succedendo che l’ideologia di destra ha cominciato a lavorare dall’inizio del secolo, facendo penetrare la categoria del tradimento nelle file della sinistra. La sinistra se l’è bevuta, ciancicata, digerita e i fascisti sono passati all’incasso, facendo quello che sanno fare. E cioè: 1) dire ai cittadini che sono popolo (in questo caso italiano) e che quel popolo è vilipeso e sfruttato dalle caste e dai poteri forti forti transnazionali; 2) ergersi a veri difensori del popolo contro una sinistra che ha tradito e non sa fare più il proprio dovere.
Nel frattempo, la sinistra ha perso un quarto di secolo trastullandosi con la categoria del tradimento senza capire la realtà dei rapporti di forza globali e senza analizzare la crisi del modello socialdemocratico che nel mondo globalizzato – e a rischio di estinzione in quanto pianeta – non ha più alcun futuro.

Pubblicato il 23 maggio da Claudio Bazzocchi sulla propria pagina Facebook
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23 maggio 2024. La macchina più utilizzata nella storia dell’umanità

“Contro lo smartphone” è un libro politico sulla tecnologia che più di ogni altra sta generando conseguenze politiche. Un’analisi dei meccanismi di funzionamento, delle ricadute antropologiche, del potere che si esercita su e tramite questo dispositivo.

Giulio De Petra – centroriformadellostato.it

Intervento alla presentazione del libro “Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica” di Juan Carlos De Martin, tenutasi il 13 maggio 2024.

Perché questo libro ci interessa?

Negli incontri, nei seminari, nelle scuole di formazione promosse dal CRS proviamo a elaborare e, soprattutto, a diffondere elementi di “cultura critica del digitale”. Lo facciamo perché siamo convinti che per contrastare le conseguenze negative della trasformazione digitale e per provare a riorientarne la direzione a fini di utilità sociale le regolamentazioni, anche quelle prodotte con le migliori intenzioni, non siano sufficienti.
Anzi, talvolta, creano la pericolosa illusione di poter governare le azioni di attori molto più forti dei regolatori.

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https://centroriformastato.it/la-macchina-piu-utilizzata-nella-storia-dellumanita/

23 maggio 2024. Il caso Braibanti, il film, l’Unità. Il cronista di allora ricorda come andò davvero

Ninni Andriolo – strisciarossa.it

La prima paginade l’Unità del 13 luglio 1968

“Mai portato il cappello in vita mia. A quei tempi anzi andavo in giro con i capelli lunghi e con il codino”. Paolo Gambescia era il cronista de l’Unità cui venne affidato l’incarico di seguire il processo che si concluse nel 1969 con la condanna  per plagio di Aldo Braibanti, l’intellettuale piacentino ex partigiano che pagò a caro prezzo il suo essere al tempo stesso comunista e omosessuale. Un irregolare quindi secondo i canoni di quella che Maurizio Ferrara, direttore de l’Unità del tempo, definì “la torva borghesia clericale“ che aveva scagliato addosso a Braibanti l’accusa di aver “corrotto” il ragazzo con il quale conviveva. Giovanni Sanfratello era un allievo di Braibanti. Lo aveva seguito a Roma dopo la chiusura del laboratorio culturale istallato dal poeta e drammaturgo di Fiorenzuola d’Arda nel torrione Farnese di Castell’Arquato, luogo frequentato da Carmelo Bene e da molti altri giovani artisti. Giunto nella Capitale assieme al maestro, il ragazzo venne rapito dal padre che denunciò Braibanti e fece rinchiudere il figlio in manicomio per farlo sottoporre a “cure”, elettroshock compreso, che lo sottraessero a quello che considerava l’influsso soggiogante di Braibanti. E tutto questo calpestando con una violenza fisica e psicologica inaudita i sentimenti che legavano Aldo e Giovanni, gli stessi che vengono descritti con garbo e delicatezza da Gianni Amelio ne “Il signore delle formiche”.

Il film, presentato nel 2022 alla mostra del cinema di Venezia, è stato riproposto di recente su RaiTre in occasione della giornata mondiale contro l’omo-bi-transfobia (sullo schermo, sotto il logo Rai, la barretta rossa che segnala i programmi adatti a un pubblico adulto,

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21 maggio 2024. La pentola bolle, poi Amazon, prima i carbonari e in mezzo Matteotti

Luca Baiada – carmillaonline.com

Diego Crivellari, Francesco Jori, Giacomo Matteotti, figlio del Polesine. Un grande italiano del Novecento, prefazione di Francesco Verducci, postfazione di Marco Almagisti, Apogeo Editore, Adria 2023, pp. 202, euro 18.

Attenzione precisa alla collocazione di Giacomo Matteotti nel tempo e nello spazio, convinzione e pluralità di registri: storico, culturale, economico e politico. Si sente – è una consapevolezza collaudata[1] – la conoscenza del territorio:
La campagna polesana offre ancora oggi al viaggiatore, al visitatore occasionale, al turista colto, curioso o meno distratto un’esperienza che, per certi versi, può perfino sembrare fuori dallo spazio e dal tempo ordinari, l’ambiente di un nord padano nella sua essenza eppure meno frenetico e battuto, l’assaggio di un territorio lento che, pensato e costruito e rammendato sulla base di successive opere di modernizzazione (le bonifiche, l’agricoltura, le infrastrutture) e di una lotta plurisecolare tra l’uomo e le acque, è forse riuscito a sfuggire, almeno in parte, agli effetti della modernizzazione più selvaggia.

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https://www.carmillaonline.com/2024/05/21/la-pentola-bolle-poi-amazon-prima-i-carbonari-e-in-mezzo-matteotti/


20 maggio. Due film a Cannes, come sopravvive il cinema cinese fuori dalle mega produzioni finanziate dal partito

Caught by the tides

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Al festival di Cannes, segnali di sopravvivenza dal cinema cinese. E la parola “sopravvivenza” ha due significati. Il primo è strettamente politico: non è semplicissimo fare cinema in Cina al di fuori delle grandi produzioni nazionali finanziate dal partito, che continuano a mietere incassi stratosferici nel paese e nei mercati asiatici (assai meno in Occidente). Pochi sanno, ad esempio, che nel 2020 – anno di lockdown che però, come ricorderete, in Cina è finito prima che da noi – il film 800 eroi è stato il secondo maggior incasso NEL MONDO con oltre 460 milioni di dollari, subito dopo il manga giapponese Demon Slayer: Mugen Train. Tra poco sarà interessante dire due parole su questo film. Per ora, ribadiamo che rispetto a produzioni fortemente sostenute dal governo centrale, e spesso assai spettacolari (800 eroi è un film di guerra ambientato a Shanghai durante l’invasione giapponese del 1937) la Cina continua a proporre piccoli film indipendenti che trovano puntualmente la via dei festival internazionali ma trovano grosse difficoltà in patria. Perché si tratta di film, a volte, fortemente critici nei confronti del potere centrale; mentre la “dritta” a cui deve adeguarsi il cinema cinese più commerciale è quella di un nazionalismo anti-occidentale sempre più sfrenato.

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16 maggio 2024. Quando abitavamo nella valle dei Timbales

Luca Billi – allonsanfan.it

Nel 1988 c’erano ancora l’Unione Sovietica e il Pci. Noi avevamo più o meno vent’anni, ma se lo racconti a quelli che adesso hanno più o meno vent’anni è come se parlassi del Risorgimento.

Sanremo era, come sempre, Sanremo: e infatti vinse Massimo Ranieri, sgolandosi, con Perdere l’amore, una canzone fatta, con artigiana maestria, proprio per vincere il festival. In gara c’era anche Fiorella Mannoia con Le notti di maggio, un bellissimo brano scritto per lei da Ivano Fossati, perché allora – forse più di adesso – il festival era un incrocio di cose molto diverse e comunque fatte da persone che le sapevano fare. E Luca Barbarossa arrivò terzo con L’amore rubato, una canzone in cui si parlava in maniera piuttosto esplicita di violenza sessuale, un tema che allora faticava a entrare nella comunicazione mainstream.

A me però interessa ricordare un’altra canzone, che ha avuto, comprensibilmente, meno successo: La valle dei Timbales

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8 maggio 2024. Indiana Jones e il Tempio Maledetto, i 40 anni di un gioiello a lungo incompreso

L’8 maggio 1984 usciva in sala il secondo capitolo della saga di Steven Spielberg, oscuro e scatenato, non fu apprezzato come avrebbe meritato

Giulio Zoppello – wired.it

Indiana Jones e il Tempio Maledetto ancora oggi è considerato da molti come il capitolo meno riuscito della saga. La critica all’epoca fu molto severa con la seconda avventura dell’iconico archeologo, che in effetti non incassò in patria quanto si sperava e venne definito eccessivamente violento, gargantuesco, oscuro e fin troppo distante da ciò che di buono aveva regalato il primo, iconico film. Eppure, a 40 anni di distanza, bisogna ammettere che questo prequel è e rimane un gioiello, di certo quello con il quale Indiana Jones si addentrò verso confini inesplorati e rivelò davvero moltissimo di sé, demitizzandosi allo stesso tempo.

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4 maggio. “Cattiverie a domicilio”: la commedia “gialla” di Sharrock fa a pezzi il perbenismo

Andrea Aloi – strisciarossa.it

Chi volesse gustarsi una classica commedia giallo-satirica molto british, frizzantina e meticolosamente cesellata con in più tutti i contenuti di un incoraggiante apologo sul riscatto femminile non dovrebbe perdersi “Cattiverie a domicilio”  della quarantottenne Thea Sharrock, tra molto altro pure assistente alla direzione artistica del londinese Royal National Theater. Il titolo originale del film, ispirato a una storia vera, è “Wicked little letters”, ovvero “Piccole lettere malvagie”. Sono quelle farcite di sanguinosi insulti spedite alla nubile e timorata Edith Swan (Olivia Colman, strepitosa) e ad altre donne di Littlehampton, cittadina marinara nel Sussex, da un misterioso “corvo”, come nel vecchio film di Clouzot. Un anonimo che però non punta alla perfida delazione, ma pare mosso dalla irresistibile pulsione all’insulto, ora barocco ora pesante (“vecchia scaldacazzi” è uno dei tanti, sarebbe piaciuto a Gianfranco Funari, teorizzatore del potenziale liberatorio delle “parolacce”). Materia incandescente in una piccola, puritana realtà, nell’anno di grazia 1922, e portatrice di disgrazie all’immigrata irlandese Rose Gooding (Jessie Buckley). Sboccata e verace, Rose convive con un musicista nero (Malachi Kirby) ed ha una figlia, Nancy (Alisha Weir) nata fuori dal matrimonio, frequenta il pub ed è un contraltare perfetto della matura Edith, religiosa, succube del pessimo padre Edward (Timothy Spall). Il perbenismo e una opprimente mentalità sessista le spingono in rotta di collisione.

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27 aprile 2024. Perché una Terni, città operaia e di sinistra, ha un sindaco come Bandecchi? Il libro di Alessandro Portelli

Ella Baffoni – strisciarossa.it

Ci sono libri che appassionano, che si leggono d’un fiato, come un romanzo. Così è “Dal rosso al nero. La svolta a destra di una città operaia” di Alessandro Portelli (Donzelli editore, pag.269, 28 euro). E ci sono anche libri che, una volta letti, ti scavano dentro, ti fanno domande, chiedono un approfondimento. Così è, di nuovo, “Dal rosso al nero”. Perché il racconto della svolta, la vicenda della prima città non del nord conquistata dalla Lega, costruito con una miriade di interviste, sembra una cronaca in presa diretta e invece si fa storia.
Quasi una Stalingrado italiana, Terni è sempre stata orgogliosamente operaia e di sinistra. Alle elezioni non c’era competizione. L’acciaieria (Acciai speciali Terni, Ast) sovrasta la città, la occupa, attira altre aziende. Grande differenza con le altre città umbre, note per la bellezza e la storia, in perenne competizione con la “modernità” faticosa e inquinata di Terni

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26 aprile 2024. Storia di un giorno irrinunciabile lungo ottant’anni

SCAFFALE. In “25 aprile” (pp. 170, euro 13), che esce nella collana delle Voci del Mulino, lo storico Luca Baldissara, docente all’Università di Bologna e già autore, tra gli altri suoi titoli, di Italia 1943. La guerra continua (il Mulino, 2023), offre un’accurata immagine di cosa questa data abbia rappresentato e continui a rappresentare per il Paese

Guido Caldiron – ilmanifesto.it

Un piccolo, ma prezioso libro che racconta, tappa per tappa e anno dopo anno, la storia, il significato e la percezione del 25 aprile nelle vicende come nella memoria del nostro Paese. In 25 aprile (pp. 170, euro 13), che esce nella collana delle Voci del Mulino, lo storico Luca Baldissara, docente all’Università di Bologna e già autore, tra gli altri suoi titoli, di Italia 1943. La guerra continua (il Mulino, 2023), offre un’accurata immagine di cosa questa data abbia rappresentato e continui a rappresentare per il Paese.

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25 aprile 2024. Calvino e il grumo nero della guerra

Alberto Volpi – doppiozero.com

“Un passaggio tanto più stretto in quanto i nostri cerchi di luci lo circoscrivevano, e nel quale dovemmo incurvarci, conduceva a un crepaccio di circa trenta metri di lunghezza per dieci di larghezza. Le guide si fermarono, tutti i fasci conversero: su vari paracadute rossi e blu distesi, riposavano casse e casse: simili ad animali di un’era futura, le vigilavano due mitragliatrici posate sul loro treppiede come gatti egizi sulle zampe anteriori. Sulla volta, ora nitida, immensi animali con le corna.

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Archivi della Resistenza, Fondazione Gramsci.

25 aprile 2024. Civil war, un Vietnam a stelle e strisce che parla al nostro presente

Andrea Aloi – strisciarossa.it

“Civil War”. Ma dove, scusi? Negli Usa. Data la nota sovrabbondanza di armi automatiche e le spese fantastiliardarie dedicate alla Difesa, ci si ammazza gagliardamente tra le praterie, le fattorie, i suburbi. E le Western Forces, l’armata di Texas e California, stanno stringendo il cappio attorno al collo di Washington, dove un presidente al terzo mandato si avvia a una brutta fine. Non voleva cedere e ha bombardato città e gente, alimentando una carneficina.
Alex Garland, britannico poco più che cinquantenne di onesta carriera, tra science fiction e horror, ha ideato, scritto e diretto un film distopico-ansiogeno ad alto budget che sta facendo discutere il mondo per un semplice motivo: a novembre nel Grande Paese si vota in un clima acido ad alta contrapposizione, urne come un bivio esistenziale tra Sleepy Joe Biden e Trump, un Joker della politica pronto ad attizzare il 6 gennaio del 2021 l’assalto al Congresso di una ignorante, manipolabile “canaglia” complottista, molto impegnato a insultare e mentire per sgusciare da una tenaglia di processi, paventando “un bagno di sangue” nel caso di una sua sconfitta alle elezioni.

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25 aprile 2024. Pestaggi, dossier e spionaggio: “Trudy” di Carlotto, noir in missione sociale

Valerio Calzolaio – strisciarossa

Lombardia, Toscana, Romagna. Estate 2023. Il commissario Gianantonio Farina aveva cambiato vita nel 2008, gli suggerirono di chiudere rapidamente una delicata indagine (dove erano morti due agenti di polizia, una prostituta bulgara e il trentottenne Molteni, maturità classica e investigatore privato, probabile serial killer e già sottufficiale dei paracadutisti della Folgore) e gli proposero di passare al settore privato. Sono ormai quindici anni che si è fatto ricco e potente, riverito come Il Dottore, sussurrato come il Grigio, ai vertici dell’agenzia milanese Nsg che fornisce servizi di sicurezza a tutto campo, con personale altamente specializzato, quasi sempre con un passato nei corpi scelti dell’esercito o nelle forze dell’ordine: scorte a vip di ogni tipo pure fuori dal Paese e nelle aree di crisi (contractor in zone di guerra); controllo dei figli dei pezzi grossi senza essere invasivi; protezione di edifici, centri commerciali, attività produttive; investigazioni, intelligence, analisi dei rischi, sfera reputazionale; il tutto sia passivo che attivo, con dossieraggio e spionaggio tramite intercettazioni, pedinamenti, intermediazioni (ovvero ricerca di prove in ambienti ostili).

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8 aprile 2024. L’ultima tragica cascina, dove la Resistenza ha il volto di contadini e donne

Andrea Guermandi – strisciarossa.it

Così introduce il volume di Claudio Visani l’ex direttore dell’Istituto Parri di Bologna, Luca Alessandrini, attuale presidente dell’associazione Salviamo la Costituzione di Bologna:
“Una delle qualità del libro è la piena esplicitazione della ricerca condotta, perché la storia è ricerca e costruzione di fondate ipotesi interpretative. Ed anche questa natura del lavoro è restituita al lettore quasi nel suo farsi, rendendo una viva testimonianza di come e quali conoscenze si vanno via via acquisendo, di come si compongono fino a definire un quadro di un passaggio cruciale della Resistenza non solo della pianura tra Castenaso e Budrio, ma del bolognese e dell’Italia. Infatti, benché la scelta del campo di ricerca sia circoscritta alle tragiche vicende della fine dell’ottobre 1944 a Fiesso e Vigorso, essa è assai eloquente in materia tanto di una stagione della guerra civile e della guerra di liberazione quanto del movimento partigiano, della sua composizione, delle sue capacità e dei suoi limiti. Dunque, attraverso un episodio definito, minutamente e scrupolosamente ricostruito, l’Autore getta luce e riflette se non sulla Resistenza intera, su gran parte dei tratti che l’hanno caratterizzata”.

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6 aprile 2024. “Un mondo a parte”, quel borgo sperduto in lotta per la sua scuola

Andrea Aloi – strisciarossa.it

“Un mondo a parte” di Riccardo Milani, sperimentato chef di umane venture mai banali, vedi “Come un gatto in tangenziale”, è una commedia sociale azzeccata e ben piantata nell’attualità. Una storia, anche, di resistenza umana, quella del maestro Michele (Antonio Albanese, in un ruolo disegnato su misura), della vicepreside (Virginia Raffaele, promossa a pieni voti) e di tutta la comunità di Rupe, piccolo paese nell’alto Abruzzo più tosto, ruvido e nevoso. Sono in lotta per salvare dalla chiusura la scuola elementare Cesidio Gentile detto “Jurico”, poeta-pastore davvero esistito a cavallo di Otto e Novecento, cantore di prati e cielo. A Rupe (si tratta in realtà di Opi, splendido borgo medioevale nel Parco Nazionale) sono rimaste poche centinaia di abitanti, figli non se ne fanno più e nell’unica classe, che copre la prima, la terza e la quinta, sono rimasti appena sette bambini, troppo pochi per tenere in funzione l’istituto. Il bieco sindaco di Castel Romito, con le mani in pasta in un nuovo centro commerciale, sarebbe felicissimo se la Cesidio Gentile chiudesse i battenti, senza più una scuola molte famiglie potrebbero trasferirsi dalle sue parti. Insomma, bisogna darsi subito una mossa.

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5 aprile. Tra editoria e politica: a Bari la mostra su Diego De Donato

Sebastian Mattei – strisciarossa.it

Tra i documenti esposti nelle teche che dallo scorso 14 marzo popolano lo Spazio Murat di Bari, vi è un vecchio provino fotografico che ritrae un giovane Diego De Donato, poco più che diciottenne, insieme a Catullo Nardi a Camigliatello Silano, durante un periodo di villeggiatura. Lo scatto è del febbraio 1947 e i due amici, circondati dalla neve, si mostrano sorridenti, con l’attrezzatura da sci. Dietro l’obiettivo, Fosco Maraini, rientrato da poco dal Giappone dove, insieme alla moglie, la pittrice Topazia Alliata, e alle tre figlie Dacia, Toni e Yuki, ha trascorso due anni in un campo di prigionia per aver rifiutato l’adesione alla Repubblica sociale italiana.

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26 marzo 2024. Beppe Ramina: “Dal ’77 al Cassero, la mia vita è stata una lotta continua”

Ramina: «Diverso il mondo d’oggi da quello che ho conosciuto. Ma restano le ingiustizie sociali: il movimento Lgbti si batta contro di esse»

Se si digita il nome di Beppe Ramina sul sito di Radio Città del Capo, della quale è stato uno dei fondatori, si legge: «Giornalista che nel 1977 era un dirigente di Lotta Continua e da militante del movimento gay prese le chiavi del Cassero nell’82».
Ma chi lo conosce aggiungerebbe che è da sempre una persona molto attenta al tema dei diritti con uno guardo un po’ ironico e un po’ serio. Tra i suoi scritti non è possibile non ricordare Ha più diritti Sodoma di Marx – Il Cassero 1977/1982, pubblicato nella collana Quaderni di critica omosessuale

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25 marzo. Le armi di carta della guerra

Gino Boccasile

Claudio Franzoni – doppiozero.com

In un libro di centinaia di pagine ci sono tante cose. Poi succede che una ti colpisce prima di altre, e non è neppure la più importante. Come l’idea che si possa indossare “la stanchezza del mondo”. È in una pagina di Campagne di guerra. 150 anni di comunicazione, pubblicità, propaganda, che Giuseppe Mazza ha scritto per Prospero Editore. Il capo indossato è il trench coat, letteralmente il “cappotto da trincea”, un abito impermeabile usato già nella Prima guerra mondiale. Oggi, come è naturale, indossiamo il trench senza alcun pensiero, ma quel capo di vestiario si è portato dietro per decenni una memoria di fango, sofferenze, e fatica; è anche per questo che appare così triste la figura di Humphrey Bogart in Casablanca (1942). Insomma – scrive Mazza – “viviamo tra segni di guerra. Dagli orologi da polso, ben più rapidi da consultare di quelli da taschino, alle Jeep oggi considerate un bucolico veicolo per percorsi campagnoli, la nostra quotidianità è piena di significati bellici mediati da oggetti che un po’ mantengono il segreto, un po’ lo lasciano trapelare”.

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20 marzo 2024. La rivelazione greca

Giusy Capone – lafionda.org

Simone Weil tra il 1936 ed il 1943 incontra la civiltà greca; dialoga con Omero, Platone, i Pitagorici ed i tragici,  l’orfismo ed i misteri eleusini.
Vicina al pensiero anarchico ed all’eterodossia marxista si lega alla sequela cristiana, pur nel volontario distacco dalle forme istituzionali della religione, per fedeltà alla propria vocazione morale di presenziare fra gli esclusi in una totale dedizione solidaristica fino al sacrificio di sé, respingendo la forza.
La Grecia come ponte verso i Vangeli, come se la via regale per comprenderli non passasse da Gerusalemme bensì da Atene e le stazioni per raggiungerli fossero il soprannaturale e l’innaturale, la bellezza, il giusto punito e la sventura con il Verbo da mediatore.

Circa duemilacinquecento anni fa in Grecia si scrivevano bellissimi poemi. Ormai sono letti soltanto dalle persone che si specializzano in questo studio, ed è proprio un peccato. Perché questi antichi poemi sono così umani che ancora oggi ci toccano da vicino e possono interessare tutti. Sarebbero anzi molto più toccanti per la gente comune, per coloro che sanno cos’è lottare e soffrire, piuttosto che per chi ha passato la vita tra le quattro mura di una biblioteca.

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https://www.lafionda.org/2024/03/20/la-rivelazione-greca/


6 febbraio 2024. Il giudice che scopre i cannoli e quello che riceve una testa di capretto

Adriano Sofri – Piccola Posta

Da Camilleri (quanto se ne sente la mancanza) alla realtà. Tre racconti pubblicati col titolo “Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia”

Un tempo mi sembrava di non essere un tipo che sentiva la mancanza. Mi sembrava di essere un tipo che sentiva la presenza, e se no non se ne lamentava. Ora che sono vecchio anche questa sensazione è cambiata. Dev’essere inevitabile, dal momento che tante persone di cui sento la mancanza non ci sono più e posso sperare solo che vengano a trovarmi in sogno. Potevo fare senz’altro a meno di questo pensierino, ma era per dire che non di rado io sento la mancanza di Andrea Camilleri. Della sua persona, e dei suoi scritti. Sapete con che prontezza Camilleri si impadroniva dei cambiamenti per infilarli nelle sue storie, imprimendo loro la sua peculiare piega. Pensate che cosa avrebbe tirato fuori dall’intelligenza artificiale, che non ha fatto in tempo a vedere sviluppata, ma che sembra più una cosa sua e di Catarella che, non so, di Elon Musk.

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6 febbraio 2024. Da Tango a Cuore, quando la satira metteva alla prova la sinistra

Andrea Aloi – unita.it

Satira. Cattiva, maliziosa, felicemente gaglioffa, a briglia sciolta con le matite e le intuizioni dei migliori talenti nel ramo. Sull’Unità, l’Organo del Pci, che chiamata così incuteva soggezione. Sembrava, ancora a metà anni Ottanta, una piccola eresia, consistendo la reale – sottolineo reale – diversità del partito dei comunisti italiani in una certa impettita serietà, oggi, in questo torno di tempo, da rimpiangere perché era decenza morale e civile.

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5 febbraio 2024. Che bello vivere il cinema per l’Unità. I “falsi” di Dino Risi e quella domanda di Ken Loach: “Ma che state facendo con il Pci?”

Alberto Crespi – strisciarossa.it

«L’è un’idea del Pci? ‘Un la passerà mai». È la frase, in toscano stretto, che ci disse Francesco Nuti al telefono quando lo chiamammo per lanciare la campagna contro gli spot pubblicitari nei film. Qualcuno la ricorderà. La volle Walter Veltroni, era un grido di battaglia contro la tv commerciale, quindi contro Berlusconi, e Federico Fellini fu il suo principale sostenitore. Lo slogan, piuttosto romantico, era: «Non si interrompe un’emozione». Fa quasi ridere, a ripensarci oggi, e però ci tengo a dirlo: penso tuttora che vedere film interrotti dalla pubblicità sia un abominio.

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27 gennaio. Shoah e Nakba. Storie e traumi

David Bidussa – doppiozero.com

Il «Giorno della memoria» 2024 si preannuncia come un’occasione altamente conflittuale.
La carica emozionale che accompagna le immagini della guerra a Gaza avrà un peso rilevante. Allo stesso tempo questa scadenza avviene in un clima che registra un innalzamento dell’antisemitismo.
Se quella giornata si risolverà nel passaggio da un attore vissuto come vittima eterna, a un altro assunto come vittima eterna, non faremo nessun passo in avanti: semplicemente passeremo da una metafora ideologica a un’altra metafora ideologica.
In politica le metafore ideologiche non segnano nessun processo di riflessione culturale. Sono solo maschere per non fare i conti né con i problemi connessi con il tema; né con la storia; né, infine, con il presente. Segnano solo un comportamento commemorativo e/o celebrativo. Hanno valore perché formano una tifoseria, ma non inaugurano nessun percorso di responsabilità, anzi fanno di tutto per evitarla. Niente di innovativo né di eccezionale. Semplicemente la conferma, come scrive Eszter Kováts, che viviamo in un tempo in cui lo spazio attribuito ad attori a cui riconoscere il diritto di parola è molto più rilevante che discutere nel merito di ciò che dicono
Anche per questo è significativo misurarsi con i temi e le questioni proposte nel libro Olocausto e Nakba. Narrazioni tra storia e trauma a cura di Bashir Bashir e Amos Goodberg (il primo del Van Leer Jerusalem Institute e il secondo docente presso la Hebrew University of Jesusalem). Qui di celebrativo c’è molto poco. C’è invece, e moltissimo, di una possibile agenda culturale per domani, al netto del concordare o meno con il contenuto dei saggi che compongono il libro.

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21 gennaio 2024. Alfabeto Roversi, Autori Vari (2023)

L’aglio impolverato al davanzale (Dopo Campoformio, 1962)

Rudi Ghedini – rudighedini.wordpress.com

Alfabeto Roversi è un ritratto in forma di “voci”: 67 parole intorno alle quali riordinano i loro ricordi alcuni poeti e scrittori che l’hanno lungamente frequentato (1923-2012) e, nati nella prima metà degli anni Cinquanta, appartengono alla generazione sulla quale Roberto Roversi (1923-2012) ha avuto maggiore influenza. I loro nomi: Luca Egidio, Mattia Fontanella, Maria Gervasio, Salvatore Jemma, Maurizio Maldini, Mino Petazzini, Massimo Raffaeli e Jean Robaey.

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9 gennaio 2024. I Golden oggi, l’Oscar domani. Le possibilità di “Io capitano” e il retropensiero su “C’è ancora domani”

Alberto Crespi – strisciarossa.it

I Golden Globe assegnati a Hollywood hanno ampiamente rispettato le previsioni che vedono Oppenheimer, il famoso kolossal politico-scientifico di Christopher Nolan, super favorito nella corsa agli Oscar; hanno anche lasciato intuire che Barbie, l’altro grande fenomeno al box-office del 2023, è un concorrente temibile ma sembra destinato a raccogliere più candidature che premi finali (si consolerà con l’incasso globale racimolato in tutto il mondo: al momento 1 miliardo 441 milioni di dollari); hanno proposto, come possibile terzo incomodo, il Leone d’oro di Venezia Povere creature; e hanno assegnato un giustissimo premio all’attrice nativa americana Lily Gladstone, splendida protagonista di Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese.

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28 dicembre 2023

La storia d’amore e d’anarchia di Bruno Castaldi, il combattente che attraversò le tragedie del Novecento

Andrea Guermandi – strisciarossa.it

“Ricercato e perseguitato sempre. È un destino malefico e crudele quello che lo Stato italiano – prima ferocemente dittatoriale poi teoricamente democratico – ha assegnato all’anarchico Bruno Castaldi. L’uomo, che l’autorità costituita considerava il male assoluto, nella prima parte del Novecento inseguiva due sogni concatenati: creare un mondo senza oppressi e oppressori e uccidere Mussolini”.

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22 dicembre 2023. «Migliaia di specchi», la rivoluzione di Fassbinder

Goffredo Fofi – ilmanifesto.it

INTERSEZIONI. «Migliaia di specchi», il libro del musicologo Ian Penman per riscoprire il regista tedesco. I sentimenti e la denuncia sociale, gli emarginati e le figure femminili, l’influenza di Douglas Sirk

È un curioso libro questo Fassbinder. Migliaia di specchi (traduzione di Luca Fusari, edizioni Atlantide, pp.202, euro 24) che un musicologo inglese importante, Ian Penman, ha dedicato al regista cinematografico Rainer Werner Fassbinder (1945-1982).

Dell’ultimo gruppo di grandi registi che la storia del cinema – arte novecentesca per eccellenza – ha dato in giro per il pianeta, i tedeschi costituirono, con i francesi, la parte più densa di novità formali ma anche tematiche. Quasi mezzo secolo dopo Weimar – dopo i grandi registi dell’espressionismo, dopo Lang e Murnau, dopo Pabst e Lubitsch, ma anche dopo Toller e Brecht, dopo Munch (benché norvegese) e Grosz eccetera, la cultura tedesca post-bellica, risorta faticosamente dalle rovine, aveva visto una grande fioritura letteraria con il Gruppo 47, ai cui autori – per esempio Grass e Boll, Bachmann e Johnson – il cinema che esplose dieci o venti anni dopo molto dovette. Quegli autori scavavano davvero con una nuova sensibilità nella realtà e nell’immaginario della nazione (e del mondo, quantomeno l’occidentale) con una forza dirompente quanto quella della Nouvelle Vague francese, ma anche di quelle statunitensi, giapponesi, brasiliane… E in concomitanza in altri campi con le esperienze di una generazione che intendeva leggere il proprio tempo alla luce di cambiamenti irreversibili e sognando una rivoluzione che non fosse solo artistica né solo politica.

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22 dicembre 2023. Perché l’Italia deve “licenziare” i padroni

Riccardo Piccolo – wired.it

È la provocazione dell’ultimo libro di Marco Bentivogli che, dallo smart working all’intelligenza artificiale, riflette sui cambiamenti nel mondo del lavoro

Nel suo recente libro Licenziate i padroni – Come i capi hanno rovinato il lavoro, (Rizzoli, 2023) Marco Bentivogli sferra un attacco alla classe dirigente italiana, colpevolizzandola per la crisi del mercato del lavoro nel nostro paese. Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici della Cisl, critica la persistenza della “mediocrazia” al potere, la resistenza alle nuove strutture organizzative, e gli effetti del digitale e dei social sul mondo del lavoro. Ma non bisogna avere paura della tecnologia, ci ricorda il sindacalista, anzi, l’arrivo di nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione ha affrancato il lavoro da molte mansione ripetitive rendendo il contributo della mente umana più importante e le mansioni più flessibili. Rimane il fatto, però, che l’AI e la tecnologia in generale nei prossimi anni, “spingerà la polarizzazione del lavoro tra le persone che la utilizzeranno e chi, per scelta o condizione, ne sarà escluso”, contribuendo a generare nette disuguaglianze.

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9 dicembre 2023. “Palazzina LAF”: Riondino mette in scena l’inferno alienante dell’Ilva di Taranto

Andrea Aloi – strisciarossa.it

Ma guarda, c’è un film che parla di condizione operaia con acuta sensibilità, d’arte e di cuore. Condizione operaia. Traducendo: ritmi pesanti, caposquadra che rompono, salari bassotti, lavori a rischio della buccia. Caterino Lamanna – lo interpreta uno splendido Michele Riondino, quarantaquattrenne senza limiti, qui alla prima regia – è un addetto alla pulizia dei forni nelle cokerie dell’Ilva di Taranto, rozzo, biecamente ostile al sindacato, da poveraccio al quadrato pronto a far la spia per i nuovi capoccia delle acciaierie passate a metà anni Novanta dallo Stato al gruppo Riva.

Palazzina LAF, dove l’acronimo sta per per laminatoio a freddo, viaggia sul filo del grottesco e del drammatico secondo le migliori tradizioni della nostra commedia, quella che sapeva sposare gli umori sarcastici e satirici a un pensiero critico e ad una complicità piena, più umana che immediatamente politica, con la vita a ostacoli degli umili, dei poveri di spirito e pecunia, dei loser senza rimedio. Guardare dietro le quinte del celebrato progresso, tradurre domande in emozioni, installare dubbi, anche questo è cinema. Civile lo si definiva ai tempi di Rosi e Petri, ma lo si può dire anche adesso, pensiamo a un nome per tutti, Daniele Vicari.

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2 dicembre 2023. Fake news, tra passato e futuro

Mauro Boarelli intervista Carlo Ginzburg – gliasinirivista.org

Carlo Ginzburg

“Le false notizie, in tutta la molteplicità delle loro forme – semplici dicerie, imposture, leggende – hanno riempito la vita dell’umanità. Come nascono? Da quali elementi traggono la loro sostanza? Come si propagano, amplificandosi a misura che passano di bocca in bocca, o da uno scritto all’altro?” Questi gli interrogativi che il grande storico francese Marc Bloch si poneva nelle Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra (1921). Ai nostri giorni, nell’era del web e degli esperimenti sull’intelligenza artificiale, la produzione e la circolazione di fake news inquinano il dibattito pubblico e – in alcuni casi – vengono utilizzate per preparare il terreno a tentativi di sovvertire gli ordinamenti democratici. Di questa mescolanza tra vecchio e nuovo, dei pericoli e degli anticorpi, abbiamo discusso con Carlo Ginzburg, che di recente ha dedicato all’argomento due saggi, inediti in italiano: La posverdad: un viejo asunto nuevo (in Verdad, historia y posverdad. La construcción de narrativas en las humanidades, a cura di Miguel Giusti, Pontificia Universidad Católica del Perú, Fondo Editorial, 2020), e Fake News? An Old New Story (in Secularism and Its Ambiguities, Natalie Davis Lectures, Budapest, CEU, in corso di pubblicazione).

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30 novembre 2023. Bifo: «L’unica strategia è disertare»
Serena Tarabini – ilmanifesto.it

Franco Bifo Berardi

Lo scorso settembre un centinaio di persone si sono incontrate sull’isola di Vis, in Croazia, per presentare Issa (Island School of social autonomy), il progetto di una scuola che si interroga su come sopravvivere ai tempi di una crisi planetaria che dirige l’umanità verso la catastrofe. Tra teorie filosofiche e pratiche sostenibili, la scuola va alla ricerca delle conoscenze utili per vivere meglio il presente quando non si intravede un futuro migliore. Un esercito di nichilisti? Lo scrittore e filosofo Franco “Bifo” Berardi è uno dei fondatori del progetto. Disertare. Dalle armi, dalla guerra, dallo sfruttamento, dall’«eroismo isterico», dal profitto, dal consumo, dal progresso. Disertare dai limiti e dalle imposizioni del sistema di governo globale è la riflessione che attraversa i suoi scritti più recenti.

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26 novembre 2023. Monica Stambrini e le riflessioni sul corpo femminile

Giuseppe Gariazzo – ilmanifesto.it

Il corpo femminile – in una declinazione plurale di esperienze vissute, da vivere, da immaginare in età diverse, esplorato da cineaste appartenenti a generazioni e storie personali, intime, differenti, registe che mettono in campo frammenti di se stesse da ri-comporre aggregandoli e al tempo stesso nuovamente dis-perdendoli nello spazio e nel tempo di testi filmici di luminosa soggettività – è un elemento/argomento che ha attraversato il programma di Filmmaker Festival di Milano (che termina questa sera). Anche la giornata conclusiva è nel segno di opere che pongono in primo piano la relazione di autrici con il proprio corpo, come si era già notato in altri film, a partire dal folgorante Annalucia di Lea Binarelli.

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Chutzpah – Qualcosa sul pudore – Trailer – SalinaDocFest XVII Concorso Ufficiale

25 novembre 2023. Quando Calvino scrisse sul «Male» (poi venne l’Immobilismo molisano)
Alessandra Vanzi – ilmanifesto.it

INCONTRO. Angelo Pasquini ricorda i classici falsi e la vera anticipazione di un capitolo dello scrittore sul «Male»

In questo tempo di falsi, mistificazioni, scherzi e doppi o tripli rovesciamenti di senso, incontro Angelo pasquini, sceneggiatore, scrittore, inventore dell’Immobilismo Molisano, cofondatore di Zut e del Male, di cui era il responsabile delle pagine culturali, un vero esperto in materia di satira, dadà, surrealismo, situazionismo… L’occasione dell’intervista nasce da un paginone doppio del Male esposto in una bacheca nella mostra su Calvino alle Scuderie del Quirinale dal titolo «L’Universo è un falso» in cui si pubblica un capitolo del romanzo, ancora inedito, di Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore. Angelo Pasquini ha lo sguardo sornione e il sorriso un po’ trattenuto di chi osserva la realtà con lo sguardo obliquo, ironico, sguincio, di chi vede anche cosa c’è dietro o di lato, sopra o sotto l’apparenza e la svela con l’arma sottile e tagliente della satira. Gli chiedo di raccontarmi:
«Quando sono andato a vedere la mostra su Calvino qualche giorno fa sono rimasto piacevolmente sorpreso nel trovare alla fine del percorso questo numero del Male del giugno 1979 in cui era pubblicato un capitolo inedito del suo ultimo romanzo».

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13 novembre 2023. I 25 anni di Amici del Musical

Amici del Musical, il network di cultura e informazione sul teatro musicale, compie 25 anni e li festeggia con un grande evento, “Live è più musical”, che ripercorre gli ultimi 25 anni del musical italiano e internazionale, tra esibizioni, ricordi, ospiti e tante sorprese. Sul palco del Teatro Circolo “Il Campanile” di Bologna si alternano professionisti del teatro musicale italiano (Francesca Taverni, Barbara Logaglio, Fabiola Ricci) accanto a realtà emergenti (Compagnia delle MO.RE, Compagnia Sopra le righe, Tweet Charity, 1/3 Group, i Muffins, Chiara Bonfrisco e Tommaso Parazzoli, Cristina Cireddu) e studiosi (Luca Billi, autore del saggio Anything Goes, e Roberto Mazzone, critico teatrale), davanti a una sala gremita di appassionati e addetti ai lavori, tra cui la produttrice Nicoletta Mantovani, l’attrice Barbara Corradini, il musicista Giovanni Giannini, gli attori Luca Biagini e Renato Cortesi, e il regista Gianni Marras. Assistiamo inoltre alla consegna degli AdM Awards, riconoscimento creato per il 25ennale, a Saverio Marconi e Stefano Curti. La serata è presentata da Andrea Celeghin, animatore del web-talk Could We Start Again, che ci regala anche una spiritosa parodia come numero di apertura.

http://www.amicidelmusical.it/web/home.html

11 novembre 2023. Intersezionalità e codeterminazione
Daniele D’Ambra – jacobinitalia.it

Nel dibattito sulla combinazione di classe, genere e ‘razza’ si sviluppa l’idea, rilevante dal punto di vista politico, che queste componenti non solo siano destinate a incontrarsi, ma si formino continuamente assieme.

Negli ultimi anni il concetto di intersezionalità ha avuto ampia diffusione nella teoria critica e nei movimenti sociali, da Black Lives Matter negli Stati uniti al movimento femminista transnazionale.
Pur essendo presente in forma embrionale in diversi testi precedenti, si pensi anche solo alla produzione teorica di Angela Davis, la definizione compiuta nel 1989 da Kimberlé Crenshaw – secondo cui le forme di dominio, in particolare patriarcato, capitalismo e razzismo, si esprimono concretamente in un sistema combinato – si è notevolmente sviluppata in tempi recenti.

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https://jacobinitalia.it/intersezionalita-e-codeterminazione/


1 novembre 2023. Appello: la libertà d’informazione in tempo di guerra

Da lettera22.itLappello che pubblichiamo sulle garanzie minime perché i giornalisti possano fare il loro lavoro è stato sottoscritto anche dalla redazione di Lettera22. Riteniamo che solo così possiamo adempiere al nostro dovere di informare e garantire che si abbia un quadro completo e accurato di ciò che sta accadendo a Gaza. Queste sono solo alcune delle firme che ieri sera hanno abbondantemente superato quota 500. L’appello viene pubblicato oggi da diverse testate

Leggi l’Appello in https://www.lettera22.it/appello-la-liberta-dinformazione-in-tempo-di-guerra/


8 novembre 2023. Sabotate con grazia…

L’invasione (innocua) di Cheap al MAMbo. Dal 6 ottobre al 17 dicembre, gli spazi del museo di Via Don Minzoni vengono invasi dalle opere di Cheap, il collettivo che da ormai diversi anni “infesta” le strade del capoluogo emiliano, con progetti di arte pubblica su poster. “Sabotate con grazia” nasce per celebrare un importante traguardo: l’anniversario decennale del collettivo come strumento di pratica artistica trasformativa all’insegna del sabotaggio

SARA COSIMINI – CANTIEREBOLOGNA.COM 

Così, il MAMbo diventa il contenitore perfetto del messaggio rivoluzionario che da sempre caratterizza Cheap, accogliendo installazioni di lavori già pubblicati, riproduzioni fotografiche in formato inedito che documentano le azioni realizzate sui muri in strada, riedizioni di poster in formati atipici e progetti site-specific.

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https://cantierebologna.com/2023/11/08/sabotate-con-grazia/

27 ottobre 2023. Una storia d’amore e di morte, l’Italia degli anni 60 e il giornalismo dell’Unità

Pietro Spataro – strisciarossa.it

Sembra un romanzo, con tutti gli elementi al loro posto, compresi i colpi di scena. Ma non è un romanzo, è un’inchiesta semmai: la ricostruzione di una vita vissuta con l’ombra di un doppio suicidio e di un abbandono. Il libro di Maria Grazia Calandrone “Dove non mi hai portata” (Einaudi, euro 19,50) è la cronaca di un viaggio drammatico alla riscoperta di sé stessa, il tentativo di ricostruire tutti i pezzi della propria identità. Per l’autrice è anche qualcosa di più: il diario di un tormento, tra una dolorosa separazione e la tragedia della morte che aleggia sulla propria vita. Circola in queste pagine, infatti, un sentimento di incompiutezza che spinge a scavare dentro sé stessi, anche se ciò provoca dolore e sofferenza. Il prezzo da pagare per raggiungere la verità – e le varie sfaccettature che la compongono – è molto alto. Ma non c’è altra strada per ritrovarsi. Il puzzle della vita va ricomposto, costi quel che costi. Così è.

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11 settembre 2023. Un poeta, un umorista, un grande musicista. Al cinema “Enzo Jannacci. Vengo anch’io”

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Passato all’ultimo giorno di Mostra, ha avuto forse l’ovazione più lunga, sicuramente la più calda e convinta di tutta Venezia80. Parliamo di Enzo Jannacci. Vengo anch’io, documentario di Giorgio Verdelli sul grande cantautore milanese. Il film è attualmente nei cinema in un’uscita-lampo (11-12-13 settembre), distribuito da Medusa. Se vi piace Jannacci, andatelo a vedere, o cercatelo successivamente in tutti i modi.
È un film, tutto sommato, di impianto tradizionale: numerose interviste, alcune forse ridotte a tempi fin troppo limitati, e tantissimo repertorio, spesso formidabile. Ma è un film che ci spinge a porci un interrogativo: non sarà giunto il momento di dire che Enzo Jannacci è stato il più grande di tutti – o come dice Renzo Arbore sui titoli di coda, né più né meno che “il numero 1”?

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27 marzo 2023. Addio Ivano Marescotti: un caro amico, un compagno, un talento d’attore

Ivano Marescott e Roberto Benigni nel film Johnny Stecchino

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Nel giro di pochi giorni se ne sono andati due compagni veri, oltre che due cari amici di chi scrive. Parliamo – e proviamo a parlarne a ciglio asciutto – di Citto Maselli e di Ivano Marescotti. Maselli, lo sanno tutti, è stato un importante dirigente e militante di Rifondazione Comunista.
Marescotti, per come l’abbiamo conosciuto, era un militante storico del PCI che faceva una fatica enorme a riconoscersi nel PD, nelle sue varie mutazioni, anche se dopo la fondazione aveva dato credito al nuovo partito ed era entrato nell’assemblea regionale dell’Emilia-Romagna.  Parlargli di Renzi equivaleva a fargli montare la rabbia. Era molto incuriosito dal movimento Cinque Stelle, nella sua prima fase, per poi rimanerne deluso, salvo votarlo anche lo scorso 24 settembre perché a sinistra non trovava nessuno meglio di Giuseppe Conte. Come molti compagni “duri e puri” si ritrovava in questo terzo millennio disorientato, senza un partito che in qualche misura lo “rappresentasse”. Capita a molti.

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21 marzo 2023. E’ morto Citto Maselli, regista orgogliosamente di sinistra

https://www.artribune.com/arti-performative/cinema/2023/03/muore-regista-citto-maselli/

È morto a 92 anni il regista Citto Maselli

È morto a 92 anni il regista Francesco Maselli, noto per film come Il sospetto con Gian Maria Volonté (1975), La donna del giorno (1956), Gli indifferenti (del 1964, tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia) e I delfini (1960). Francesco Maselli, noto sui media e nell’ambiente cinematografico con il soprannome di Citto, nacque a Roma nel 1930 ed ebbe importanti collaborazioni con altri registi italiani, come Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti. Esordì a ventitré anni, nel 1953, con un proprio lungometraggio, Gli sbandati, che fu premiato al Festival di Venezia.
Maselli era noto anche per la sua lunga militanza politica a sinistra: si iscrisse al Partito comunista italiano subito dopo la liberazione dall’occupazione nazifascista e per tutta la vita è rimasto un militante e un attivista di sinistra. A dare la notizia della sua morte è stato Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea.
https://www.ilpost.it/2023/03/21/citto-maselli-regista-morto/

Luigi Magni, Nanny Loy, Citto Maselli, Gian Maria Volonté. Il cinema, la cultura e l’impegno politico. Che bella storia! (Claudio Caprara/Facebook)

OTTO CORTI DI CITTO MASELLI

Tra il 1951 e il 1952 Citto Maselli ha diretto otto corti che sono conservati nell’Archivio Luce. Ombrellai è il primo. 
https://www.archivioluce.com/i-corti-di-citto-maselli/


16 gennaio 2023. Addio immensa Lollo, diva popolaresca che colorò il cinema neorealista

Gina Lollobrigida (Foto di Ivo Bulanda da Wikipedia)

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Per capire chi sia stata davvero Gina Lollobrigida, che ruolo abbia avuto nel cinema e nell’Immaginario di un paese, ci vorrebbe la macchina del tempo. Dovremmo tornare a quel 1953 in cui il ruolo della Bersagliera in Pane amore e fantasia la rende un’icona del dopoguerra, e fa di lei – chiamiamo le cose con il loro nome – l’oggetto del desiderio erotico di 99 maschi italiani su 100 (e sicuramente anche di molte femmine, ma all’epoca non si diceva). Quando esce quel film Gina ha 26 anni e oggi qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un’esplosione arrivata dal nulla, come la nascita di una Supernova.

Se invece torniamo in quel 1953, forti della conoscenza di ciò che è avvenuto negli anni immediatamente precedenti, l’effetto-Supernova sparisce. La Bersagliera non è una rivelazione, è una conferma. A 26 anni Gina è già una diva. Ce n’erano state anche prima, altrettanto dirompenti: la Silvana Mangano di Riso amaro, la Lucia Bosè di Non c’è pace tra gli ulivi, la Silvana Pampanini di Bellezze in bicicletta, la Isa Barzizza di Totò al Giro d’Italia. Ma le differenze sono due. La prima, se vogliamo marginale, ai limiti del gossip, ma linguisticamente fondamentale: lei ha battezzato il vocabolo “maggiorata”, inventato da Alessandro Blasetti e magnificamente declamato da Vittorio De Sica nel memorabile episodio Il processo di Frine del film Altri tempi (e siamo un anno prima, nel 1952). L’altra è di enorme sostanza: Gina è l’unica diva INTERNAZIONALE, e tale rimarrà fino alla carriera hollywoodiana di Sophia Loren che segnerà la seconda metà degli anni ’50. Sempre in quel fatidico 1952, che è il vero anno di svolta della sua carriera, la Lollo va in Francia (dove il suo cognome abbreviato e accentato, “Lollò”, diventerà un modo vezzoso di chiamare i seni femminili) e interpreta due film di grande successo, Fanfan la tulipe e Le belle della notte, accanto al divo d’Oltralpe più amato e più bello, Gérard Philipe. È come prendere la Legion d’Onore. Per cui, quando indossa i panni un po’ sdruciti – per la serie “vedo e non vedo” – della Bersagliera e monta in groppa all’asino Barrò, Gina Lollobrigida è tutto fuorché un’esordiente. Grazie alla sua bellezza al tempo stesso raffinata e popolaresca (un mix quasi irripetibile, perché la Bosè e la Mangano erano forse più belle, ma erano “aristocratiche” pur essendo entrambe di origini umili) Pane amore e fantasia incassa un miliardo e mezzo di lire, che per l’Italia del ’53 corrisponde più o meno al box-office di Avatar.

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3 ottobre 2022. “Dante” di Avati, adorabilmente old style e straordinariamente moderno

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Pupi Avati

Un film intitolato “Dante”, diretto da un regista di quasi 84 anni (Pupi Avati li compirà il 3 novembre), potrebbe sembrare a priori fuori moda. E in qualche misura è così, e ben venga: in un’epoca in cui i film “di moda” parlano solo di supereroi o di famiglie violente e disfunzionali, è bellissima anche la sola idea che un film possa avere come protagonisti due grandissimi scrittori come Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio, e possa dipanare la propria storia con ritmi pacati (oseremmo dire “umani”) attraverso un sapiente uso dei flashback. Ma i pregi di “Dante” non si esauriscono nel suo essere adorabilmente “old style”: secondo noi Pupi Avati parla di qualcosa che è straordinariamente moderno. Vediamo perché.
Esistono naturalmente molte biografie di Dante Alighieri, sia filologiche, sia romanzate, e quasi tutte girano intorno ai (non moltissimi) fatti che conosciamo sulla vita del grande poeta. Avati fa una scelta diversa, molto interessante: non sorprendente per chi ha fatto il liceo classico nello scorso millennio e magari si è, per proprio conto, informato sulla vita culturale e politica nell’Italia del tempo; ma, ne siamo certi, molto affascinante per chi dovesse scoprire solo al cinema la storia che stiamo per raccontarvi.

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5 marzo 2022. Da Accattone a Uccellacci e uccellini quel cinema-poesia in cerca di verità

Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci e uccellini

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Non ho conosciuto Pier Paolo Pasolini. Avevo 18 anni quando è morto e non facevo ancora questo mestiere. Sono stato e sono, però, amico di suoi amici: David Grieco (fraterno collega sulle colonne dello stesso giornale, “l’Unità”, e autore di un libro e di un film obbligatori per saperne di più: stesso titolo, “La macchinazione); i fratelli Sergio e Franco Citti; Bernardo Bertolucci che è stato suo assistente, allievo, amico; Paolo Bonacelli che era uno dei quattro mostruosi notabili di “Salò”; Marco Bellocchio che prestava la sua voce a un altro di quei quattro; Ettore Scola che l’aveva convinto a girare il prologo (ahinoi, mai girato) di “Brutti sporchi e cattivi”; Vincenzo Cerami che sul set di “Uccellacci e uccellini” aveva lo spassoso compito di leggere i dialoghi a Totò in modo che l’attore, quasi completamente cieco, potesse memorizzarli (Totò li cambiava a suo piacimento, e Cerami era il suo primo pubblico: se lui rideva, andavano bene, ed entravano nel film).

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2 febbraio 2022. Addio immensa Monica Vitti, l’attrice libera che ha raccontato la società

Monica Vitti

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Se l’aspettavano tutti, ormai da anni. Da più di vent’anni, verrebbe da dire dalla fine del secolo scorso, Monica Vitti era andata via. Una malattia maledetta l’aveva isolata dal mondo. Suo marito, Roberto Russo, ha difeso in questi anni la sua privacy con un amore e una costanza encomiabili. Ora che la notizia è arrivata, si affacciano i rimpianti: cosa avrebbe combinato, Monica Vitti, negli ultimi trent’anni di carriera? Come si sarebbe trovata, in un cinema – in un mondo – così diverso da quello in cui si era affermata? Domande che non avranno mai risposte.

Quando “Le Monde” la diede per morta nel 1988

In Francia, Monica Vitti era morta addirittura il 3 maggio del 1988: quel giorno “Le Monde” pubblicò la notizia del suo suicidio con una bella dose di “barbiturici”, come si diceva allora. Il giorno dopo, mentre Monica si sbellicava dalle risate, il prestigioso quotidiano parigino le spedì a casa mezza tonnellata di rose rosse, implorando il perdono. L’aneddoto, ripetuto oggi, fa ridere; mentre fa molto meno ridere la terrificante gaffe di un sito italiano che oggi, 2 febbraio 2022, l’ha definita l’interprete di “Travolti da un insolito destino…” mettendo anche la foto di Mariangela Melato. Diciamo che la stampa, ogni tanto, con Monica Vitti prendeva e prende sfondoni. Questo non ha impedito, lo scorso 3 novembre, di celebrare in modo dovuto i suoi 90 anni. Ma la triste notizia di oggi, purtroppo, era nell’aria.

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16 agosto 2021. Addio cara Piera, sei stata la più grande attrice del dopoguerra

Alberto Crespi – strisciarossa.it

Piera Degli Esposti – Foto Rossella Vetrano (da Wikipedia)

Partiamo da un dato incontrovertibile: Piera Degli Esposti è stata una delle più grandi attrici italiane del dopoguerra. Non delle più famose, perché sia a teatro che al cinema ha sempre fatto scelte coraggiose, eccentriche, spiazzanti. Basti pensare che la fama vera, quella che ti fa riconoscere per strada e firmare gli autografi, è arrivata nel 2008 grazie alla serie tv Tutti pazzi per amore, ideata da Ivan Cotroneo e diretta da Riccardo Milani – che poi l’ha voluta anche al cinema – e Laura Muscardin. Piera aveva 70 anni ed era felicissima di quell’inedita popolarità, che la divertiva molto. Ma questa era Piera: una donna solare e simpaticissima, amante delle risate, capace di divertirsi e di prendersi in giro. Chi ha incontrato, a teatro o nei film, solo la sua immagine più austera non sa cosa si è perso.

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6 settembre 2017. La vita in una borsa: meravigliosa storia di Alberta D.

C’era una volta una ragazza, che curava le ferite del cuore assemblando pezzi di pelle colorata, per farne borse che in un solo colpo d’occhio illuminavano gli outfit sartoriali e a tratti anonimi delle signorine di buona famiglia in provincia, alla fine degli anni Sessanta: la storia delle borsedi Alberta D., al secolo Alberta Dalla, è quella di una passione intima e un approccio artigianale che si trasformò, negli anni Ottanta, in un brand di enorme successo, in Italia e all’estero.
La mostra “La vita in una borsa: meravigliosa storia di Alberta D.” di ABC Arte Bologna Cultura (via Alessandrini, 11, Bologna) in programma dal 12 settembre al 10 ottobre non è solo un omaggio alla creatività della designer, ma un vero e proprio viaggio nella storia della borsa, che per Alberta è l’accessorio femminile per eccellenza, casa e utero, ma pure fagotto da portare in giro per il mondo per lei, spirito nomade da sempre. Oltre 400 i modelli che saranno presenti nell’esposizione, tra creazioni di Alberta e borse di seconda mano accumulate in una ricerca ossessiva del dettaglio da riprodurre e reinterpretare, scovate nei mercatini delle pulci parigini, sulle bancarelle delle artigiane di Bali o barattate con le anziane signore bolognesi in cambio di un modello nuovo di zecca. Un vero e proprio campionario della storia mondiale della borsa: la più antica è di fine Settecento, la più recente è del 2008, e fa parte dell’ultima collezione firmata da Alberta D. Borse da guardare per un viaggio nell’evoluzione del gusto ma pure dell’evoluzione della figura femminile nella società, e anche da acquistare: sarà infatti possibile comprare alcuni dei modelli, mentre una cinquantina di pezzi, i più pregiati, saranno protagonisti di un’asta il 10 ottobre.

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