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Gennaio: Napoli, nasce il Psri (Partito socialista rivoluzionario italiano). In un documento dell’Oss si legge: “ha l’aria di avere origini straniere e probabilmente britanniche” (OSS 86500/22-2345 appendix I n.55). Tra i fondatori c’è l’avvocato Rocco D’Ambra appartenente al movimento azionista Italia libera del Sud e informatore del Pwb. Tra gli attivisti l’avvocato Vittorio Ambrosini, già fascista e informatore dell’Ovra poi condannato al confino dove tenta di infiltrarsi nel Partito Comunista. D’Ambra è anche l’editore di Bandiera Rossa. Secondo Mauro Scoccimarro “Bandiera Rossa sarebbe finanziata dalla destra per screditare il movimento comunista e opererebbe con numerosi infiltrati fascisti guidati da un certo Pace. Alcuni finanziatori farebbero parte del giro del generale Bencivenga. Tra i gruppi neofascisti usati per le infiltrazioni c’è il movimento D’Annunzio” (Intervista a Mauro Scoccimarro in The Development of comunism in Italy, 86500 B/2-2345).
Milano, Leo Valiani è nominato segretario del Partito d’azione.
Correggio (RE), organizzata dai Gruppi di difesa della donna, si svolge una manifestazione per chiedere alimenti, la fine della guerra, rispetto del diritto contrattuale dell’assegnazione di una determinata quantità di riso alle mondine. Le richieste sono in parte soddisfatte.
Cesena, un gruppo di donne saccheggia, per procurarsi legna da ardere, un giardino di conifere in una villa signorile. Di fronte all’intervento dei carabinieri rispondono in coro: “i s’ha da scaldè sol i sgnur? (Possono scaldarsi solo i signori?)”.
Londra, il governo britannico approva la divisione della Palestina in due territori separati, per consentire la creazione di uno stato ebraico, senza però definire i dettagli geografici
Argelato (Bo), un folto gruppo di donne manifesta davanti al municipio rivendicando “la libera compra del latte, la distibuzione dei grassi e dei generi tesserati”. Contemporaneamente nella vicina Castelmaggiore scioperano gli operai dell’Officina Barbieri. Anche in questa località le donne manifestano a sostegno dei lavoratori della Barbieri e per ottenere una maggiore distribuzione di generi alimentari essenziali
La Spezia, sciolto il Cln e ne viene costituito un secondo, presieduto da Ennio Carando, comunista e composto da Pietro Beghi socialista, Mario Da Pozzo per il Partito d’Azione, Paolo Boracchia per i democristiani e Carlo Naef per i liberali. Renato Jacopini “Marcello Moroni”, Mario Fontana “Turchi” e l’avvocato Ghironi “Rudy” assumono responsabilità di coordinamento militare della Resistenza spezzina e di parte della Lunigiana. Al Cln spezzino, sebbene operi nel parmense, aderisce anche la banda dei fratelli “Beretta”, futura Brigata “Cento Croci”. In alta Lunigiana, con base a Sassalbo, nasce un gruppo partigiano al cui comando viene posto il sottufficiale di marina spezzino Renzo Ferrari. Altri gruppi si stanziano nella Val di Taro, a Zeri, a Sesta Godano e ai Casoni
Pennapiedimonte (Chieti), in località Colle Foresta è fucilato dai tedeschi della 334° Infanterie-Division, Carmine di Tullio, 56 anni. Il corpo sarà ritrovato dalla moglie solo nel giugno successivo
1° gennaio: Imola, esce il primo numero de La Comune, periodico clandestino del PCI imolese che orienta e informa anche sulle lotte sindacali.
Milano, il generale tedesco Leyers diffonde un foglio d’ordini destinato ai dirigenti aziendali e industriali: “1) Ogni dirigente di industria deve sorvegliare continuamente la propria fabbrica per quanto riguarda lo stato d’animo ed il comportamento degli operai. 2) Ogni sintomo che lasci prevedere nuovi disordini mi deve essere subito fatto presente. 3) La distribuzione di foglietti volanti da parte avversaria deve venire repressa in ogni modo. Foglietti volanti e manifestini di propaganda eventualmente trovati mi devono essere immediatamente rimessi (…) Poiché è risaputo che gli scioperi non maturano da un giorno all’altro, bensì vengono preparati da lunga data, sarà possibile coll’osservanza precisa di quanto sopra prescritto, intervenire tempestivamente nella maggior parte dei casi allo scopo di conservare l’ordine”.
Modena, fucilati nel Poligono di tiro del quartiere Sacca, i partigiani Ultimo Martelli, 21 anni e Giancarlo Tincani di 20. I due erano stati catturati a Gusciola di Montefiorino nel rastrellamento seguito all’uccisione del carabiniere Lino Pifferi e condannati a morte dal Tribunale Straordinario di Guerra del 42° Comando Provinciale della RSI
Cinigiano (Grosseto):si costituisce una banda partigiana, composta principalmente di renitenti alla leva, nelle macchie di Montecucco: è la Goffredo Mameli, un centinaio di uomini comandati da Giuseppe Garosi
San Miniato (Pisa): inizia l’attività la Brigata partigiana V costituitasi nel mese di dicembre
Reggio Emilia, Il Solco Fascista pubblica l’elenco di 56 persone arrestate, invitando i figli delle medesime a presentarsi alle caserme, per ottenere la liberazione dei loro congiunti. Un modo aberrante per colpire i renitenti alla leva
Roccamontepiano (Chieti), i tedeschi uccidono Amedeo Basciani, 18 anni, sorpreso a rubare munizioni
Varano de’ Melegari (Parma), durante un rastrellamento i tedeschi uccidono Attilio Molinari
Cavezzo (Modena), scompare la maestra Maria Bisi, 55 anni. Antifascista, vicina al Partito d’Azione, non si conoscono le cause della scomparsa. Altre fonti collocano la scomparsa il 14 marzo 1945 a Carpi
2 gennaio: Francavilla a Mare (Chieti), i tedeschi uccidono per rappresaglia Giacomo Palazzo, 29 anni, e la moglie Luisa Sanvitale
3 gennaio: i servizi segreti alleati arrestano Rico Covella, Mario Bertoli, Gino Cancellieri. Sono tutti e tre diciassettenni e fanno parte di un reparto di sabotatori della Rsi.
Valaperta di Casatenovo (Lecco), rappresaglia per l’uccisione del milite fascista Gaetano Chiarelli. Militi della Gnr sparano all’impazzata nei cortili di una cascina, incendiando le stalle e i fienili, razziando le case, percuotendo le persone inermi per tre giorni per ottenere i nomi dei partigiani. Fucilati 4 partigiani da un reparto della Gnr comandato da Emilio Formigoni.
Pesaro, i tedeschi affiggono sui muri di Pesaro e delle città costiere il manifesto in cui si avvisa la popolazione che l’autorità germanica aveva disposto “lo sgombero della popolazione della fascia costiera per una profondità di 10 km nel termine di 48 ore”. E’ l’inizio dello sfollamento in massa. Gli uffici dell’amministrazione provinciale e le principali funzioni terziarie della provincia, sono dislocate nei comuni di Fermignano, Urbania, S. Angelo in Vado, Pergola, Saltara ed Urbino, che diventa così il centro di gravitazione di tutta la provincia
Torricella Peligna (Chieti), Vincenzo Di Pomponio, 79 anni, mentre era intento a lavorare un terreno in contrada Santa Giusta, è ucciso da militari tedeschi
Bologna, fucilati nel Poligono di Tiro di via Agucchi i partigiani Adriano Brunelli, Lino Formili e Giancarlo Romagnoli
4 gennaio: Francavilla al Mare (Chieti), uccisi in mare nel tentativo di attraversare il fronte nella zona del Riccio, verso Ortona, Rocco Baldassarre 48 anni e Renato Zulli di 33. In Contrada Cese i tedeschi fanno saltare in aria l’abitazione della famiglia Consalvi. Muore il patriarca Giuseppe, invalido 64 anni, il quale si era rifiutato di abbandonare la casa
5 gennaio: Brindisi, Filippo Naldi, capo dell’ufficio stampa del governo Badoglio, smentisce le notizie pubblicate dal quotidiano comunista L’Unità, sui suoi rapporti con Amerigo Dumini ed il suo coinvolgimento nell’omicidio di Giacomo Matteotti.
Comiso (Rg), esplode la rivolta popolare contro la coscrizione obbligatoria. La rivolta, capeggiata dall’ex parlamentare e dirigente separatista La Rosa, è duramente stigmatizzata dal Partito comunista
Pennapiedimonte (Chieti), uccisa in località Ponte Avello, in circostanze rimaste misteriose, Carmela Manacelli, 61 anni
Ortona (Chieti), in Contrada Feudo paracadutisti tedeschi fucilano Antonio Patricelli
Bressana Bottarone (Pavia), militi della GNR uccidono al Ponte della Becca Luigi Gabetta, 51 anni, commerciante. L’uomo aiutava gli ex prigionieri alleati ad arrivare in Svizzera.
6 gennaio: Ravenna, in località Piangipane un milite della GNR uccide il commerciante Ludovico Maiani di 47 anni
Brescia, eseguita la condanna a morte nei confronti di tre partigiani della Banda Martini
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/BRESCIA_CASERMA_OTTAVIANI_06-01-1945.pdf)
Bergamo, fucilato il partigiano Cesare Consonni, 22 anni
7 gennaio: Pennapiedimonte (Chieti), durante un rastrellamento i tedeschi uccidono in località Grotte, Maria Giovanna Belardi, 27 anni. Al termine del rastrellamento operato dal Generalkommando LI Gebirgs-Armeekorps, sono catturati 11 militari inglesi e 22 italiani oltre a 82 civili tra cui donne e bambini
Bertonico (Lodi), i fascisti uccidono il partigiano Mario Tosi, bracciante, 38 anni. Orribilmente seviziato e torturato per giorni, è infine trasportato la mattina del 7 gennaio 1944 nei pressi del Mulino di Bertonico e lì, agonizzante, finito a colpi di pistola. I fascisti per tutto il giorno impediscono la rimozione della salma, lasciando il tremendo spettacolo a spietato monito alla popolazione. Soltanto a sera il parroco di Bertonico potrà rimuovere il corpo del partigiano
7 – 8 gennaio: Reggio Emilia subisce il più duro bombardamento di tutta la guerra. Colpite pesantemente le Officine Reggiane e i quartieri Santa Croce e San Paolo: 261 morti e 256 feriti.
Alla fine del conflitto i senza tetto saranno 11.500, 2.000 i vani interamente distrutti, 598 i fabbricati e 5.980 i vani gravemente danneggiati. Seriamente compromessi l’impianto di distribuzione del gas domestico e grave sarà la situazione delle linee di comunicazione provinciali. I danni subiti dall’industria e dal commercio supereranno i 10 miliardi.8 gennaio:
Verona, si apre il processo contro i gerarchi che nell’ultima seduta del Gran Consiglio hanno votato contro Mussolini. Il tribunale è stato nominato dallo stesso Mussolini ed è composto da ufficiali della Milizia fascista. Passerà alla storia come il processo di Verona.Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Giovanni Marinelli, Luciano Gottardi, Carlo Pareschi sono condannati a morte (insieme a 14 contumaci) e fucilati nella fortezza di San Procolo. Tullio Cianetti è condannato a 20 anni di reclusione.
Mosca, Andrej Vysinskij incontra il segretario generale agli Esteri del governo Badoglio, Renato Prunas, con il quale discute del ripristino delle relazioni diplomatiche fra Italia e Urss
Francavilla a Mare (Chieti), in Contrada Fontechiaro i tedeschi uccidono, sulla soglia di casa, il marinaio Guido Marchegiani, 20 anni
9 gennaio: Cetona (Si), un folto gruppo di donne manifesta per ottenere la liberazione di due giovani renitenti alla leva arrestati
Torrevecchia Teatina (Chieti), in località Castelferrato i tedeschi uccidono il capitano dell’Aeronautica Mario Baraldi di 30 anni. L’ufficiale stava tentando di rientrare verso la propria abitazione in Lombardia
10 gennaio: Roma, Felice Anzalone consegna a Buffarini Guidi un memoriale con il quale chiede che, in caso di ritirata tedesca da Roma, la città venga consegnata a un non meglio precisato Comitato di salute pubblica composto da forze ostili sia al CLN che ai badogliani. Due giorni dopo Anzalone si incontra con Kesselring il quale non accetta la proposta. Continuano anche gli incontri tra Bianchi e Boggiano Pico e quest’ultimo, sulla base degli accordi raggiunti con l’Unione socialisti comunisti romani, si recherà dal generale Meltzer per ottenere una sorta di riconoscimento di fatto del gruppo di Bianchi in cambio della sua collaborazione con il comando della Città aperta di Roma.
Roma, rimesso in libertà dal carcere di via Tasso, Umberto Salvarezza dopo esser stato assolto dal Tribunale militare tedesco.
Salò, Junio Valerio Borghese giura fedeltà alla Rsi.
Peveragno (Cuneo), le SS aprono il fuoco sui contadini radunati nella piazza del mercato: 30 le vittime. Prima di andarsene incendiano il paese. Nel 2005 Peveragno è stato insignito dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi della medaglia d’argento al merito civile con questa motivazione:
“Piccolo centro, durante le tragiche giornate della guerra di Liberazione, subì una feroce rappresaglia da parte delle truppe naziste, che rastrellarono trenta suoi concittadini, soprattutto donne ed uomini anziani, massacrandoli brutalmente a raffiche di mitra. Ammirevole esempio di coraggio, di spirito di libertà e di amor patrio”
Reggio Emilia, giustiziato un vice capo Squadra della Gnr. Il Capo della Provincia, ordina l’anticipazione del coprifuoco in città e in provincia alle ore 20 e minaccia la fucilazione di tutti coloro che venissero trovati in possesso di armi
Cesena, Dino Cappelli, cameriere 30 anni, è ucciso dai tedeschi che lo accusano di aver rubato del burro dalla loro mensa
11 gennaio: Washington, in un rapporto dell’Oss, si legge che “la Banca commerciale fornisce al Partito d’azione finanziamenti e guida politica. Gli uomini sono Raffaele Mattioli, Ugo La Malfa, Bruno Visentini e Raimondo Craveri. Dietro di loro ci sono i vecchi finanzieri fratelli Crespi ed Ettore Conti”.
Fabriano (An), ore 13,32 bombardamento aereo americano: 64 morti e 150 feriti
Siena, l’Ispettore generale di PS Riccardo Secreti, relaziona per la Provincia di Grosseto: “Ritengo indispensabile ( …) sia al più presto eseguita in grande stile una energica azione di polizia militare, che per la banda di Scarceto dovrebbe essere condotta con circa 1.000 uomini, diretta all’accerchiamento (…) e cattura degli elementi che la compongono (…)”
Pizzoferrato (Chieti), i tedeschi uccidono Domenica Casciato di 28 anni, Giovanni di Matteo di 41 e Donato Pasquarelli di 73 anni
Allumiere (Roma), Felice Fanelli 42 anni, Dino Speroni 16 anni e Romeo Consolati di 45, sono sorpresi dai tedeschi mentre rubano filo spinato e immediatamente fucilati
12 gennaio: Torricella Peligna (Chieti), in Contrada Riga i tedeschi uccidono per rappresaglia i contadini Giuseppe Porreca 44 anni; Rosa Porreca 21 anni; Antonietta Marino 48 anni; Carmela D’Ulisse 41 anni; Nunziato Rossi 68 anni; Felicia Rossi 45 anni; Rosina Porreca 32 anni; Emilia Crivelli di 13 anni e Nicola Rossi di soli 6 mesi
13 gennaio: Salò, Angelo Tarchi, ministro per l’Economia della RSI, presenta al Consiglio dei ministri la “Premessa fondamentale per la nuova struttura dell’economia italiana”. Svuotata, di fatto e di ogni contenuto, la cosiddetta socializzazione.
Grosseto, la miniera di Noccioleta è circondata da tedeschi e Brigate Nere che uccidono sul posto 6 minatori e ne fermano un altro centinaio, 67 dei quali saranno a loro volta fucilati in località Vallino.
Sassari, esplodono tumulti per la mancanza di generi alimentari e di prima necessità. Arrestato anche il giovanissimo Enrico Berlinguer, indicato dalla polizia come uno dei promotori dei disordini.
Montefalcone Sannio e Torremaggiore (Foggia), rivolte contadine represse da reparti dell’esercito e della polizia che fanno uso delle armi da fuoco, provocando morti e feriti.
Genova, proclamata un’agitazione alla Fossati, che si estende ad altre fabbriche, per rivendicare l’applicazione degli accordi dell’autunno precedente. Forti contingenti militari tedeschi affluiscono in città per controllare la situazione. Nella repressione che ne segue, 10 operai saranno uccisi.
Riccione (Rimini), Cesare Cesarini, custode del Grand Hotel 59 anni, è ucciso a colpi d’accetta da un soldato tedesco sorpreso a rubare nelle cantine dell’albergo
Bazzano (Bo), gli operai della Ducati scioperano chiedendo l’adeguamento dei salari e il pagamento degli arretrati e delle 192 ore di gratifica natalizia, aumento delle razioni del pane e raddoppiamento dei grassi, controllo e miglioramento della mensa, pagamento delle giornate di sciopero e nessun provvedimento disciplinare. Tutte le richieste saranno accolte. La Ducati aveva trasferito, all’inizio del 1943, la produzione costruendo due stabilimenti a Bazzano e Crespellano per salvaguardare la produzione e soddisfare le numerose commesse belliche riguardanti soprattutto la costruzione di pompe speciali per motori d’aereo e apparecchiature radio
14 gennaio: Modena, scioperano gli operai della FIAT Grandi Motori contro il mancato pagamento della gratifica natalizia di 192 ore
Genova, dopo un’azione dei GAP contro due ufficiali tedeschi, nazisti e fascisti fucilano a Forte San Martino 8 detenuti politici prelevati dal carcere di Marassi
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Forte%20San%20Martino,%20Genova,%2014.01.1944.pdf)
Francavilla al Mare (Chieti), in Contrada Caprini i tedeschi uccidono Michele Cimarone, 47 anni, di professione autista. L’uomo stava lavorando alla fortificazione delle linee difensive tedesche
15 gennaio: il periodico dei Gesuiti Civiltà Cattolica pubblica un articolo favorevole alla censura, la quale deve vietare ogni manifestazione contraria “al costume pubblico, alla tranquillità dell’ordine, ai diritti dei cittadini”.
Montenerodomo (Chieti), un cecchino tedesco uccide il sarto Benigno Carozza, 30 anni
Doberdò del Lago (Gorizia), “Una colonna motorizzata tedesca che dopo aver circondato il paese e bloccato ogni via di accesso, costringe gli abitanti a radunarsi nella Piazza del Municipio. Tra i militi tedeschi c’è anche Walter Gherlaschi, ex partigiano del “Battaglione Triestino” che dopo la cattura si era messo a collaborare con le forze di occupazione. Lui stesso indica ai tedeschi sei uomini e una donna appartenenti al movimento di Resistenza che vengo subito fermati e rinchiusi in una casa disabitata del paese dove vengono interrogati e picchiati. Solo dopo alcune ore gli abitanti radunati in piazza vengono autorizzati a rientrare nelle loro case. In serata i tedeschi trasferiscono i sette nella casa della famiglia Jelen che, prima di lasciare il paese, fanno saltare in aria con la dinamite. Per alcuni giorni i parenti degli scomparsi, convinti che i loro congiunti fossero stati deportati si recano al comando tedesco in cerca di informazioni. Il 9 febbraio gli abitanti del paese, scavando tra le macerie, riportano alla luce i sette cadaveri (http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/DOBERDO%20DEL%20LAGO%2015-1-1944.pdf)”
16 gennaio: Casalba (Napoli), 2000 persone riportano in Comune l’ex podestà Luigi Jodice perché riassuma la carica, dopo aver cacciato il commissario prefettizio Tommaso Messore.
Modena, breve sciopero alla OCI-FIAT per discutere dell’accordo provinciale – che sarà firmato due giorni dopo – sugli aumenti salariali.
17 gennaio: Bologna, nel pomeriggio sciopera la quasi totalità degli operai della Weber.
Lo stesso giorno si firma l’accordo provinciale sui salari. Il concordato è immediatamente denunciato dal Comitato d’agitazione operaio perché, pur concedendo il 30% d’aumento, rispetto alle richieste è “un insulto alla miseria”.
Roma, gli studenti universitari manifestano per chiedere la sospensione dei corsi di laurea
Sassari, arrestato Enrico Berlinguer, 22 anni, studente prossimo alla laurea in legge, fondatore del Partito Comunista in città e segretario della sezione giovanile. Lo portano nella caserma intitolata a un suo antenato, Gerolamo Berlinguer, capitano della Gendarmeria sarda e vincitore nel 1835 del fuorilegge Battista Canu. Berlinguer è ritenuto il principale responsabile dei disordini del giorno precedente, in cui la povera gente ha assaltato forni, magazzini di grano, farina e pasta, frantoi. Resterà in carcere fino al 23 aprile, quando sarà prosciolto da ogni accusa
Reggio Emilia, ucciso un tenente dell’esercito repubblicano. Con un nuovo decreto, il coprifuoco viene anticipato alle 17,30
Montenerodomo (Chieti), un cecchino tedesco uccide il contadino Nicola Coladonato, 77 anni, mentre sta lavorando nei suoi campi in località Macchia
San Giorgio di Nogaro (Udine), un gruppo di soldati tedeschi ubriachi uccide senza ragione Gino Maurini di 35 anni, il quale si trovava nella sua abitazione
18 gennaio: Roma, il Cln, con la presidenza di Ivanoe Bonomi e la presenza di De Gasperi, Ruini, Casati, Nenni, La Malfa, Amendola e Fenoaltea, delibera all’unanimità la nomina del generale Roberto Bencivenga a responsabile del comando della Città aperta. Nel corso della riunione, Giorgio Amendola afferma: “I generali responsabili del disastro e della vergognosa capitolazione dell’8 settembre rispuntano fuori non già per combattere contro i tedeschi, ma per prepararsi a mantenere l’ordine (…)”.
Forlì, L’Unione Provinciale dei Lavoratori Agricoli comunica ai suoi fiduciari comunali la necessità di assumere braccianti e coloni per “l’emigrazione temporanea” in Germania.
Gessopalena (Chieti), i tedeschi uccidono, in località Morgia, Antonio Mancini, 34 anni
Montenerodomo (Chieti), in Contrada Fonticelle i tedeschi uccidono il contadino Ludovico Fanti, 84 anni
Torricella Peligna (Chieti), in località Pescara i tedeschi uccidono le giovani contadine Angiolina Ficca, 14 anni e Maria Persichetti di 16. Le due ragazze non avevano ubbidito con prontezza all’intimazione di sgombero della loro abitazione
19 gennaio: Roma, il tenente di polizia Giglio, figlio di un ispettore generale di Ps in servizio all’Ovra, passa all’agente dell’Oss Peter Tompkins un rapporto della Questura che contiene la localizzazione dei comandi tedeschi, depositi, etc. in città.
Pesaro, il distaccamento partigiano Gramsci fa saltare i trasformatori della centrale elettrica di Bellisio bloccando, per oltre un mese, i lavori della miniera di zolfo di Cà Bernardi.
Montieri (Grosseto), un folto gruppo di persone, in gran parte donne, manifesta davanti alla caserma dei carabinieri chiedendo il rilascio di 11 fermati, genitori di renitenti alla leva. Dopo che i carabinieri si erano rifiutati di usano le armi, il segretario montierino del Fascio repubblicano, Engels Lambardi si mette a sparare all’impazzata, ferendo Venanzio Mecacci che morirà alcuni giorni dopo e uccidendo il tredicenne Delio Giustini. Ferita anche Maria Nardini. Per il duplice omicidio sarà condannato a 30 anni di reclusione (ridotti a 20 in appello) e pene accessorie
Torricella Peligna (Chieti), fucilato in località Madonna delle Rose il commerciante Camillo Marino, 77 anni. L’uomo non aveva ubbidito ad un ordine dei militari tedeschi
20 gennaio: Siena, su invito del capo della Provincia Giorgio Alberto Chiurco, il vescovo di Siena Toccabelli scrive una supplica a papa Pio XII nella quale si chiede di “cooperare perché sia riconosciuta a Siena la particolare funzione di città ospedaliera“. La risposta sarà sostanzialmente negativa ma tedeschi ed alleati di fatto “rispetteranno” il centro storico. Resterà famosa la frase del generale francese De Montsabert il quale ordinerà ai suoi artiglieri: “Sparate dove volete, ma vi proibisco di tirare al di là del XVIII secolo”
Roma, fucilati a Forte Bravetta Salvatore Petronari, 50 anni commerciante comunista e legato ai GAP, tradito da una spia italiana e Andrea Franceschetti, che era stato giudicato dal Tribunale della divisione Hermann Goering ad Anagni. L’accusa, per Franceschetti, è di “violenza contro le forze armate tedesche”
21 gennaio: Santa Maria Capua Vetere, fucilati Mario Bertoli e Gino Cancellieri, sabotatori della Rsi. In tempi successivi, saranno fucilati altri sabotatori della Rsi infiltrati dietro le linee, Enrico Catelli, Marino Menicocci, Giorgio Tapoli, Vincenzo Tedesco, Francesco Aschieri, Italo Palesse, Paolo Poletti, Alfredo Calligaro, Domenico Donnini, Giulio Sebastianelli, Virgilio Serpellini, Filippo Di Landro, Ruy Blas Biagi, Franco Berselli, Luigi Piras, Nicola Abate, Paolo Trivulzio, Masin. Sono tutti giovanissimi.
Cagliari, la polizia apre il fuoco sulla popolazione che manifesta contro il richiamo alle armi disposto dal governo, ferendo diversi dimostranti. Negli scontri, muore un agente di Ps e viene assaltata la redazione de L’Unione sarda, per la propaganda a favore della chiamata alle armi.
Gessopalena (Chieti), dopo numerose razzie nei paesi della zona con sporadici omicidi di chi cercava di opporsi, all’alba del 21 gennaio, militari tedeschi rinchiudono diverse decine di civili in una casa in località Sant’Agata, dopo aver lanciato alcune bombe a mano e sparato a chi cercava di fuggire, incendiano l’abitazione: 42 morti e due soli superstiti, una ragazza di 16 anni e un bambino di 7. Nel pomeriggio, ritirandosi in direzione Fonterossi, nella frazione di Piani Marini, fucilano sette ultraottantenni (Cfr.http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2494 http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Piani%20Marini%20Lama%20dei%20Peligni%2021-1-1944.pdf)
Lo stesso giorno a Colle Ginepro sono trucidati, per poter saccheggiare la loro abitazione, i contadini Silvio D’Amico di 34 anni, Maria D’amico 17 anni e Angiolina Di Paolo, 40 anni
Villa Minozzo (Reggio Emilia), scontro nelle vicinanze della Canonica di Tapignola tra militi repubblichini e partigiani. Arrestato don Pasquino Borghi.
22 gennaio: le truppe alleate sbarcano ad Anzio nel tentativo di aggirare la linea Gustav e aprirsi la strada verso Roma.
Washington, un rapporto dell’Oss parla di intimidazioni da parte fascista nei confronti di grandi industriali del nord Italia (Falck, Valletta, Parodi, ecc.). E fornisce un elenco delle bande partigiane “aziendali” : “La Edison ha 7.000 partigiani nelle Alpi tra Torino e Como-Lecco, La Bombrini-Parodi-Delfino 1.500 (…), le industrie della Venezia Giulia mantengono bande nelle Prealpi dolomitiche, mentre i lavoratori di Sulmona, L’Aquila e Bussi alimentano le squadre partigiane degli Abruzzi. Alliata, proprietario delle Acciaierie di Omegna, è un fervente antinazista e mantiene larghi gruppi di combattenti sulle montagne”.
Catania, Santi Rindone scrive ad Andrea Finocchiaro Aprile per informarlo della campagna di propaganda contro il congresso dei partiti antifascisti, fissato per il 28 gennaio a Bari.
Cesena, durante un corteo fascista per prelevare dall’ospedale la salma di un milite ucciso e celebrarne il funerale, Mario Guidazzi, 47 anni, rappresentante di commercio, è prima minacciato e picchiato da due militi del battaglione Guardia del Duce e infine ucciso dal sergente maggiore dello stesso reparto
Sant’Agata Feltria (Rimini) durante un rastrellamento in località San Donato i tedeschi uccidono Mario Polverani, 33 anni, di Rimini
Gessopolena (Chieti), Domenico Di Fabrizio, 50 anni, contadino, mentre si dirige dalla contrada Bufarala a Colledimacine è catturato dai tedeschi che lo uccidono a colpi di mitragliatrice. Il corpo sarà trovato solamente qualche mese dopo, il 18 maggio 1944, nella contrada Sant’Agata di Gessopalena
23 gennaio: Catania, l’avvocato Gaetano Romeo Perrotta informa, con una lettera, Andrea Finocchiaro Aprile che “studenti universitari qui presenti attendono ansiosi i giorni di battaglia confidando in lei”.
Roma, i nazisti arrestano alcuni ufficiali che collaborano con il colonnello Montezemolo, fra i quali il colonnello Frignani.
Torniella di Roccastrada (Gr), una sessantina di donne si radunano davanti alla caserma dei carabinieri chiedendo il rilascio della madre di un renitente alla leva, fermata e tenuta in ostaggio. I carabinieri disperdono le dimostranti arrestandone sei
Cesenatico (Forlì), i tedeschi uccidono Odo Bondi, autista, 25 anni. L’uomo lavorava per la Todt
Pizzoferrato (Chieti), i tedeschi uccidono Domenico D’Attorre, 61 anni
24 gennaio: Moltrasio (Co), il ministro delle Finanze della Rsi, Domenico Pellegrini Giampietro, s’incontra con il vice presidente della Reichbank, Puhl, ottenendo il consenso al trasferimento di 23 tonnellate di oro italiano a Chiasso.
Bologna, brevi fermate degli operai dell’Officina Righi e della Buini&Grandi. I lavoratori ottengono quanto richiesto. Il sindacato fascista prova a imporre, come in molte altre aziende, l’elezione della Commissione Interna che diventa, però, un’ulteriore occasione per manifestare i sentimenti antifascisti dei lavoratori.
Per tutto il mese di gennaio continueranno scioperi e agitazioni per aumenti salariali e delle razioni. Scioperano i lavoratori del pastificio Pardini di Corticella, della Baschieri&Pellagri di Castenaso, della fonderia Barbieri di Castelmaggiore. Contemporaneamente si svolgono manifestazioni di donne a Castelmaggiore, Funo e Argelato.
Rimini, scioperano gli operai dell’Officina ferrovieri chiedendo la revoca immediata di alcuni licenziamenti e il pagamento regolare dei salari.
Napoli, Domenico Colasanto promuove il patto di unità sindacale fra democristiani, comunisti e socialisti basato sul principio di indipendenza del sindacato dai partiti e su quello della “libertà di associarsi in gruppi sindacali in seno alle organizzazioni professionali”.
25 gennaio: Roma, i tedeschi arrestano il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, responsabile del Fronte militare clandestino di resistenza e tra i depositari dei segreti della resa dell’8 settembre. Morirà alle Fosse Ardeatine.
Milano, il bollettino del Clnai pubblica un ordine del giorno nel quale si legge: “Del governo di domani il Comitato di liberazione nazionale è oggi una prefigurazione (…) Nel governo di domani – anche questo è ben certo – operai, contadini, artigiani, tutte le classi popolari avranno un peso determinante. E un posto adeguato a questo peso vi avranno i partiti che le rappresentano. Tra essi il Partito comunista che fa parte del Comitato di liberazione nazionale su un piano di perfetta parità con gli altri partiti, con pari pienezza di autorità oggi e di potere domani, quando il patto di liberazione nazionale sarà realizzato. Questa realtà va nettamente riaffermata oggi di fronte all’affiorare di propositi anticomunisti, al delinearsi di posizioni anticomuniste ed antioperaie fuori di noi, attorno a noi, ed anche in seno ad ambienti che pretenderebbero di operare sul piano d’azione del Comitato di liberazione nazionale. Sopra le posizioni ed i propositi partigiani dobbiamo riaffermare l’unità del patto di riscossa e di rinnovamento democratico che lega i cinque partiti. Chi opera contro uno di essi, opera contro il patto (…)”.
Livorno, 28 persone, che avevano organizzato una cellula del Fronte di Liberazione Nazionale, capeggiata da Otello Frangioni, ed avevano impiantato una stamperia clandestina, cadono nelle maglie della rete repressiva nazifascista
Santa Fiora (Gr), una sessantina di persone manifestano davanti alla caserma dei carabinieri per chiedere la liberazione di 3 renitenti alla leva. L’intervento dei carabinieri provoca due feriti
26 gennaio: Londra, nel corso di un intervento alla Camera dei comuni, il ministro degli Esteri Anthony Eden afferma di aver richiamato l’attenzione della Commissione di controllo alleata in Italia sul caso di Filippo Naldi, capo dell’ufficio stampa del governo Badoglio.
Bologna, un commando gappista uccide il federale Eugenio Facchini.
“Nella tarda mattinata del 26 gennaio 1944 il Commissario federale straordinario del Pfr di Bologna Eugenio Facchini – dall’11 dicembre 1943 sostituto del dimissionario Aristide Sarti – viene assassinato sulle scale della Casa dello studente di via Zamboni. Raggiunto da colpi di pistola mentre si sta dirigendo verso la mensa dei Gruppi Universitari Fascisti e ferito al ventre si accascia sui gradini, mentre il vice federale Walter Boninsegni, che lo aveva accompagnato in macchina sul luogo, accorso agli spari tenta di intercettare gli assalitori riuscendo a ferirne di striscio uno alla spalla. I responsabili dell’azione gappista – Remigio Venturoli, Bruno Pasquali e, secondo alcune testimonianze, Ermanno Gallotti – riescono però a fuggire in bicicletta e a sottrarsi alla cattura. Pochi minuti dopo l’attentato sul luogo giungono il delegato del Pfr prof. Franz Pagliani, il Comandante della GNR generale Ivan Doro, il Magnifico Rettore dell’Università prof. Goffredo Coppola, il vice commissario della Federazione fascista Pietro Torri, il questore Giovanni Tebaldi, oltre ad ufficiali e funzionari fascisti. Sono immediatamente organizzati arresti in tutte le zone della città nell’intento di individuare gli assalitori. Dal momento che nessun elemento d’indagine risulta risolutivo, in serata viene convocata una riunione straordinaria in Prefettura alla presenza del segretario nazionale del Pfr Alessandro Pavolini, appositamente sopraggiunto a Bologna a seguito della notizia dell’attentato: sono presenti all’incontro i vertici del fascismo bolognese, fra cui il Prefetto Dino Fantozzi, il questore Tebaldi, Walter Boninsegni, il generale Gherardo Magaldi (a capo del Comando militare regionale), Franz Pagliani e Pietro Torri. Nel corso dell’incontro viene presa la decisione di convocare d’urgenza un Tribunale militare straordinario di guerra, presieduto dal gen. Ivan Doro e composto dal tenente colonnello Roberto Morelli, dal tenente colonnello Cosimo Tullo, dai seniori della Milizia Bacchetti Girolamo e Angelo Serrantini, dal maggiore Antonio Mangione e dal capitano Giovan Battista Cosimini, responsabile della pubblica accusa. Il Tribunale straordinario – appositamente costituito per condannare a morte per rappresaglia 11 prigionieri tra i quali antifascisti, ma anche ex tesserati del Pnf considerati traditori dell’idea fascista, detenuti da tempo e dunque del tutto estranei all’attentato a Facchini – convocato nella notte giudica la posizione di 6 imputati prelevati dal carcere Imola (i fratelli Alfredo e Romeo Bartolini, Sante Contoli, il giovanissimo Antonio Ronchi, il professore di violoncello Alessandro Bianconcini e il primario dell’Ospedale civile di Imola prof. Francesco D’Agostino) e di 5 imputati incarcerati invece a Bologna (l’ex console della milizia ferroviaria Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Zosimo Marinelli, il giornalista del Resto del Carlino Ezio Cesarini, il mutilato di guerra e medaglia d’oro sottotenente dell’esercito Luigi Missoni). L’attentato a Facchini era stato, infatti, preceduto da azioni analoghe attuate sul territorio regionale nei mesi precedenti: l’uccisione a Imola il 3 novembre 1943 del seniore della milizia Fernando Barani e l’assassinio il 13 novembre 1943 a Ferrara del federale Igino Ghisellini. Dopo alcune ore di Camera di Consiglio il Tribunale emette la sentenza: stralciata la posizione del minorenne Antonio Ronchi, il collegio condanna 9 imputati a morte e Sante Contoli a trent’anni di carcere. A seguito della richiesta di grazia per meriti di guerra, la corte decreta inoltre la sospensione della pena di morte e la sua tramutazione in 30 anni di detenzione anche per Luigi Missoni. Le condanne emesse vengono così motivate: «Per aver dal 25 luglio 1943 in poi, in territorio del comando militare regionale, con scritti e parole, con particolari atteggiamenti consapevoli e volontarie omissioni e con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato in conseguenza l?atmosfera del disordine e della rivolta e determinato gli autori materiali dell?omicidio a compiere il delitto allo scopo di sopprimere nella persona del Caduto il difensore della causa che si combatte per l?indipendenza e l?unità della patria». Gli 8 imputati condannati a morte per concorso morale nell’attentato al federale Facchini, prelevati dal carcere di San Giovanni in Monte il mattino del il 27 gennaio 1944 dal capitano Renato Tartarotti – rimasto ferito nel corso di un tentativo di fuga accorso durante il trasferimento – vengono scortati presso il Poligono di tiro di via Agucchi, già teatro di precedenti esecuzioni; e lì giustiziati da un plotone d’esecuzione comandato dal tenente della GNR di Imola Guerrino Bettini (che ne ha fatta esplicita richiesta al nuovo federale Pietro Torri) e composto da militi della Compagnia autonoma speciale della Polizia Ausiliaria. Notizia della fucilazione appare sul settimanale comunista clandestino di Imola «La Comune» in data 1 febbraio 1944” (http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Poligono%20di%20tiro%201944.01.27.pdf)
Vedi anche https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/events/luccisione_del_segretario_del_fascio_repubblicano_eugenio_facchini con un’ampio bibliografia sull’uccisione di Facchini e sul fascismo repubblicano bolognese
Palermo, Salvatore Giuliano uccide Vincenzo Palazzolo di 17 anni, ritenendolo confidente della polizia.
27 gennaio: gli alleati riconoscono all’Italia la denominazione di Territorio liberato e permettono il trasferimento del governo da Brindisi a Salerno.
Bari, il democristiano Silvio Gava, nel corso di una riunione delle Leghe bianche, afferma la disponibilità dei lavoratori cattolici ad entrare in un sindacato unitario, sia pure con precise garanzie.
28 gennaio: Bari, congresso dei Comitati di liberazione nazionale (CLN). Approvata la richiesta di abdicazione di Vittorio Emanuele III e il rinvio della questione istituzionale a un referendum popolare da tenersi dopo la fine della guerra.
Parallelamente si svolge un convegno sindacale che si propone di creare una confederazione unitaria fra socialisti, comunisti e democristiani, aperta anche a liberali ed azionisti. Sono presenti 500 delegati provenienti dalle regioni meridionali e dalle isole, che proclamano la rifondazione della Cgil.
Bari, arrestato il generale Nicola Bellomo, accusato di aver ucciso un ufficiale inglese e ferito un secondo, che tentavano di fuggire dal campo di concentramento di Torre Tresca nel 1941.
Salò, giurano fedeltà alla Repubblica sociale italiana i generali Archimede Mischi, Enrico Adami Rossi, Giovanni Esposito, Filippo Diamanti, Renato Magaldi, Umberto Piatti Del Pozzo, Amedeo De Cia, Gioacchino Solinas, Antonino Giglio, Umberto Ricci, Aldo Princivalle, Luigi Jallà. Nell’esercito repubblicano, il simbolo del gladio sostituirà le stellette.
30 gennaio: Reggio Emilia, accusato di aver ospitato i fratelli Cervi, è fucilato dai fascisti don Pasquino Borghi. Il giorno precedente era stato fucilato l’anarchico Enrico Zambonini, organizzatore delle prime formazioni partigiane nella zona. Fucilati anche Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Doti, Dario Gai, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini per rappresaglia per l’uccisione di un milite dalla GNR. “La decisione della fucilazione viene presa il 29 gennaio da un Tribunale Straordinario composto da: Enzo Savorgnan (Capo della Provincia), Francesco Panitteri (Segretario), Armando Dottone, Armando Wender (Segr.PFR), Tommaso Beggi e Armando Storchi. Savorgnan e Wender furono uccisi nel corso della lotta di liberazione, la CAS (Corte di Assise Straordinaria) di Reggio Emilia nel 1945 processò i sopravissuti: Tommaso Beggi (Condanna a morte per sua partecipazione alla “Banda Ferri”), Armando Storchi (Condanna a morte), Panitteri e Dottone (contumaci condannati a 24 anni). Tutte le condanne furono ridotte nei successivi gradi di giudizio o cancellate dall’amnistia del 1946 (Cfr. http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=36)”
30 gennaio: Monreale (Palermo), Salvatore Giuliano fa evadere dal carcere Salvatore Cucchiara, Salvatore Lombardo, Antonio Cucinella, Francesco Giuliano.
Rosignano (Li), fucilato Oberdan Chiesa. All’ ordine di fare fuoco parte la scarica, ma i carabinieri, che componevano i plotone insieme a militi della Gnr, sparano per aria. Oberdan si accascia ed un tenente della Gnr gli spara il colpo di grazia. Oberdan cade innocente, accusato di un attentato avvenuto quando lui era già detenuto da circa un mese. Mandanti del suo assassinio sono i capi fascisti Facduelle, Moraglia, Carocci e Mannelli; esecutori materiali i fascisti Lami, Piga e Bartolini. Splendida figura di comunista, come altri, paga la colpa di aver avuto degli ideali per i quali aveva subito persecuzioni, disoccupazione, miseria, carcere, confino. A lui sarà intitolata una Brigata Partigiana
Borgorose (Rieti), durante un rastrellamento nella zona di Corvaro i tedeschi uccidono Loreto Franchi, 22 anni
Montelanico (Roma), ucciso Renato Roberti, 38 anni. Era intervenuto a difesa di due donne aggredite dalla soldataglia tedesca
Marino (Roma), durante un rastrellamento i tedeschi uccidono Fernando Morelli
Ceccano (Frosinone), fucilato dai tedeschi Antonio Micheli, 41 anni, proprietario di un negozio di alimentari
31 gennaio: Milano, nasce il Comitato di liberazione alta Italia (CLNAI). Dovrà guidare politicamente e militarmente la Resistenza in tutto il settentrione.
Concetto Marchesi risponde, sul giornale clandestino La lotta, all’appello alla pacificazione nazionale lanciato da Giovanni Gentile dalle pagine del Corriere della Sera. Scrive, tra l’altro, Marchesi: “Quanti oggi invitano alla concordia, invitano a una tregua che dia temporaneo riposo alla guerra dell’uomo contro l’uomo. No: è bene che la guerra continui, se è destino che sia combattuta. Rimettere la spada nel fodero solo perché la mano è stanca e la rovina è grande, è rifocillare l’assassino. La spada non va riposta, va spezzata. Domani se ne fabbricherà un’altra? Non sappiamo. Tra oggi e domani c’è di mezzo una notte e un’aurora”.
Parma: una squadra di giovani fascisti marciava spavalda per le vie del centro per richiamare tutti all’obbedienza al fascismo repubblicano. Tra gli obiettivi i caffè del centro frequentati dai giovani antifascisti e, più in generale, da non fascisti. Mentre scendevano per via Cavour una bomba esplode all’improvviso uccidendo un fascista e ferendone altri sette. La responsabilità dell’incidente è fatta ricadere, genericamente, sul movimento antifascista. Quella notte Tommaso Barbieri (industriale, 54 anni), Ercole Mason (ragioniere libero professionista, 66 anni), ed Emmo Valla (funzionario delle Poste, 58 anni), conosciuti in città anche per i loro sentimenti antifascisti, sono svegliati, trascinati fuori e assassinati davanti alle loro abitazioni da sicari neofascisti rimasti ignoti (http://www.eccidinazifascisti.parma.it/page.asp?IDCategoria=905&IDSezione=5254&ID=95045)
Borgo Tossignano (Bologna), nella zona di Monte Meldola, nei pressi di Codrignano, militi fascisti uccidono durante un pattugliamento serale, Vittorio Garavini di 18 anni
Roma, fucilati per rappresaglia a Forte Bravetta, 10 partigiani catturati nei giorni precedenti
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Forte_Bravetta_31_gennaio_1944.pdf)
Febbraio: il Partito d’Azione inizia, sull’esempio delle Brigate Garibaldi create dai comunisti, a organizzare le proprie formazioni armate: le Brigate Giustizia e Libertà. La stessa cosa fanno i socialisti dando vita alle Brigate Matteotti. Leo Valiani è nominato segretario del Partito d’azione.
Palermo, Vito Genovese, esponente di spicco della mafia italo-americana, giunto in Sicilia al seguito delle truppe alleate, incontra Salvatore Giuliano.
Palermo, in un documento dell’Associazione industriali conservieri della Sicilia, si afferma che durante il fascismo, a differenza del presente, vi era la volontà di “agire per il maggior benessere dei sottoposti”.
Sciopero alla Segheria di Conselice (Ra). Le 50 operaie chiedono l’immediata riassunzione di una lavoratrice licenziata “perché non iscritta al fascio repubblicano” e aumenti salariali. Con un nuovo sciopero nei giorni seguenti, le operaie ottengono il 30% di aumento.
Forlì, i lavoratori della Battistini (300 donne e 100 operai) scioperano per il mancato riscaldamento della fabbrica.
Pennapiedimonte (Chieti), in Contrada San Silvestro i tedeschi fucilano Natalino Di Bello, 49 anni e Maria D’Addario, 66 anni e mamma del partigiano Nicola Boschetti, fucilato ai primi di gennaio
1 febbraio: Brindisi, Filippo Naldi si dimette da capo dell’ufficio stampa del governo ed è sostituito da Nino Bolla.
Palestina, l’Irgun, a capo del quale si è insediato da pochi giorni Menachem Begin, annuncia la ripresa della lotta contro la Gran Bretagna, ritenuta un ostacolo alla fondazione dello Stato ebraico.
2 febbraio: Roma, nel dicembre 1943 il gruppo dirigente del Movimento Comunista d’Italia era stato arrestato durante varie operazioni dalla polizia tedesca, grazie alla spiata di due delatori infiltrati nell’organizzazione. Sono prigionieri nei locali del comando tedesco di via Tasso. A seguito dei numerosi attacchi sferrati dalla Resistenza e in particolare dai GAP nel centro di Roma, il comando tedesco decide di effettuare due fucilazioni collettive. La prima il 31 gennaio 1944 e la seconda il 2 febbraio 1944. In quest’ultima vengono fucilati soltanto appartenenti al Movimento Comunista d’Italia
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Forte_Bravetta_2_febbraio_1944.pdf)
Roma, Salvarezza è arrestato da militi della Muti per macellazione clandestina di carne equina, da vendere alla borsa nera. Il 3 marzo verrà scarcerato nonostante sia stato colto in flagranza di reato. Lo stesso giorno è arrestato Umberto Bianchi ad opera di una delle tante polizie della RSI. Sarà fatto scarcerare il 1° maggio dal questore Pietro Caruso.
Taranto, mentre il Re si trova in visita alla città, la folla invade la Prefettura aggredendo il prefetto Soprano.
Bari, un comunicato dei rappresentanti democristiani, azionisti e socialisti, Domenico Colasanto, Nicola Di Bartolomeo, Antonio Armino afferma che le decisioni assunte nella assemblea di rifondazione della Confederazione generale del lavoro sono “contraddittorie con le intese raggiunte e con l’unità sindacale”, ribadendo la preminenza dell’organizzazione sindacale ricostituita a Napoli.
Roma, Pietro Nenni annuncia ad Ivanoe Bonomi, presidente del CCLN, l’opposizione dei socialisti alle conclusioni cui è pervenuto il congresso di Bari.
Fabriano (An), presso la stazione di Albacina i partigiani assaltano un treno tedesco e liberano 500 giovani italiani avviati alla deportazione
Montenerodomo (Chieti), “Nell’autunno del 1943, la guerra giunse direttamente nella valle del Sangro e nel Medio Sangro, insanguinando questi territori ed allungando la striscia di “terra bruciata” dall’alto Sangro a questa area proprio attraverso Montenerodomo il cui abitato fu totalmente distrutto a fine novembre 1943. Dopo l’arrivo della brigata Maiella a Torricella Peligna e nella vicina Fallascoso, osteggiati dalla popolazione civile e minacciati dai partigiani, – le località come Schiappone, Vallone Cupo e Cascerie erano territorio presidiato dalla cd. Banda di Pizzoferrato – i tedeschi in ritirata reagirono furiosamente e gli eventi acquisirono una ferocia sempre maggiore. Ai primi di febbraio, infatti, le forze di occupazione si ritirano da Pizzoferrato lungo la via per Montenerodomo. E’ questo momento il più tragico per la storia dei monteneresi anche perché sulle falde della montagna la battaglia non era finita e i tedeschi, che mantenevano ancora dei presidi in loco, tentarono più volte di rioccupare posizioni già abbandonate. L’episodio, il più drammatico, viene ricordato come l’Eccidio della Candelora. Il 2 febbraio i soldati tedeschi, provenienti da Colle dell’Irco, misero a ferro e fuoco le frazioni di Casale e Verlinghiera. Nella stessa giornata uccisero sul posto l’anziana Tamburrino Annunziata e Rossi Domenica mentre catturarono i fratelli Rossi e i due nuclei familiari dei Di Luca (Di Luca Mauro Antonio con la moglie Filippa Tamburrino e due figli, Antonio e Vincenzo, e la D’Antonio Antonietta sposata con il fratello di Mauro emigrato in Australia, Marco Di Luca, e i suoi tre figli, Vincenzo, Doroteo Nicola e Consilia). Sotto la minaccia delle armi cercarono di estorcere ai prigionieri delle informazioni forse sui partigiani operanti nella zona o, come da alcune testimonianze, su un furto di derrate dalla casa espropriata dei Di Luca a Casale che era stata adibita dai tedeschi a deposito delle razzie. Non riuscendo, però, a estorcere nulla i soldati li riportarono in paese a Montenerodomo. Dopo una sosta nella piazza di S. Martino, sempre sotto la minaccia delle armi con un processo sommario furono fucilati in massa sul posto e gettati tra le macerie di una casa li vicino. I due fratelli Rossi Cosmo Camillo e Carmine Rocco probabilmente, pur essendo tra i catturati, non furono fucilati insieme ai Di Lullo a S. Martino ma in un punto poco distante da quello del massacro, cd. costa dell’uorie, forse per un tentativo di fuga. L’avvenimento tra i più feroci dell’area si presentò agghiacciante agli occhi dei monteneresi”
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2457)
Gamberale (Chieti), durante un pattugliamento soldati tedeschi uccidono Enrico Di Sciullo, 50 anni e Giovanni Pasquarelli di 52
Langhirano (Parma), un gruppo di militari di nazionalità mongola, inquadrati nell’esercito tedesco, compie un rastrellamento nella zona di Lesignano e Langhirano. Nei pressi del borgo “il Fienile” di Lesignano, uccidono Domenico Ferretti, 66 anni e catturano altri due civili, il sedicenne Achille Ferretti e Aldo Fochi, 44 anni. I due sono trasferiti a Langhirano e fucilati il giorno successivo
4 febbraio: Roma, agenti di polizia in forza alla Questura, al reparto speciale diretto dal tenente Pietro Koch e gli uomini della squadra di Giuseppe Bernasconi fanno irruzione nella basilica di San Paolo procedendo all’arresto di 67 persone, fra le quali il generale Adriano Monti, vestito in abito talare, altri ufficiali, sottufficiali, 2 funzionari di polizia, e 9 ebrei. Monsignor Tardini scrive in proposito nelle sue note che l’operazione fa pensare a “un ballon d’essai per procedere (…) a colpi più grossi”.
Trieste, un componente del locale Cln, l’azionista Flora, invia a Carlo Sforza un messaggio: “Urge vostro contatto con Alleati e capi responsabili iugoslavi per realizzare intesa su Trieste, onde rendere possibile maggiormente sviluppare locale collaborazione italo-iugoslava, rendendola sempre più efficace e duratura. Proponiamo soluzione che partendo da premessa sovranità italiana Trieste conforme diritto autodecisione, trasformi porto in ‘corpus separatum’ internazionale con retroterra zona doganale franca. Corpus separatum sarebbe amministrato da Giunta di tutti gli Stati interessati. Analoga soluzione per Fiume. Manteniamo, cerchiamo, sviluppiamo contatti diretti con partigiani slavi e parallelamente combattiamo contro tedeschi; gradiremmo vostra risposta al più presto”. Dal messaggio si dissociano Felluga e Miani che, con Flora, compongono la direzione del Partito d’azione nel capoluogo giuliano.
5 febbraio: Roma, nel carcere di Regina Coeli muore per le torture subite, Leone Ginzburg.”Di famiglia ebrea di origine russa ma naturalizzato italiano, Leone aveva frequentato tra il 1914 e il 1919 le scuole elementari a Viareggio, località di vacanza dei Ginzburg. I primi anni delle secondarie li aveva però seguiti in una scuola russa di Berlino, dove la famiglia si era trasferita, per continuare poi al Liceo d’Azeglio, quando i Ginzburg si stabilirono a Torino. Leone frequenta ancora il Liceo quando comincia a scrivere lunghi racconti, traduce da Gogol Taras Bul’ba, scrive un saggio su Anna Karenina. Non sorprende, quindi, che dopo essersi iscritto alla Facoltà di Legge, l’abbia abbandonata l’anno dopo per Lettere. Non sorprende nemmeno se le frequentazioni con Norberto Bobbio, Augusto Monti e altri intellettuali torinesi (a Parigi, dove si era recato per completare la tesi di laurea, aveva anche avuto modo di incontrare, Croce, Carlo Rosselli, Salvemini), hanno in qualche modo influenzato i suoi orientamenti politici. È così che Leone Ginzburg, che dopo la laurea in lettere moderne aveva subito ottenuto la libera docenza e che con Giulio Einaudi aveva appena costituito l’omonima Casa editrice, viene estromesso dall’Università: l’8 gennaio del 1934, infatti, rifiuta di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista. Non solo: intensifica l’attività clandestina nel movimento “Giustizia e Libertà” e poche settimane dopo viene arrestato con Carlo Levi, Augusto Monti ed altri. Il Tribunale speciale condanna Ginzburg a quattro anni di reclusione. Un’amnistia glie ne risparmia due, e lui esce dal carcere di Civitavecchia il 13 marzo del 1936. Come sorvegliato speciale non può svolgere attività pubblicistica, così svolge, con Cesare Pavese, un intenso lavoro all’Einaudi. Si sposa nel ’38 e lo stesso anno, a causa delle leggi razziali, perde la cittadinanza italiana. Quando, nel 1940, l’Italia entra nel conflitto, Ginzburg è arrestato e confinato, come “internato civile di guerra” in Abruzzo, a Pizzoli. Con la caduta del fascismo, il giovane intellettuale ritorna a Roma ed è tra gli organizzatori del Partito d’Azione e poi delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Lavora alla sede romana dell’Einaudi e, durante l’occupazione, adotta il nome di copertura di Leonida Gianturco. Dirige Italia Libera, giornale del Partito d’Azione, sino a che viene sorpreso nella tipografia clandestina. È il 20 novembre del 1943. A Regina Coeli i fascisti scoprono presto chi è davvero Leonida Gianturco e il 9 dicembre Leone Ginzburg viene trasferito nel “braccio” controllato dai tedeschi. Interrogatori, torture, una mascella fratturata. Nel gennaio del 1944 il prigioniero è trasferito, quasi incosciente, nell’infermeria del carcere. Un mese dopo, mentre i suoi compagni stanno organizzando un’improbabile evasione, Leone Ginzburg viene trovato morto” (https://www.anpi.it/donne-e-uomini/2271/leone-ginzburg)
Cesena, scioperano le operaie della Arrigoni chiedendo il pagamento delle 192 ore di gratifica natalizia, il pagamento del il deposito delle biciclette, l’assunzione di un operaio ricercato dalla polizia. Nonostante il pesante clima di intimidazione imposto da fascisti e tedeschi, i lavoratori tengono duro e ottengono quanto richiesto.
Grosseto, rilevante il fallimento della leva obbligatoria per la RSI: su 2.176 reclute provinciali, se ne presentano soltanto 307, ventinove delle quali si rendono irreperibili durante il viaggio di trasferimento. I comuni di Manciano, Sorano, Castell’Azzara e Monte Argentario addirittura non forniranno neanche un milite dei circa 300 giovani complessivamente interessati dal bando. Magliano in Toscana fornirà 1 sola recluta sulle 60 dovute, Roccalbegna 4 su 90 e Scansano 6 su 115
6 febbraio: Roma, alcuni istituti ecclesiastici, fra i quali il Pontificio collegio dei sacerdoti per l’emigrazione italiana e il Seminario romano, obbligano gli antifascisti che vi hanno trovato ricovero ad andarsene con “una timida promessa di potervi ritornare”, come annota monsignor Ronca, rettore del Seminario romano.
Siena, il Partito Comunista diffonde volantini incitanti alla diserzione
Casalvieri (Frosinone), due tedeschi uccidono Angela Recchia, la quale era intervenuta per salvare dalla violenza sessuale le due giovani figlie
Sant’Andrea del Garigliano (Frosinone), i tedeschi uccidono in località Case Rinelli quattro persone che si erano opposte a un tentativo di razziare il bestiame. Muoiono Emilio Pontiero, 38 anni; Domenico Pontiero, 34 anni; Carmine Rossi, 71 anni e Raffaele Mazzarella di 22
Montenerodomo (Chieti), durante una razzia i nazisti uccidono 5 persone. Per saperne di più: http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Montenerodomo_Vallonecupo_06_02_44.pdf
7 febbraio: Palermo, l’economista siciliano Giuseppe Frisella Vella, direttore della rivista Problemi siciliani, scrive ad Andrea Finocchiaro Aprile: “Orbene, oggi è giusto che la Sicilia, libera dal nazionalismo italiano, agisca in armonia dell’economia europea e mondiale. Saremo ben lieti di aver contatti con l’Italia, ma non più da colonia, bensì da Stato libero, eguale. La federazione potrebbe dare una certa garanzia; però una federazione intelligente che non sia del tipo di quella tedesca sboccata nel dominio della Prussia”
8 febbraio: Casacanditella (Chieti), in località Val di Foro soldati tedeschi ubriachi uccidono, nella sua abitazione e senza motivo, Concetta D’Amario, 49 anni
9 febbraio: Roma, l’Osservatore Romano, facendo seguito ad un precedente articolo sull’irruzione della polizia fascista nella basilica di San Paolo e dopo varie precisazioni e puntualizzazioni, conclude che “Non è paradossale (…) e tanto meno assurdo che la Chiesa e gli uomini della Chiesa, siano per tutti e per nessuno”.
Roma, la Giunta esecutiva, composta dai rappresentanti dei partiti antifascisti, notifica a Vittorio Emanuele III la richiesta della sua abdicazione.
Zagarolo (Roma), Danilo Vernini viene ferito da soldati tedeschi mentre cerca di sfuggire all’arresto. Muore due giorni dopo nell’ospedale di Zagarolo
Montenerodomo (Chieti), soldati tedeschi sorprendono in contrada Liscia Palazzo, i contadini Francesco D’Antonio, 63 anni e Carmine Mariano di 75. I due sono fucilati sul posto
10 febbraio: Washington, l’Oss dedica un rapporto al ritorno di Palmiro Togliatti, Ercoli, in Italia: “Questo è un fatto decisivo per lo sviluppo del comunismo in Italia; più addentro di qualsiasi altro leader del Pci nelle tattiche segrete dei sovietici, uomo di assoluta fiducia del gruppo dirigente del Cremlino, può saldare l’anello mancante nella catena che lega l’Italia comunista alla Russia di Stalin. Ercoli è a conoscenza dei piani sovietici per l’Italia e deciso a realizzarli nel quadro della politica internazionale sovietica. Egli sa bene che i problemi italiani contano per il Cremlino, contrariamente a quanti pensano (tra questi i tanti ‘compagni di strada’ americani) che l’espansionismo russo si fermi prima del Mediterraneo (…) Il capo comunista inoltre, di ritorno dall’esilio, non confonderà l’urgenza con la fretta e affronterà soprattutto tre problemi. Primo: per la prima volta nella storia del partito cercherà di agganciare i lavoratori agricoli del Sud (…) Secondo: affronterà il caso dei dissidenti cercando di riassorbirli (…) oppure di distruggerli una volta per tutte. Terzo: porterà avanti la politica di fusione con il Partito socialista, anche se la cosa è resa difficile dalla mancanza di un interlocutore socialista all’altezza. L’unità socialcomunista è uno dei temi più importanti della futura politica italiana e faremo bene a seguirlo attentamente”.
Milano, il Comitato segreto d’agitazione del Piemonte, della Lombardia e della Liguria diffonde un manifesto che contiene una serie di rivendicazioni sindacali, e conclude: “Dobbiamo rifiutarci di continuare a produrre per la guerra fascista”.
Castelmaggiore (Bologna), accuratamente preparata si svolge una manifestazione di donne e contadini davanti alla sede del commissario prefettizio, chiedendo “più latte, più grassi, più zucchero”. Contemporaneamente scendono in sciopero i lavoratori della fonderia Barbieri sottolineando la giustezza delle richieste dei manifestanti e avanzando un’ulteriore richiesta di 120 copertoni di bicicletta. I manifestanti reagiscono vigorosamente contro l’intervento dei fascisti.
Roccatederighi (Grosseto), l’ispettore fascista Secreti scrive alla Divisione Affari generali e Riservati del Ministero degli Interni e, tornando sulla questione ebraica, mostra chiaramente la responsabilità più che la complicità delle autorità fasciste nella spietata persecuzione: “L’aver accentrato nel campo di Roccatederighi gli ebrei già residenti in provincia, è causa di pietismo e di continue moleste pressioni alle Autorità politiche e pertanto sarebbe opportuno disporne l’avviamento in campi di concentramento più lontani”
Montenerodomo (Chieti), in Contrada Pizzi i tedeschi fucilano il contadino Francesco Carmine di 66 anni. Destino vuole che un mese dopo anche la moglie sarà assassinata da soldati tedeschi
11 febbraio: una parte del governo Badoglio si sposta a Salerno. Gli alleati restituiscono all’amministrazione italiana quasi tutto il territorio conquistato, tranne alcune zone di rilevanza strategica come Napoli. Il Comitato di liberazione nazionale si oppone al governo militare formato da Badoglio chiedendo che venga formato un esecutivo di unità nazionale con i leader delle formazioni antifasciste in rappresentanza del Cln. Il Cln sottoscrive un documento, 6 aprile, che ribadisce quanto già emerso nei preliminari intercorsi tra il dicembre 1943 e il febbraio del 1944. Questi colloqui, condotti da Enrico De Nicola, servirono soprattutto a impedire la definitiva frattura tra la monarchia e i partiti antifascisti. L’accordo del 6 aprile viene confermato in un messaggio radio letto da Vittorio Emanuele III
Faenza, fucilati dai fascisti per rappresaglia dopo l’uccisione del sottufficiale repubblicano Aristo Macola, Pietro Violani, Romolo Cani, Silvio Rossi e Armando Marangoni. Mario Casadei e Edoardo Pezzi sono condannati rispettivamente a 24 e a 30 anni di reclusione
12 febbraio: Salò, il Consiglio dei ministri della Rsi approva il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese (socializzazione). La norma non verrà mai applicata.
13 febbraio: Palermo, in una riunione del Comitato per l’indipendenza della Sicilia, Andrea Finocchiaro Aprile chiede che Alto commissario per l’isola venga nominato Francesco Musotto. Nel caso, invece, venisse nominato un generale il Comitato proclamerebbe la disobbedienza totale agli ordini del governo Badoglio, compreso il rifiuto di presentarsi ai distretti militari in caso di mobilitazione generale e quello di pagare le tasse.
Liguria, sbarca accolta da Ottorino Balduzzi, una missione alleata comandata dal tenente Gianni Menghi, che ha collegamento diretto radiotelegrafico con il Dipartimento di Stato americano e che deve “svolgere un’attività informativa a carattere prevalentemente politico”.
Roma, monsignor Anichini, canonico di san Pietro, in una nota a Pio XII fa osservare che l’allontanamento forzato degli antifascisti dagli istituti religiosi li espone ad un pericolo certo, da incerto qual era.
Oradour (Francia), le truppe tedesche massacrano per rappresaglia i 635 abitanti del paese. Si salva soltanto una donna. Dopo la guerra, il Generale Charles de Gaulle decise che il villaggio non sarebbe mai più stato ricostruito. Invece, sarebbe rimasto come memoriale della sofferenza francese sotto l’occupazione tedesca. Nel 1999, il presidente Jacques Chirac dedicò un centro visitatori a Oradour-sur-Glane e ribattezzò il luogo “Villaggio Martire”
Oristano, al termine di un convegno dei partiti antifascisti, viene approvato un ordine del giorno che auspica la “continuazione della collaborazione nell’ordine tecnico, amministrativo ed economico” con l’Alto commissariato istituito in Sardegna dal governo Badoglio e respinto quello proposto da azionisti, socialisti e comunisti di sospendere ogni decisione “in attesa di chiarimenti definitivi da parte della Giunta esecutiva”.
Reggio Emilia, il vescovo Brettoni pubblica sul Bollettino Diocesano una lettera pastorale di protesta per la fucilazione di Don Pasquino Borghi.
Cittadella Ducale (Rieti), in località Santa Rufina un soldato tedesco uccide in circostanze rimaste ignote Ottavio Iacuitto
14 febbraio: Udine, si riuniscono nel Tempio Ossario, democristiani ed azionisti per concordare la formazione della brigata partigiana Osoppo. Già dagli ultimi giorni del 1943 si erano costituiti i primi gruppi a Treppo Grande, Attimis e nella Bassa friulana per iniziativa di don Ascanio De Luca, Manlio Cencig e don Redento Bello. Tutti e tre erano in contatto a Udine con don Moretti, con Alviero Negro di Muzzana e Italo Zaina di San Giorgio Nogaro. L’organizzazione clandestina, che ancora non si era data una struttura organica, poteva già contare su un migliaio di uomini.
L’esecutivo Alta Italia del Partito d’azione scrive, in una circolare, che “pur non corrispondendo interamente ai nostri desideri, il congresso di Bari ha tuttavia sventato gli ultimi tentativi del re e di Badoglio di crearsi una base politica ed ha nettamente posto la candidatura del Cln al potere”. Nel corso di una riunione, inoltre, l’esecutivo discute sul da farsi nel periodo dell’interregno fra la ritirata delle truppe tedesche e l’arrivo di quelle alleate, ritenuto ormai prossimo.
Milano, il CLNAI proclama: “Il Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia risponde con la seguente dichiarazione al bando del sedicente ministero dell’interno, nominato dalle autorità di occupazione hitleriane, con l’incarico di perseguitare ed opprimere il popolo italiano. Tutti coloro che applicheranno il bando di fucilazione sul posto dei patrioti volontari della libertà, sorpresi in possesso di armi, saranno ritenuti colpevoli di alto tradimento verso la patria e come tali condannati a morte. I criminali che non saranno raggiunti dalla giustizia delle formazioni armate patriottiche, verranno inflessibilmente giudicati domani dai tribunali popolari”.
Reggio Emilia, ucciso un capitano della GNR. Il Capo della Provincia ordina il divieto della circolazione delle biciclette, comprese quelle condotte a mano, dalle ore 18 alle ore 5,30
Colledimacine (Chieti), in località Colagrosse i tedeschi uccidono Raffaele Di Martino durante il trasferimento, insieme ad altre dieci persone, verso il campo di lavoro di Palena. In località Tre Colli (nel territorio di Lettopalena) muore invece Luigi Pignetti di 55 anni, freddato con un colpo di pistola dopo che era stato colpito da un malore
Montenerodomo (Chieti), ucciso con una raffica di mitragliatrice il contadino Francesco D’Antonio, 42 anni. L’uomo stava recuperando dei viveri dalla propria abitazione per raggiungere, poi, la famiglia sfollata a Roccascalegna
15 febbraio: l’Abbazia di Montecassino (Frosinone) è rasa al suolo da un bombardamento alleato nonostante non ospitasse, come invece ipotizzato, truppe tedesche.
Roma, durante una riunione della direzione del Pci, Giorgio Amendola afferma che “Se non stiamo attenti si formerà un blocco delle destre con Badoglio. Una linea che si affaccia nel Nord e che chiede l’unità del popolo italiano intorno al Pci non mi sembra attuale”.
Il generale Frank Mason Mac Farlane, capo della missione alleata di controllo, comunica a Washington e a Londra che è giunto il momento di fare pressioni sul Re perché abdichi e di ammonire i sei partiti a desistere dal loro proposito di affidare le reggenza ad un governo presieduto da Benedetto Croce: “La prima possibilità – scrive – presenterebbe maggiori vantaggi e minori pericoli della seconda”. Nel dispaccio a Washington Mac Farlane afferma: “I comunisti non rifiutano di collaborare a un governo straordinario sotto il principe della Corona, ma per la decisione finale preferiscono attendere il ritorno di Ercoli : la flessibilità della tattica comunista prende in seria considerazione l’ipotesi di un governo provvisorio di emergenza su cui altre forze politiche neppure vogliono discutere”.
Milano, il CLNAI lancia un appello ai lavoratori sottoscritto dai socialisti Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni e dai comunisti Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola: “Il Cln prende un solenne impegno dinanzi al popolo e dichiara che dopo la liberazione del paese le classi popolari, distruggendo ogni paternalismo di tipo fascista che le esclude dalla vita effettiva della nazione, attraverso l’esercizio delle libertà politiche e sindacali e con la diretta partecipazione agli organi del potere, saranno realmente chiamate ad abbattere il predominio della plutocrazia finanziaria fascista e fonderanno una nuova democrazia popolare che tragga forza e autorità unicamente dal popolo”.
16 febbraio: Alcide De Gasperi afferma, sul tema dell’unità sindacale, che “Dopo avere ottenuto per la prima volta nella storia d’Italia una solenne dichiarazione di rispetto e tolleranza religiosa, il respingere questa mano senza gravi ed evidenti motivi sarebbe pericoloso. Noi verremmo certo tagliati fuori da ogni influsso nell’industria e anche nell’agricoltura, se scoppiasse la lotta reggeremmo a fatica. Se in qualche parte il clero potrà fare eccezioni, in molte altre ce le farebbe più aspre contro la nostra intransigenza che avrebbe provocato la lotta anticlericale (…) Anche l’implicito riconoscimento dell’equipollenza e dell’equiparazione morale e tecnica della corrente cattolica, costituisce un termine che una volta appariva lontanissimo. Non bisogna sottovalutarlo, né dal punto di vista religioso, né da quello politico. L’esperimento è pieno di rischi ma vale la pena di essere fatto. Se si pensa al danno che ne verrebbe rompendo, si comprende subito il valore della soluzione positiva”.
Abbadia San Salvatore (Siena), diffusi volantini che invitano gli operai a stare in guardia contro le precettazioni per il lavoro in Germania
Palena (Chieti), durante un’operazione di polizia alla ricerca di un partigiano, i tedeschi – guidati da un sergente delle SS – catturano una decina di cittadini e ne fucilano 4 in piazza: rimangono esanimi a terra Antonio DI Falco, 52 anni, e Alfonso Carrozza, 21 anni. Falco Delfini, riusce a rientrare in convento grondante di sangue in volto, ma è ucciso l’indomani da militari tornati sul posto. Aveva 25 anni. Guglielmo Taraborrelli, 36 anni, malgrado sia ferito in viso e ad un braccio, si finge morto e riesce così a salvarsi
17 febbraio: in un memorandum del Quartiere generale alleato alla sottocommissione per l’Industria e il commercio della Acc (Allied Control Commission) si afferma che “nessuna ricostituzione industriale doveva essere intrapresa nell’Italia liberata che non fosse: 1) assolutamente necessaria alle necessità militari mentre la guerra è in atto; 2) essenziale alle necessità minime della popolazione nelle varie zone”.
18 febbraio: la repubblica di Salò reintroduce la pena di morte per i renitenti alla leva.
Catania, il gruppo giovanile del Comitato provinciale per l’indipendenza siciliana vota un ordine del giorno nel quale afferma di “non riconoscere l’azione del governo Badoglio (…) se non come l’azione di un governo neofascista, tirannico ed usurpatore” e di “volere lottare con tutte le proprie energie a fianco dei fratelli siciliani per la libertà e l’indipendenza”.
Frassinoro (Modena), partigiani reggiani e modenesi disarmano il presidio fascista di Frassinoro e, occupato il paese per l’intera giornata, distribuiscono alla popolazione il grano dell’ammasso. Anche l’ammasso di Morsiano è svuotato.
18 – 20 febbraio: Salerno, si svolge il congresso sindacale nazionale organizzato da Enrico Russo e Dino Gentili per procedere alla riunificazione delle due organizzazioni operanti nell’Italia meridionale. A conclusione dei lavori, il congresso delega Dino Gentili suo rappresentante con gli alleati, e lo stesso Gentili affiancato dal socialista Costantino Sciucca e dal comunista Marroni come portavoce con la Giunta esecutiva, per sollecitare la formazione di un governo straordinario.
16 – 17 – 18 febbraio: Forlì, sciopero per impedire una rappresaglia contro dieci antifascisti detenuti da tempo. Scioperano le maestranze della Mangelli, della Battistini, Fantini, Becchi, Saviotti, Forlanini. Scioperano anche i dipendenti della carrozzeria Bartoletti, della Bondi, dell’IRSICA, della Società Fumisti, della Benini, dell’Eridania. Contemporaneamente anche le operaie dell’Arrigoni scendono in sciopero reclamando i loro diritti e per protestare contro il rischio di rappresaglia di Forlì. Nonostante le pesanti intimidazioni i lavoratori riescono a impedire la fucilazione dei dieci detenuti.
19 febbraio: Catania, Isidoro Piazza scrive ad Andrea Finocchiaro Aprile preannunciando la nascita della Lega giovanile separatista: “A me si uniscono tutti i giovani studenti ed operai che aderiscono a noi. Tutti, dal primo all’ultimo, siamo fieri di lottare fianco a fianco per il bene della nostra madre comune. Nessun ostacolo ci fermerà nel nostro cammino. La nostra fede è nella Sicilia e per essa noi siamo pronti a sacrificarci uno per uno. In lei, nostra guida e nostro capo, riponiamo le nostre speranze”.
19 – 20 febbraio: Ravello (Sa), Enrico De Nicola incontra Vittorio Emanuele III al quale propone di nominare luogotenente del regno il figlio Umberto, la cui carica diventerebbe esecutiva solo dopo la conquista di Roma da parte degli alleati. Il Re accetta.
20 febbraio: Salò, in un Appunto per il Duce, si ricostruiscono la vita e le imprese di Ezio Maria Gray, che nei rapporti di polizia e carabinieri del 1927-28 veniva concordemente definito “affarista di pochi scrupoli”. Protettore di Umberto Salvarezza, Gray sarà, nel dopoguerra, parlamentare del Msi
Meldola (Forlì), durante un’operazione di controllo del territorio in località Ricò, militi della GNR uccidono Massimo Mengozzi, commerciante di 39 anni perché, a loro dire, non si è fermato all’intimazione dell’alt. Arrestati invece Angelo Maltoni e Adelmo Zanchini.
Per saperne di più: http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/RICO%20DI%20MELDOLA%2020.02.1944.pdf
21 febbraio: Vittorio Emanuele III informa il generale MacFarlane di aver assunto la decisione di nominare luogotenente del regno il figlio Umberto a condizione che Badoglio rimanga capo del governo e solo dopo la liberazione di Roma
21 – 22 febbraio: Modena, al Poligono di Tirono sono fucilati Arturo Anderlini, 48 anni e Alfonso Paltrinieri, 50 anni, Nella sua cella muore “misteriosamente” Fortunato Cavazzoni, 60 anni. I tre erano attivi nell’assistenza ai militari alleati sfuggiti alla cattura
22 febbraio: Londra, Winston Churchill pronuncia alla Camera dei Comuni il discorso della caffettiera sull’Italia, a sostegno del governo Badoglio e della monarchia.
Salerno, il vescovo Nicola Monterisi scrive al prefetto Arturo Vacca De Dominicis: “Il comunismo prima di essere una forma sociale e politica, è un’eresia piena, quale non apparve da secoli, e come tale io e il mio clero lo dobbiamo combattere (…)”.
23 febbraio: Roma, Pio XII in un messaggio ai quaresimalisti romani, riferendosi ai cattolici comunisti, accenna ad “alcune nuove e pericolose dottrine e tendenze che trovano buon viso e sequela fra non pochi giovani che si professano cattolici”e cita la Quadragesimo Anno: “Quelli che vogliono essere apostoli tra i socialisti dovranno professare apertamente e sinceramente nella sua pienezza e integrità, la verità cristiana e in nessun modo essere conniventi con gli errori”.
24 febbraio: Bologna, i gappisti sparano a Pericle Ducati. Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile. Ducati fu anche membro del Consiglio Superiore per le Antichità e le Belle Arti ed autorevole membro di varie accademie italiane ed estere (accademico dei Lincei dal 1936); studioso dell’arte classica ed etrusca al momento dell’attentato era preside della facoltà di Lettere. Tradizionalmente nazionalista, dopo l’Armistizio aveva aderito alla RSI. Gravemente ferito due “gappisti” mentre in bicicletta stava varcando l’andito della propria casa, Ducati sopravvisse all’agguato, ma morì per i postumi del ferimento il 28 ottobre dello stesso anno in una clinica di Cortina d’Ampezzo
Chieti: i tedeschi uccidono nel sonno, in località Madonna delle Grazie, Raffaele Faraone, contadino, 54 anni. Era considerato una spia per la sua conoscenza dell’inglese appreso durante l’emigrazione negli Stati Uniti
25 febbraio: Roma, nel corso di una riunione della direzione del Pci, Novella afferma che “dati i rapporti di forza (è) impossibile ottenere i due obiettivi di governo straordinario e di allontanamento di Badoglio. Rendere più elastica – continua – la nostra posizione sia in relazione ai problemi straordinari sia sulla persona di Badoglio”.
L’Oss, nel rapporto Communists in Italy, osserva sul conto di Palmiro Togliatti: “In qualche modo l’evoluzione ideologica del Comintern e del Pci si riflette sull’evoluzione delle qualità personali di Ercoli. Negli anni Venti sembrava totalmente settario e duro. Dalla metà degli anni Trenta in poi è diventato chiaramente più malleabile, più ‘ragionevole’ e più cooperativo nei modi e nelle opinioni e ha dimostrato una considerevole agilità nell’osservare e cercare di manipolare persone e movimenti non comunisti”
26 febbraio: Palena (Chieti), Giuseppe Masutta è ucciso a colpi di fucile da un soldato tedesco mentre tenta di sfuggire alla cattura
28 febbraio: Palermo, si costituisce il primo gruppo della Lega giovanile separatista, promosso dai fratelli Pietro e Nicolò Notarbartolo di Montallegro e da Pietro Giganti.
Piacenza, sciopero di un’ora alla Massarenti. Per tutta risposta vengono militarizzate le maestranze stesse, ma le agitazioni continueranno anche nei giorni seguenti.
29 febbraio: Washington, il presidente americano Flanklin Delano Roosevelt invia un dispaccio a Winston Churchill comunicandogli la impossibilità, per ragioni di politica interna, di “tenere forze americane in Francia” dopo la fine del conflitto: “Dovrò riportarle tutte in patria. Come avevo suggerito altre volte, rinnego e rifiuto la paternità di Belgio, Francia e Italia. E’ lei che deve allevare i suoi figli. Visto che dovranno farle da scudo in futuro, dovrebbe per lo meno pagare la scuola per loro”.
Milano, il Partito comunista trasmette a tutti gli organismi di fabbrica operanti nel nord Italia le disposizioni per lo sciopero generale indetto per il giorno successivo. Proclamato in tutto il Settentrione, lo sciopero ottiene una notevole adesione.
Abbadia San Salvatore (Si), manifestazione di donne e ragazzi che rivendicano un aumento della razione di farina e di grano. Prima di sciogliere il corteo lasciano nei locali del municipio una vecchia corona funeraria con la scritta “Per il Podestà ” e cantano “Bandiera Rossa”
Reggio Emilia, ucciso presso Villa Canali il commissario politico del fascio repubblicano di Campegine
Febbraio: Roma, si forma il Movimento Unionista Italiano, gruppo spionistico della Rsi. E’ diretto da Antonio Bigi. Il gruppo sarà scoperto nel maggio dello stesso anno
Forano (Rieti), un gruppo di militari tedeschi di stanza a Firenze e diretto al fronte di Nettuno, usciti da un’osteria, spara senza motivo verso una casa colonica, a qualche centinaio di metri dalla strada. Enrico Marconi, contadino, è gravemente ferito come la nipotina Anna, di quattro anni. Trasportati all’ospedale di Magliano Sabina, solo la piccola sopravvive.
1° marzo: inizia lo sciopero generale, promosso dal PCI e approvato dagli altri partiti del CLN, nelle regioni italiane occupate dai tedeschi. Tutte le produzioni vengono bloccate. Per le dimensioni e per il carattere politico, l’agitazione avrà ampia risonanza nei paesi alleati. Arrestati e deportati in Germania, centinaia di lavoratori. Diversamente da quelli dell’anno precedente, l’agitazione non nasce improvvisa ma è preparata da mesi dai comitati segreti d’agitazione, quasi tutti guidati dai comunisti, in stretto collegamento coi Cln. Secondo dati di parte fascista, gli scioperanti sono complessivamente 208.000; il generale tedesco Wolf parla di 350.000; i Cln parlano di 350.000 per la sola Lombardia, 150.000 in Piemonte, 100.000 nel Veneto. Gli obiettivi sono economici (salari e razioni alimentari) e politici (cessazione della deportazione di manodopera in Germania e del trasferimento dei macchinari, sospensione della produzione di guerra). Le parole d’ordine più strettamente politiche dell’agitazione sono sintetizzate nel proclama del comitato di agitazione torinese: “Se non cessano gli arresti arbitrari, le violenze e le deportazioni non si lavora. Tutti i patrioti devono essere liberati. Né un operaio, né un giovane, né una macchina devono andare in Germania! Alla violenza nazifascista gli operai risponderanno con la violenza. I partigiani e le squadre garibaldine di azione patriottica sono entrati in azione. Viva lo sciopero generale rivendicativo politico”.
Lo sciopero operaio, iniziato a Milano, Torino e in numerosi altre città del Nord, si estende ai braccianti e ai mezzadri di Toscana ed Emilia Romagna, a diversi giornali (il Corriere della Sera non esce per tre giorni), ai servizi pubblici, agli studenti universitari che, a Milano, disertano le lezioni degli insegnanti fascisti e li cacciano dall’ateneo. Le brigate di montagna, Gap e i Sap di città intervengono in appoggio militare agli scioperanti.
Su La Fabbrica organo della federazione comunista milanese, appare un messaggio del Cln di Sesto San Giovanni al Clnai: “E’ sembrato strano l’assenteismo del Comitato di liberazione nazionale durante e dopo il grandioso sciopero dei sette giorni, come se i problemi del lavoro non fossero di sua competenza. Si può obiettare che lo sciopero aveva un carattere esclusivamente economico, ma a ciò si può rispondere che interrompere la produzione, richiedere generi alimentari, rivendicare il diritto a un trattamento dignitoso, manifestare una solidarietà così imponente, erano fatti non solamente economici, tanto più che per la classe lavoratrice lo sciopero era l’unico mezzo per collaudare le sue possibilità organizzative e per avere la conferma del grado di combattività e di potenza della massa lavoratrice e non solo operaia”.
Parma, mezza giornata di sciopero alla Bormioli. Scioperi parziali in altre aziende, ma nei posti di lavoro delegazioni operaie presentano le loro rivendicazioni. Nel reggiano ci sono alcune astensioni complete dal lavoro e una parziale alla Fornace Lamizzone di Correggio (Re). Nel modenese si svolgono due scioperi: alla FIAT Grandi Motori dalle 9 alle 12 e alla fonderia Focherini di Mirandola, dove lo stop è più breve.
A Bologna inizia una mobilitazione senza precedenti. Con fermate in tempi diversi, scioperano i lavoratori della Ducati, Calzoni, Weber, SASIB, ACMA, Giordani, OMA, calzaturificio Montanari, SAMA, Baroncini, SALM. Si fermano quattro fornaci, l’azienda tranviaria e quella del gas, l’officina materiale mobile delle FFSS, la Pecori e la Hatu. Alle prime luci del giorno i GAP fanno saltare i binari di alcune linee ferroviarie alla periferia di Bologna, per ostacolare l’afflusso dei pendolari in città. La Ducati è occupata dai tedeschi che arrestano 5 operaie e nove operai. Alla Calzoni interviene direttamente il questore. Dove non intervengono direttamente i tedeschi lo fanno i fascisti, come alla Weber e alla SASIB. Lo sciopero si estende alla SAM di Anzola e nei distaccamenti della Ducati di Bazzano e Crespellano. Scioperano compatti i lavoratori della Barbieri di Castelmaggiore e della Cartiera della Lama di Marzabotto.
Il giorno successivo scioperano per la prima volta le cento operaie della VITAM di Castelmaggiore. Il 3 marzo scioperano gli operai della Baschieri & Pellagri di Castenaso e del Pirotecnico. A Castenaso, contemporaneamente allo sciopero degli operai della Baschieri & Pellagri, un folto gruppo di donne manifesta davanti al municipio
Contemporaneamente si svolgono manifestazioni popolari in molti centri della regione.
Cesena, sciopero alla Arrigoni. Il lavoro riprende solo dopo l’assicurazione da parte della direzione, dell’accoglimento delle richieste.
Parallelamente agli scioperi nelle industrie, si sviluppano agitazioni nelle campagne, soprattutto nelle province di Reggio Emilia e Bologna. A Montecavolo (RE), quattro persone sono arrestate e deportate in Germania. A Reggio Emilia il Comitato di difesa dei contadini, da indicazione nelle campagne di partecipare allo sciopero in segno di solidarietà e su propri obiettivi. Ad Argelato (BO), i dimostranti, principalmente donne, distruggono gli uffici del comune. A Castelmaggiore (BO), donne e contadini manifestano davanti al municipio. Al commissario prefettizio sono poste le seguenti rivendicazioni: possibilità di comperare liberamente e direttamente i prodotti dai contadini, soppressione degli ammassi, cessazione della chiamata alle armi, abolizione della pena di morte per i renitenti, rilascio degli arrestati. nei giorni successivi i fascisti compiono alcuni arresti.
Minerbio (BO), le agitazioni si protraggono per tre giorni consecutivi.
Bazzano (Bo), manifestazione di piazza a sostegno dello sciopero operaio. Manifestazioni analoghe anche a Funo, Baricella, Calderara, Castelmaggiore, Castenaso, Crespellano, Granarolo, Medicina, Monteveglio e in altre piccole borgate
La Gnr informa che il commissario supremo del Kusterland, Reiner, ha deciso di opporsi con tutti i mezzi affinché la socializzazione delle imprese non abbia applicazione nelle zone da lui amministrate nel nord est italiano.
Abbadia San Salvatore (Si), quasi tutta la popolazione amiatina aderisce allo sciopero dei minatori e manifesta contro i nazifascisti. Circa duecento fascisti armati, accorsi da varie parti anche con mitragliatrici, si danno a devastazioni, bastonature ed arresti.
Montecavolo di Quattro Castella (Reggio Emilia), bloccato un pullman della SARSA e due militi che si trovavano sul mezzo vengono aggrediti e disarmati dalla popolazione che, aderendo allo sciopero, stazionava sulla strada. Per rappresaglia il paese è messo a soqquadro e varie decine di persone arrestate. Ordinata la chiusura temporanea degli esercizi pubblici di Montecavolo e il sequestro di tutti gli apparecchi radio. Inflitta inoltre alla popolazione una multa di L. 50.000
La Spezia, gli operai delle principali fabbriche della città si fermano ed entrano in sciopero, bloccando la produzione industriale della città. Gli stabilimenti di Termomeccanica, O.T.O. Melara, Pertusola e tutta l’attività del porto riprenderanno solo dopo tre giorni. Molti scioperanti sono arrestati e successivamente deportati in Germania.
Uno riepilogo redatto dal Comando generale rivela che i carabinieri in servizio nella Rsi sono 44.198 di cui 790 ufficiali, 8.253 sottufficiali e 35.155 appuntati e carabinieri.
2 marzo: Milano, militi fascisti prelevano dalle loro abitazioni numerosi tranvieri per obbligarli a riprendere il servizio.
Ravenna, le operaie della saccheria Callegari, in sciopero, ottengono l’accettazione delle loro richieste, ma 12 lavoratrici sono fermate. Per protesta contro gli arresti, lo sciopero continua anche il giorno dopo. Altri arresti sono compiuti nei giorni successivi. Le operaie della Callegari sciopereranno di nuovo il giorno 8.
Calderara di Reno (BO), “un forte gruppo di donne del popolo sono penetrate negli uffici comunali, reclamando la mancata distribuzione di olio e burro e la maggiorazione delle razioni di pane e carne ed inveendo contro i funzionari”.
Castelmaggiore (Bo), le cento operaie della Vitam – azienda che produce surrogati alimenari – scendono in sciopero affianco dei lavoratori della Barbieri
3 marzo: Roma, arrestato Umberto Bianchi. Scarcerato invece Umberto Salvarezza, nonostante fosse stato arrestato in flagranza di reato per reati comuni.
Milano, il Clnai diffonde un ordine del giorno nel quale “riconosce nello sciopero generale degli operai, impiegati e tecnici delle regioni settentrionali del Paese e nella simpatia della popolazione tutta che circonda il lavoratore in lotta, il segno della sicura rinascita della Patria e della sua prossima liberazione; si rivolge agli industriali affinché, nello spirito dell’unità della nazione risorgente, ripudino la collaborazione con il nemico tedesco e coi traditori fascisti, accolgano le legittime richieste dei lavoratori ed effettuino a questi ultimi il pagamento delle giornate di sciopero e di sospensione del lavoro ordinata col pretesto della scarsità di energia elettrica”. Il Clnai informa i Cln regionali della delega ricevuta da Roma per la guida del movimento partigiano: “Vi comunichiamo che, su delega del Comitato centrale di liberazione, si è costituito il 7 febbraio 1944 il Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia, composto da rappresentanti designati dalle Direzioni dei 5 partiti aderenti. Vi preghiamo di trasmettere questa comunicazione a tutti i Comitati provinciali dipendenti. Vi informiamo che trasmetteremo fra breve una circolare contenente norme e istruzioni sul funzionamento e l’azione da svolgere da parte dei singoli Comitati”.
Roma, un folto gruppo di donne si raduna dinanzi alla caserma di viale Giulio Cesare per chiedere la liberazione dei loro uomini rastrellati dai tedeschi. I militari di guardia aprono il fuoco uccidendo Teresa Gullace, madre di 5 figli e in attesa del sesto.
Napoli, i dirigenti dei partiti antifascisti si incontrano con i rappresentanti della Commissione alleata di controllo ai quali chiedono il rilascio degli operai arrestati nei giorni precedenti per impedire lo sciopero di protesta contro le dichiarazioni fatte da Winston Churchill il 22 febbraio. Il generale Mason Mac Farlane aveva minacciato anche di procedere all’arresto dei dirigenti dei partiti antifascisti.
Il Comando generale dei carabinieri, in un suo rapporto, rileva che il messaggio di Pietro Badoglio ai siciliani, in occasione del ritorno dell’isola sotto l’amministrazione italiana, è stato accolto con un “senso di vera e propria indifferenza” dal “grosso pubblico delle città capoluogo e degli altri centri dell’isola disposto ad ingrossare le fila del partito che assicuri il pane. In tutti gli strati sociali si ha l’impressione che le parole del Maresciallo Badoglio preludano ad una chiamata alle armi e la preoccupazione si va generalizzando (…)”.
Siena, la Resistenza cittadina diffonde un volantino che informa degli scioperi in corso a Milano. Contemporaneamente lo sciopero si diffonde a Santa Croce sull’Arno e in altre zone della Valdelsa e dell’ Empolese
4 marzo: Napoli, fallisce lo sciopero generale indetto dai partiti antifascisti per protestare contro il discorso di Churchill del 22 febbraio e dichiarato illegale dagli Alleati. Nella riunione indetta dal governatore Charles Poletti in Prefettura per dissuadere i partiti dallo sciopero, è presente il capitano maltese Edward Scicluna.
Palermo, è annunciata la nomina di Francesco Musotto, già prefetto della città, ad Alto commissario per la Sicilia.
Effettuati centinaia di arresti fra coloro che le forze di sicurezza fasciste e tedesche hanno individuato come i dirigenti dello sciopero generale del 1° marzo.
L’ambasciatore tedesco in Italia, Rudolf Rahn, invia a Berlino un dispaccio per comunicare che lo sciopero, proclamato il 1° marzo, “ha scopi politici di carattere comunista” e che gli industriali hanno assunto un atteggiamento prudente “per non compromettersi con gli operai”.
5 marzo: Varese, un comunicato rende noto che “le autorità germaniche hanno messo in campo di concentramento 50 scioperanti da fare proseguire per altra destinazione”.
6 marzo: il generale Wilhelm Keitel invia all’ambasciatore tedesco, Rudolf Rahn, copia di un telegramma in cui sono riportati gli ordini personali di Adolf Hitler che impongono la deportazione in Germania del 20 per cento degli operai che hanno scioperato dal 1° marzo.
Castel di Ieri (Aq), nel pomeriggio si presentò proveniente dall’Aquila, una delegazione di leva della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) della 130a Legione, per convincere al reclutamento i pochi giovani rimasti in paese. La popolazione immediatamente si dimostrò ostile. La mattina successiva in località “Aia della fonte” morirono, in uno scontro con la popolazione, due militi Lorenzo Russo e Giuseppe Giampiccolo. Verso le 05,30 del 9 marzo il Presidente del Tribunale, il Maggiore Camillo Gaspardini pronunciò la sentenza di condannava a morte per l’omicidio dei due repubblichini per i contadini Giuseppe Campomizzi e Giovanni Concezio Di Benedetto. I due condannati fecero domanda di grazia, che fu rifiutata. Gli furono negati anche gli ultimi desideri. Il primo a cadere, impassibile, sotto il fuoco dei repubblichini, fu Giovanni Di Benedetto. Il plotone di esecuzione era comandato dal sergente Nunzio Colitto
7 marzo: Milano, arrestato Galileo Vercesi, rappresentante della Dc nel ClnaI. Sarà successivamente fucilato a Fossoli
Opicina (Trieste), i tedeschi catturano – probabilmente in seguito ad una spiata – e impiccano Rosalia Kocjan Gulič, 59 anni, partigiana e madre di sei figli
8 marzo: in Piemonte, Lombardia e Liguria viene diffuso un comunicato rivolto ai lavoratori: “I comitati segreti di agitazione che vi hanno chiamato allo sciopero, vi chiamano ora alla preparazione di questa lotta decisiva. Essi vi dicono: Rientrate nelle officine, negli uffici; riprendete il lavoro, ma rientrate non per capitolare di fronte alla prepotenza avversaria, ma per prepararvi a rispondere alla forza con la forza”.
Il Corriere della Sera rileva che allo sciopero generale del 1 marzo hanno partecipato “(…) 200.000 lavoratori, secondo notizie fornite dalle autorità”.
Mentre cessa al Nord la grande mobilitazione operaia, in Emilia si svolgono ancora tre dimostrazioni. A Granarolo Emilia (BO), 300 donne manifestano davanti al municipio per scarsa razione di viveri e la mancanza di grassi. A Calderara di Reno (BO), un nutrito gruppo di donne reclamano davanti al comune la distribuzione delle quote di grassi arretrate. A Novellara (RE), una cinquantina di donne protesta e chiede maggiori generi alimentari.
9 marzo: il New York Times commentando lo sciopero generale avvenuto in Italia, scrive: “In fatto di dimostrazioni di massa, non è avvenuto niente nell’Europa occupata che sia paragonabile alla ribellione degli operai italiani”.
Monticelli Terme e Scipione (Parma), gli internati ebrei, rastrellati in gennaio a Parma, vengono trasferiti al campo di Fossoli (Modena).
10 marzo: Milano, il ministro delle Finanze della RSI, Pellegrini Giampietro si lamenta con i capi delle province perché le requisizioni ed i sequestri di beni e valori a carico degli ebrei da lui disposti non vengono eseguiti con il dovuto zelo.
Milano, arrestato Carlo Andreoni, insieme ad altri esponenti socialisti.
11 marzo: Roma, nel corso di una riunione della direzione del Pci, Giorgio Amendola afferma “Otto mesi di governo Badoglio, gli impegni internazionali che esso ha preso, hanno creato una nuova prassi costituzionale di cui non si può tenere conto. Se si vuole subito raggiungere il risultato della formazione di un nuovo governo bisogna tenere conto di questa situazione, che imponendo i due principi della continuità istituzionale, anche per necessità internazionali, e della convivenza con l’istituto monarchico, ci impone di rivedere la formula d’ottobre che non mi sembra più adeguata alla situazione (…). La guerra e l’occupazione non permettono di certo di pensare ad una lotta a fondo contro Badoglio”.
Napoli, si svolge una riunione alla quale partecipano, in rappresentanza del gruppo di sindacalisti riunitosi a Bari il 29 gennaio, il comunista Raffaele Pastore, il socialista Giuseppe Laricchiuta, l’azionista Michele Cifarelli e tutti i componenti del direttivo eletti a Salerno nel convegno svoltosi dal 18 al 20 febbraio. Diventa operativa l’unificazione fra i due movimenti sindacali con l’assegnazione alla Cgl di Bari del tesseramento e dell’amministrazione, mentre al gruppo napoletano è affidato l’incarico di mantenere i rapporti con le autorità italiane e alleate. Nel gruppo direttivo sono cooptati Laricchiuta, Pastore e Cifarelli.
Milano, il Corriere della Sera pubblica questo bellicoso comunicato: “Il podestà Eccellenza Parini ha preso, nei confronti dei tranvieri e operai dell’Azienda che hanno partecipato allo sciopero, un provvedimento inteso ad ammonirli che non si scherza in tempo di guerra. Poiché ci sono stati dei danni, è giusto che li paghino i tranvieri. Fatto fare un preciso conto, il minor introito avutosi sui tranvai, nelle giornate del 2, 3 e 4 marzo ammonta a £.1.243.866,65; a questa somma va aggiunta quella di £.782.000 per i danni causati, in seguito agli urti di 121 vetture, dai tranvieri improvvisati. Un totale, quindi, di £.2.025.866,65 che i tranvieri rimborseranno all’Azienda mediante trattenuta che sarà divisa in varie rateazioni, detratte le giornate di paga non riscosse”.
Scalvaia di Monticiano (Si), alcuni giovani che si erano dati alla macchia, sono circondati e catturati dai repubblichini. Durante il combattimento due civili sono uccisi, mentre 10 sono fucilati subito dopo. Altri 4 vengono trasferiti a Siena e fucilati dopo due giorni nella Caserma La Marmora, al termine di un processo sommario
12 marzo: rimosso dalla carica di capo di Stato Maggiore dell’esercito di Salò, il generale Gastone Gambara.
Napoli, nel corso del comizio indetto per protestare contro il discorso di Winston Churchill del 22 febbraio, prende la parola anche Enrico Russo a nome della Cgl unitaria.
Parma: una squadra di partigiani assalta la stazione ferroviaria di Valmozzola per liberare un nucleo di renitenti alla leva catturati nel pontremolese e destinati ad essere processati a Parma. Nello scontro a fuoco persero la vita il comandante della banda partigiana ed alcuni militi fascisti fra i quali due ufficiali della XaMas. I renitenti vennero liberati, i militari superstiti vennero fatti prigionieri, mentre i partigiani, abbandonata la stazione, si rifugiarono nuovamente in montagna. In seguito sei prigionieri vennero fucilati mentre gli altri, tra cui alcuni tedeschi, vennero in seguito liberati. La rappresaglia fascista fu immediata: il 17 marzo, i militi della X Mas prelevarono otto partigiani detenuti nelle carceri di Pontremoli, condotti sul luogo dell’assalto a Valmozzola, vennero fucilati. Tutti tranne uno, graziato all’ultimo momento per la sua giovane età e grazie all’azione persuasiva messa in atto dagli altri condannati, che convinsero il comandante del plotone a risparmiare il giovane il quale, a loro dire, nulla aveva a che fare con il movimento partigiano. Tra i fucilati, due disertori russi che si erano uniti al movimento di Liberazione. Questi i loro nomi: Dino Girini (Lerici, 18 anni), Ubaldi Chierasco (La Spezia, 22 anni), Gino Parenti (La spezia, 20 anni), Angelo Torgu (S. Terenzo, 20 anni), Giuseppe Tendola (Sarzana, 19 anni), Michele Tartufian (Urss, 23 anni), Vassili Belacoski (Urss, 30 anni)
13 marzo: Washington, il presidente americano Roosevelt, scrivendo a Churchill, caldeggia l’allontanamento di Vittorio Emanuele III e il coinvolgimento dei partiti antifascisti nel governo italiano.
Londra, Winston Churchill, rispondendo alla richiesta di Roosevelt di costringere il Re all’abdicazione, risponde duramente: “Le informazioni in mio possesso non mi inducono a ritenere che si sono verificati fatti nuovi importanti, o che le forze alleate siano incapaci di mantenere l’ordine in quelle regioni che esse hanno occupato in virtù della resa incondizionata dell’Italia”. Inoltre, specifica che non vuole “un governo che cercherebbe di consolidare la sua posizione nei confronti del popolo italiano alzando la cresta con gli alleati” e che, invece, bisogna continuare a fare affidamento sul “governo docile e servizievole del Re e di Badoglio”. E aggiunge un giudizio sprezzante su Benedetto Croce: “Apprendo da Mac Millan che Croce è un professore nano sui 75 anni che ha scritto buoni libri di estetica e di filosofia. Non ho più fiducia in Croce che in Sforza. Vysinskij, che ha provato a leggere i suoi libri, li ha trovati persino più noiosi di quelli di Carlo Marx (…)”.
14 marzo: l’Urss, prima tra le nazioni alleate, riconosce il governo Badoglio e poco dopo rientra in Italia Togliatti. Stato d’allarme inglese e Usa
Forni (Udine), un autocarro con a bordo alcuni militi repubblicani scende lungo la strada che da Forni conduce ad Ampezzo. Incontrati per strada due giovani del luogo il tenente Franzolini che comandava il manipolo propose loro di arruolarsi; alla risposta negativa dei due Franzolini estrae la propria arma ed uccide sul posto Gio Batta Candotti, 29 anni, manovale
15 marzo: Londra, Winston Churchill scrive a Roosevelt, commentando il riconoscimento del governo italiano da parte dell’Unione Sovietica: “I russi sono indubbiamente uomini realistici, ma è anche naturale che il loro obiettivo possa essere un’Italia comunista e che possa riuscire loro utile servirsi del Re e di Badoglio fino al momento in cui tutto sia pronto per una soluzione rivoluzionaria”. Churchill afferma che, in Italia, “il governo inglese intende conservare le cose così come sono almeno fino alla liberazione di Roma” e raccomanda di “non rendere note al mondo le eventuali divergenze di vedute esistenti tra i nostri due governi, specie in considerazione della mossa compiuta dalla Russia allacciando relazioni diplomatiche col governo Badoglio senza consultarsi con gli altri alleati”.
Enna, il maggiore americano Rosdice, responsabile provinciale della Commissione alleata di controllo, rileva in un suo rapporto come il governo italiano stenti a riprendere in mano l’amministrazione della Sicilia, tanto che il potere è ancora “al 99% nelle mani del prefetto”: “(…) Questo è inevitabile a causa dell’alto grado di indipendenza amministrativa che la Sicilia ha temporaneamente ottenuto e potenziato principalmente in due modi: in primo luogo perché l’Amg ha creato numerosi uffici regionali con giurisdizione sull’intera Sicilia al posto di uffici generali e ministeri romani; in secondo luogo perché la nostra politica ha indotto a prescegliere dei prefetti ‘politici’ anziché prefetti di ‘carriera’ (cioè funzionari statali di mestiere) (…)”.
18 marzo: il Pci traccia il bilancio degli scioperi avvenuti all’inizio del mese in tutto il Nord Italia. In un documento della Direzione del partito – Considerazioni ed esperienze da trarre dal grande sciopero generale del 1-8 marzo 1944 – mentre si critica l’insufficienza di “manifestazioni di strada” e la “scarsa partecipazione delle popolazioni” in appoggio allo sciopero operaio, si sottolinea che “delle importanti e riuscite dimostrazioni di strada alle quali parteciparono le donne e i giovani e, fatto molto importante, i contadini, si ebbero in Emilia e nella Toscana”.
Milano, Luigi Longo, responsabile del Pci per l’Alta Italia, scrive: “Noi dobbiamo continuare a lottare contro Badoglio ed a lavorare per la creazione di un governo popolare, di un governo espressione del Cln”.
Pietro Secchia, da Milano, scrive al centro del Pci a Roma, riferendosi allo sciopero generale concluso 10 giorni prima: “Se il movimento è riuscito dipende essenzialmente dalle nostre organizzazioni. E’ vero che questa volta eravamo riusciti a fare prendere posizione a favore dello sciopero ai socialisti e agli altri partiti del Cln. Ma per quanto a noi convenga valorizzarli, la loro adesione ed il loro contributo (ed una certa importanza la loro adesione ha senza dubbio avuto, importanza soprattutto politica), detta tra di noi la loro adesione è stata anche questa volta più platonica che attiva, limitandosi questo organismo a votare gli ordini del giorno”.
Palagano (Modena), un rastrellamento dei nazifascisti nelle frazioni di Monchio, Susano e Costrignano si conclude con l’eliminazione di 150 persone. Dopo giorni di schermaglie nella zona di Montefiorino, intervenne l’ufficio germanico di collegamento per l’Emilia che fece affluire sull’Appennino modenese un reparto di paracadutisti della Divisione corazzata Herman Goering, comandato dal capitano di cavalleria, Kurt Cristian von Loeben, accompagnato da reparti della GNR di Modena che circondò la valle del Dragone. Alle prime luci dell’alba del 18 marzo gli abitanti della valle furono svegliati dai colpi di tre cannoni che i tedeschi, dalla Rocca di Montefiorino, sparavano su Susano, Costrignano e Monchio. Muovendo da Montefiorino, da Savoniero e probabilmente anche da Palagano anche i reparti germanici motorizzati si misero in marcia verso i paesi da distruggere. I diversi reparti si erano suddivisi le frazioni e le borgate dove dovevano effettuare le stragi.I paracadutisti della Goering ed elementi della gendarmeria iniziarono la spietata caccia all’uomo. Le povere vittime, tutti inermi cittadini, vennero passate per le armi nei luoghi in cui venivano sorpresi. Una parte di essi fu incolonnata, caricata di armi, munizioni e di beni razziati ed avviata verso Monchio dove, nel pomeriggio, venne “giustiziata”. A Susano, che allora contava circa 250 persone, avvennero le prime uccisioni. Anche gli abitanti di Monchio convinti di non aver nulla da nascondere, non tentarono di fuggire e di nascondersi nei boschi. Don Luigi Braglia, parroco del paese: «Sono le sette del mattino quando comincia il saccheggio e l’orribile strage. Entrano nelle case, spezzano le stoviglie e mandano in frantumi i vetri con i grossi fucili;fanno uscire le donne e i bambini, fanno una scorreria nelle camere, rubano qua e là ciò che loro aggrada, scaricando gli uomini che avevano nel frattempo tenuti fermi sotto la minaccia delle armi e quindi li avviano alla piazzetta in prossimità del cimitero vecchio dove vennero passati per le armi». Quando se ne andarono lasciarono dietro di se 129 cadaveri: 71 a Monchio, 34 a Costrignano e 24 a Susano. Tutti i fatti sono avvenuti in frazioni del comune di Palagano, ma all’epoca questo territorio era parte del comune di Montefiorino. Nell’indicare la strage viene spesso omesso il nome del paese di Savoniero, essendoci stata una sola vittima di questa frazione uccisa inoltre il giorno dopo, presso la rocca di Montefiorino. 27 civili uccisi erano di Cervarolo, frazione del comune reggiano di Villa Minozzo.
19 marzo: l’ambasciatore sovietico a Washington, Andrej Gromiko, presenta al sottosegretario di stato americano, Cordell Hull, un memorandum chiedendo che si giunga ad una composizione della contrapposizione esistente in Italia fra il governo Badoglio e le forze antifasciste, rinviando la questione istituzionale a guerra finita.
Granarolo Emilia (BO), una cinquantina di donne protestano davanti alla sede del fascio repubblicano contro la precettazione dei lavoratori per la Germania. Anche a Medicina (BO), un centinaio di donne invadono il municipio per protestare contro la precettazione. Inoltre le manifestanti affermano che le mondine non lavoreranno senza un adeguamento dei salari e una distribuzione di grassi e copertoni per le biciclette. La manifestazione si ripeterà due giorni dopo: circa duecento braccianti e massaie protestano contro la precettazione e reclamano il “miglioramento delle condizioni alimentari e di salario delle mondariso”. Alcune donne sono fermate e poi arrestate.
Fiorenzuola d’Arda (PC), un gruppo di donne raccoglie – e presenta alle autorità – 200 firme in calce a una petizione con cui si chiede l’aumento della razione mensile di grassi.
20 marzo: Cervarolo di Villa Minozzo (Re), paracadutisti della divisione di SS Herman Goering, al comando del capitano Hartwing, distruggono il paese dopo averlo interamente depredato e dopo aver massacrato donne e bambini. Gli uomini superstiti vengono ammassati in un cortile, denudati, lasciati per ore nella neve. Alla fine 27 di essi vengono fucilati (v.18 marzo)
21 marzo: Bologna, la Gnr denuncia: “Le reclute presentatesi in questi ultimi giorni ai centri di addestramento palesano, nella maggioranza, idee sovversive. Per tale motivo l’11 corrente furono fermati dalla Gnr circa 500 soldati alloggiati nella caserma Cadorna e avviati alla stazione per essere internati. Nell’attraversare la città cantarono l’Internazionale (…) L’11 corrente, alle ore 14 in via Indipendenza e alle ore 15,30 in piazza Galvani, reclute provenienti da Casalecchio e transitanti su vetture tranviarie, cantarono Bandiera rossa inneggiando al maresciallo Tito e gridando Abbasso la repubblica. Intervenuti, i legionari della Gnr spararono alcuni colpi di arma da fuco. I responsabili vennero fermati”.
22 marzo: Montalto di Cessapalombo (Mc), militi fascisti fucilano nei pressi di una scarpata 27 giovani – in gran parte di Tolentino – renitenti alla leva, che si sono arresi dietro la promessa di aver salva la vita
23 marzo: Roma, attacco partigiano, in via Rasella, a una colonna tedesca. Muoiono 33 militari. La rappresaglia, voluta direttamente da Hitler e diretta dal colonnello Herbert Kappler, porterà al massacro di 335 civili alle Fosse Ardeatine. La chiesa condanna il movimento partigiano come elemento di disordine in una situazione già fortemente deteriorata. Tra gli antifascisti si accende la polemica sulle modalità dell’operazione.
Roma, il presidente del Cln Ivanoe Bonomi si dimette dall’incarico, ufficialmente per contrasti interni. Da questa data inoltre, secondo la testimonianza del gappista Roberto Bencivenga “il Comando della Città aperta, tenuto dal generale Chirieleison, e quello della polizia retto dal generale Presti, passarono occultamente ai miei ordini e agirono in pieno accordo con me (…) E’ ovvio – aggiunge – che nessuna azione veramente utile ed efficace io avrei potuto assolvere, senza la generosa azione del generale Chirieleison e del generale Presti”.
Alessandro Barbero racconta via Rasella
23 marzo: Roma, l’Oss informa che “la Giunta(dei partiti antifascisti, ndr)prepara una prova di forza e Badoglio prepara i carabinieri rinforzandoli con elementi fidati, noti al passato regime, mentre come per miracolo fioriscono gruppi e giornali monarchici”. Aggiunge inoltre che “se la Giunta fallisce si dimetterà clamorosamente e passerà la mano a Roma dove il Cln prenderà iniziative politiche tali da mettere gli Alleati di fronte al fatto compiuto”.
24 marzo: Forlì, si sparge la voce che il tribunale straordinario fascista ha condannato a morte e immediatamente fatto fucilare, 5 giovani partigiani. Il comitato d’agitazione operaio decide la proclamazione di uno sciopero di 48 ore. Il CLN pubblica un appello in cui si annuncia la fucilazione e si incita alla lotta. Il lunedì 27, il tribunale si riunisce per giudicare altri nove partigiani. Alle 10 operaie e operai lasciano il lavoro. Si fermano completamente la Mangelli, la Battistini, la Fumisti, la Bondi, la Furlanini, la Becchi, la Bovini, la Caprini, la Zanotti. Allo scioperano partecipano i 500 lavoratori della Todt, mentre giungono in città anche molti contadini e braccianti. Un corteo raggiunge la Caserma Ferdinando di Savoia dove si sta svolgendo il processo. I fascisti provano a sciogliere il corteo, ma si forma nuovamente dirigendosi verso il palazzo del governo. Lo sciopero continua il giorno successivo. Molte donne si recano al cimitero sfilando in silenzio davanti alle tombe dei cinque fucilati. La forza e la fermezza della protesta induce il tribunale a commutare la già pronunciata pena di morte in pene detentive. Rilasciati, invece, gli arrestati durante le due giornate di protesta.
25 marzo: Roma, L’Osservatore Romano, rivolge un appello alla popolazione perché eviti “impulsi violenti [e] atti inconsulti”; alle autorità responsabili dell’ordine pubblico a “provvedere ch’esso non venga turbato da qualsiasi atteggiamento che possa essere a sua volta motivo di reazioni, dando luogo a un’indefinibile serie di dolorose contese”; infine, “a coloro che possono e sanno influire sull’animo dei cittadini, e soprattutto al clero, l’alta missione del persuadere, pacificare e confortare”.
Emilia – Romagna, le federazioni regionali del PCI, del PSIUP e del Partito d’Azione approvano una risoluzione per dar vita al Comitato regionale di liberazione nazionale e invitano le altre forze politiche all’adesione.
26 marzo: Roma, Giorgio Amendola chiede alla giunta militare del CLN romano di assumersi la responsabilità dell’attentato di via Rasella. I democristiani si oppongono e, due giorni dopo, i comunisti si assumono, con un comunicato pubblicato nell’edizione clandestina dell’Unità, la paternità dell’attentato di via Rasella. Lo stesso giorno il CCLN diffonde un comunicato di condanna dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
La sezione R &A dell’Oss commenta in suo rapporto che “se i comunisti entrano al governo, bisogna che entrino anche tutti gli altri, ma se non entrano, la loro opposizione può risultare troppo forte per qualsiasi coalizione governativa”.
Ravenna, a seguito del ferimento da parte dei partigiani di un ufficiale della Gnr, viene limitato l’uso delle biciclette in città e nei sobborghi. Il provvedimento suscita molti malumori: si astengono dal lavoro per protesta braccianti e muratori e molte operaie. Minacce di sciopero avvengono in alcune fabbriche. Nel timore che le agitazioni si allarghino e si intensifichino, i fascisti revocano le limitazioni.
Citta di Castello (Pg), dopo un aspro combattimento durato tutta la notte tra il 26 e il 27 marzo, la Gnr – appoggiata da autoblindati tedeschi – catturra nove partigiani ormai tutti feriti e senza munizioni. Allineati contro un muro in località Villa Santinelli, vengono massacrati a colpi di mitraglia e i loro corpi gettati in una fossa comune scavata nel vicino cimitero
27 marzo: Napoli, rientra in Italia, dopo 18 anni di esilio, Palmiro Togliatti. Nei giorni seguenti si riunisce il Consiglio nazionale del PCI delle regioni liberate. Togliatti fa appello all’unità delle forze antifasciste per condurre la guerra contro i tedeschi, e rinvia la soluzione della questione istituzionale a dopo la conclusione della guerra quando sarà affrontata da un’assemblea nazionale costituente. Il compito più urgente è individuato nella costituzione di un governo di carattere transitorio, ma forte e autorevole per l’adesione dei grandi partiti di massa. Nel corso dei lavori Togliatti delinea inoltre le caratteristiche che il PCI dovrà assumere di fronte ai nuovi impegni che lo attendono nella ricostruzione del Paese, trasformandosi da partito di quadri in una formazione politica capace di aggregare e mobilitare grandi masse di uomini, donne, lavoratori, giovani, intellettuali. Il 2 aprile le Tesi, approvate dal Consiglio del Partito, saranno rese pubbliche con un’intervista di Togliatti all’Unità. Questa presa di posizione, che porterà al superamento della crisi del CLN, sarà ricordata come la svolta di Salerno.
Scheggia (PG), tre giovani fiorentini, di religione ebraica, Alberto Guetta di 22 anni, Pier Luigi Guetta di 19 anni e Piero Viterbo di 22, dopo l’8 settembre 1943 per evitare la cattura e la deportazione, lasciano Firenze e si rifugiano a Ràncana, Frazione del Comune di Scheggia. Una spiata li denuncia al comando delle ss che provvede alla cattura. Tradotti dai nazisti in località Villamagna di Gubbio vengono fucilati ed abbandonati sul posto. Seppelliti nel Cimitero della “Madonna della Cima”, dopo la liberazione, saranno translati nel Cimitero Ebraico di Firenze
Pisa, in località Campo dell’Abetone un plotone della guardia nazionale repubblichina fucila due giovani, Remo Bertoncini e Alberto Dani, condannati a morte dal tribunale speciale alcuni giorni prima, perché renitenti alla leva
Costacciaro (Pg), durante un rastrellamento delle SS sono uccisi dodici persone fra i quali il quindicenne Ugo Fiorucci, i diciassettenni Nazzareno Lupini, ed Ubaldo Fiorucci e il ventenne Benedetto Bugliosi. Quattro maschi della famiglia Fiorucci (detti “del Picchio”, o “I Picchi”) furono sterminati presso il fondo rurale “Bellavista”. I fratelli Giulio e Romano ed i figli di quest’ultimo, Ubaldo ed Ugo, vennero fucilati, perché, in casa loro, fu rinvenuta un po’ di polvere nera ed una miccia che essi usavano per spaccare i ciocchi di quercia. Sempre durante lo stesso rastrellamento, furono uccisi Salvatore Pascolini di anni 46, e sua figlia Fernanda, appena diciannovenne.
28 marzo: Catania, si costituisce la Lega giovanile separatista. La presidenza è assunta da Guglielmo di Carcaci
Monteriggioni (Si), i repubblichini fucilano 19 partigiani appartenenti alla Brigata Garibaldi, attiva tra le province di Siena, Pisa e Grosseto. Erano tutti giovanissimi.
29 marzo: Castelfranco Emilia (Mo), condannati alla pena di morte dal Tribunale militare di Bologna riunitosi a Castelfranco Emilia e fucilati dietro al “Forte Urbano”, 10 giovani partigiani di Renno di Pavullo. Erano stati accusati di renitenza, intelligenza con il nemico e di aver compiuto rapine e ucciso soldati e guardie repubblicane. Al momento dell’esecuzione ciascun condannato fu legato l’uno accanto all’altro ad una barra sistemata ad un metro di altezza e alla base di un terrapieno. Alfredo Bondioli, che avrebbe dovuto essere tra loro ma che, svenuto, era stato condotto in infermeria, ricorda che i suoi compagni furono freddati uno a uno con un colpo di pistola.
30 marzo: Mosca, l’Izvestija scrive che devono esistere “soprattutto gli interessi fondamentali della lotta contro il comune nemico, interessi che esigono l’eliminazione di tutte le cause tendenti a prolungare la guerra. Da ciò risulta che per gli alleati è necessario trovare il modo di riunire tutte le forze antifasciste italiane per la lotta contro la Germania”.
Gorizia, due antifascisti sono fucilati dai repubblichini al Castello (Cfr. http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2085)
31 marzo: Ranne Gragnano di Gorizia, reparti della Decima Mas e un gruppo di SS sorprendono 23 ex militari italiani disarmati, provenienti dal XIII Reggimento fanteria Isonzo, che si erano fermati per rifocillarsi. Solo 3 riescono a fuggire. L’unico ufficiale, un sottotenente, viene immediatamente impiccato con filo di ferro, I 22 soldati, insieme a 10 anziani del luogo, sono trucidati a raffiche di mitra mentre, incolonnati, marciano verso la vicina Anhovo
Pistoia, all’alba, in esecuzione della sentenza di morte per renitenza e diserzione emessa dal Tribunale militare straordinario di guerra, sono fucilati da un plotone di GNR, alla Fortezza di Santa Barbara, quattro giovani: Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Lando Giusfredi e Valoris Poli
31 marzo – 7 aprile: il battaglione Brandenburg era una formazione operativa del controspionaggio militare (Abwehr) paragonabile alle unità di commandos alleati subordinata al comando supremo della Wehrmacht (OKW Abwehr II). Nelle sue file militarono anche numerosi soldati stranieri,francesi, spagnoli, tedeschi nati e vissuti all’estero, uomini con padronanza di lingue straniere da impiegare in azioni oltre le linee. Col progredire della guerra la loro attività si ridusse ad azioni antipartigiane e spesso il personale di lingua straniera fu impiegato nella raccolta di informazioni in abito civile o nell’opera di infiltrarsi tra le formazioni partigiane. Il battaglione operò in collaborazione con forze di polizia e camice nere nelle province di Teramo, Ascoli e nel Lazio e più tardi in Toscana, in Romagna e in Valle d’Aosta. In particolare condusse una serie di dure operazioni di rastrellamento nell’Italia centrale e in quest‘area fu responsabile delle stragi di Montemonaco, Acquasanta e nell‘area di San Ginesio nelle Marche nel marzo 1944. Insieme ad unità di polizia effettuò una lunga serie di rastrellamenti tra il 29 marzo e il 1 maggio 1944 in provincia di Rieti, tra le quali il rastrellamento del Monte Tancia durante il quale numerosi civili furono vittime di un massacro, e nelle province di Macerata, Ascoli Piceno e Perugia.
Marzo: Sassari, la polizia scopre un “Comitato regionale fascista” che pubblica 2 giornali clandestini.
Fine marzo: Ravenna, i braccianti rivendicano un aumento delle tariffe orarie. Le loro richieste, anche grazie a qualche sciopero, saranno accolte.
Marzo: Ravenna, nasce il Comitato di liberazione nazionale provinciale (CLNP). Ne fanno parte comunisti, socialisti, azionisti, cristiano-sociali, repubblicani ed anarchici. Fra gli obiettivi c’è anche l’organizzazione delle categorie, soprattutto agricole, per sottrarre alla razzia tedesca la maggior quantità possibile di beni esistenti in provincia. Su indicazione del CLN sorgono i Comitati clandestini di agitazione sindacale e i Comitati di difesa dei contadini. I Comitati ravennati preparano per la primavera una massiccia protesta nelle fabbriche. Scioperano soprattutto le maestranze femminili della saccheria Callegari e dello jutificio Montecatini, le tabacchine e le mondine del conselicese, le operaie delle aziende ortofrutticole di Massalombarda. I braccianti rivendicano e ottengono un miglioramento delle paghe orarie.
Imola, alla Cogne è preparata una lista di 500 operai da trasferire in Germania. Immediatamente si sviluppa una reazione da parte dei lavoratori, tale da indurre la direzione e i tedeschi ad assicurare che nessuno sarà trasferito in Germania.
Montalto di Macerata, le Brigate Nere fucilano, a più riprese sulla piazza del paese, 31 giovani del luogo.
Primavera: Friuli, si sviluppa un forte stato di tensione tra le Brigate Garibaldi e la Brigata Osoppo: i partigiani jugoslavi rivendicano Trieste e la Vai Natisone, mentre gli osovani sono accesi sostenitori dell’italianità di quelle zone. Le formazioni Garibaldi sono sottoposte una doppia pressione fra i rapporti di opportunità ideologica con i titini e l’orientamento italiano di gran parte dei propri componenti. Verso maggio si registrerà una momentanea distensione con la costituzione della Brigata unificata Garibaldi-Osoppo Natisone, unificazione che sarà comunque di breve durata.
“Le radici di questo contrasto non sono solo politiche, ma affondano negli anni più recenti della storia friulana. Dal 1920 al 1945 sono stati cancellati secoli e secoli di storia e di identità plurinazionale. Nella sua essenziale brutalità questa operazione politica è stata così efficace da cancellare anche le stesse tracce nella memoria delle vittime. Le nuove generazioni non ne hanno più il ricordo e gli anziani mostrano di averlo rimosso. Quindi l’identità individuale e sociale è stata troncata, partendo dall’elemento primario dell’identificazione, il nome stesso delle persone e dei luoghi. E’ stata una grande violenza psicologica. Queste persecuzioni etniche avvengono in un tale clima di coinvolgimento emotivo ed affettivo, totale, con la formazione di un senso di inferiorità fin da piccolissimi, nelle scuole. Guai a parlare sloveno, quasi fosse una colpa immonda, una colpa primigenia. Chi viene snazionalizzato sente la necessità di rimuovere la memoria etnica, abbracciando la cultura degli oppressori e persino, in qualche caso, ponendosi in prima fila tra i persecutori. I sentimenti e le tradizioni delle valli del Natisone sono frutto di una sottile, costante, invadente opera di snazionalizzazione iniziata, per queste terre, già prima del fascismo, toccando i gangli più delicati della psicologia di una persona, come il suo rapporto con la religione. Con il fascismo la persecuzione divenne ancor più evidente. Dal momento che oltre quella famigliare la sfera religiosa era la sola in cui i beneciani potevano ancora usare la loro lingua. Nel 1933 fu proibito anche l’uso dello sloveno nelle prediche e nel catechismo” (cfr Alessandra Kersevan, Porzus, edizioni Kappavu, Udine).
Marzo – aprile: cominciano a formarsi sull’Appennino bolognese i primi gruppi che daranno vita alle formazioni partigiane Stella Rossa e 36a Brigata Garibaldi. Tra la primavera e l’estate del 1944 nelle montagne bolognesi saranno attive, oltre alle due citate, la 36a, 62a e 66a Brigata Garibaldi, la Matteotti di montagna, la Giustizia e Libertà di montagna, la Santa Justa. Inoltre un gruppo di bolognesi aveva già costituito le Divisioni Nannetti e Belluno nelle prealpi venete.
In pianura iniziano a formarsi le SAP, formazioni sostenute dalle popolazioni locali, strettamente integrate nell’ambiente e formate prevalentemente da operai e contadini che di giorno svolgono le loro normali attività e di notte partecipano ad azioni armate. In città sono attive, invece, la 7a GAP, la 5a brigata Giustizia e Libertà (denominata poi 8a brigata Massenzio Masia) e la brigata Garibaldi che poi prenderà il nome di Irma Bandiera.
Primavera: Modena, in diversi comuni del modenese è avanzata la richiesta del “blocco dei canoni d’affitto in denaro” per impedirne gli aumenti ed evitare il pagamento con prodotti in natura a grave discapito del fittavolo.
Parma, la Bormioli decide di licenziare una parte dei 300 operai ancora formalmente presenti in fabbrica. I licenziamenti rientrano dopo il deciso intervento del movimento clandestino parmense che forma un comitato clandestino d’agitazione. L’azienda decide così la sospensione dell’attività dello stabilimento. Le parti meccaniche più importanti sono nascoste in campagna, mentre gli uffici si trasferiscono nel centro cittadino prendendo in appalto dalla Todt i lavori difensivi della città.
Aprile: Reggio Emilia, elezioni per la nomina delle Commissioni interne alle Reggiane, alla Capolo, all’Omsa e, di nuovo, alla Lombardini. Mentre Il solco fascista esalta le elezioni “libere e segrete” svolte alle Reggiane, è diffuso un manifesto clandestino contro i sindacati fascisti con l’appello “rifiutatevi di eleggere detti rappresentanti, diffidate di tutti coloro che accettano tale mandato”.
1 aprile: arriva ad italiani e sloveni la risposta di Dimitrov (e quindi dell’Internazionale comunista), interpellato a suo tempo sul problema territoriale esistente fra i due paesi: “Riteniamo che è politicamente sbagliato quando si sta combattendo contro il nemico comune acuire i reciproci rapporti tra partigiani italiani e sloveni con disaccordi territoriali riguardanti Trieste e la zona tra Cividale e Gemona stop. Questi sono disaccordi che devono essere risolti dopo l’annientamento del nemico stop. Est indispensabilmente necessaria una stretta collaborazione di lotta e un mutuo aiuto negli uomini e nell’armamento stop. In quanto concerne l’armamento la parte maggiore spetta a chi ha più esperienza militare a chi ha più capace composizione del comando a chi combatte meglio contro il nemico comune stop. Consigliamo ai due partiti di mettersi d’accordo attraverso le trattative sulla questione del litigio stop”.
Balangero (TO), reparti di SS italiane alle prime luci irrompono in paese, al comando del cap. Traverso e del ten. Allodi, minacciando di fare scempio della popolazione e delle case se non fossero stati liberati i loro camerati catturati qualche giorno prima. I partigiani tramite il parroco si dichiarano pronti a trattare, avvertendo che azioni di rappresaglia avrebbero comportato gravi ritorsioni sui prigionieri. Il corso del messaggio rimase un mistero: non venne recapitato, o il valore dato dal Traverso ai suoi camerati era ben scarso. Fu così che, raggruppata la popolazione nella piazza, nove inermi, sospetti sovversivi con provata simpatia per i banditi, (così si legge nel rapporto) verranno fucilati: Giacomo Bonino, Giuseppe Dal Pont, Giorgio Data, Sergio Fontanella, Battista Fornelli, Giacomo Marchetti, Giovanni Marchetti, Livio Reineri, Giovanni Verzino.
Bologna, dietro le mura del cimitero della Certosa sono fucilati Francesca “Edera” De Giovanni, Egon Brass, Attilio Diolaiti, Enrico Foscardi, Ferdinando Grilli ed Ettore Zaniboni. Francesca De Giovanni è la prima donna fucilata a Bologna dai fascisti. Il 2 aprile il Resto del Carlino scrive dell’avvenuta fucilazione in un articolo dal titolo “Ferma ed energica azione contro le bande terroristiche”. La notizia è diffusa anche in un volantino del Comitato federale del PCI nella prima decade di settembre e dal foglio clandestino La Voce delle donne nel marzo 1945
2 aprile: Napoli, Benedetto Croce scrive nel suo diario: “E’ certamente un abile colpo della repubblica dei Soviet vibrato agli anglo americani perché, sotto colore d’intensificare la guerra contro i tedeschi, introduce i comunisti nel governo, facendoli iniziatori di nuova politica sopra e contro gli altri partiti, che si troveranno costretti a seguirli, senza che quelli provino il minimo imbarazzo (…) La colpa di quanto è accaduto o stava per accadere è tutta degli uomini politici anglo americani, dei Churchill, degli Eden e dei Roosevelt che hanno per più mesi respinto le ragionevoli e ragionate proposte e le premure dei liberali e dei democratici italiani, che chiedevano l’allontanamento del Re per formare un governo democratico. Ma io ho osservato e sperimentato che gli inglesi e gli americani che maneggiano gli affari politici in Napoli, sono molto tardi nel comprendere”.
Reggio Emilia, partigiani delle formazioni di montagna, in accordo con gli operai, mettono fuori uso gli impianti della fabbrica di tannino di Selvanizza, che lavora per i tedeschi. Lo stesso giorno vengono disarmati e puniti tre civili che commettevano rapine spacciandosi per partigiani
Frassinoro (Mo), fucilato Egidio Balducchi. Partigiano della Brigata “Barbolini”, è condotto per il paese sfigurato dalle torture prima di essere assassinato.
Pian del Lot (To), sono assassinati 27 giovani, tra civili e partigiani rastrellati. La strage è compiuta dai nazisti come rappresaglia per l’uccisione di un caporale tedesco da parte di un commando gappista. Le vittime furono mitragliate con le mani legate a gruppi di quattro e gettate in una fossa comune. Alcuni di essi erano ancora in vita quando furono seppelliti da altri prigionieri. La riesumazione delle salme avvenne soltanto a guerra finita.
3 aprile: il generale Mac Farlane invia al Quartiere generale alleato ad Algeri un telegramma nel quale riporta le affermazioni fatte da Carlo Sforza in merito alla svolta impressa da Palmiro Togliatti al Pci, scrivendo: “era chiaro che la decisione era stata presa in base a ordini da Mosca e alla lunga – aveva detto Sforza – avrebbe minato le basi di un governo democratico in Italia, prolungando l’imperio neofascista del re; e sarebbe servita unicamente ad aumentare l’influenza della Russia sovietica non solo in Italia ma anche nelle altre aree liberate dell’Europa centrale e occidentale. Sforza era profondamente dispiaciuto – riferisce Mac Farlane – che i governi alleati avessero perso l’opportunità di ottenere uno sbocco più democratico della questione italiana (…)”.
Roma, nel corso della riunione della direzione del Pci, Agostino Novella afferma: “Sono preoccupato sul modo come i compagni di Milano accoglieranno la svolta. E’ certo che essi si adegueranno alla linea proposta da Ercoli, il loro attaccamento ad Ercoli non lascia dubbio su ciò, ma c’è il pericolo che restino alla superficie. Le mie preoccupazioni si basano sul fatto che essi hanno interpretato la politica di fronte nazionale svolta finora, in modo piuttosto ristretto (democrazia popolare, governo popolare, lettera a Venegoni, dichiarazione sullo sciopero generale del 13 marzo) (…)”. E conclude: “La monarchia e Badoglio rappresentano forze tradizionalmente reazionarie ma che sono disposte a combattere contro il fascismo e la Germania, problema centrale del momento, e ciò pone le basi di un possibile compromesso con essi”. Celeste Negarville, da parte sua, aggiunge in modo esplicito: “La questione centrale è la guerra”.
Reggio Emilia, la Confederazione provinciale dei lavoratori dell’agricoltura s’impegna per “il compito delicato di avviare al lavoro 9.000 mondariso in Piemonte e Lombardia e per soddisfare le richieste dei tedeschi di inviare 20.000 lavoratori agricoli in Germania”.
Cumiana (To), 51 civili sono fucilati dalle SS. L’eccidio è opera di un reparto del 7° battaglione SS italiane (inquadrate qualche mese più tardi in quella che si chiamerà 29. Waffen-Granadier Division der SS). Il 7° battaglione, costituito da circa 500 militi, arrivò nella zona di Cumiana, per un periodo di addestramento in vista dei futuri impieghi. In realtà il battaglione sarà impiegato solo nella repressione antipartigiana.
Opicina (Ts), uccisi per rappresaglia dai nazisti 71 persone. I cadaveri dei fucilati serviranno per collaudare il nuovo forno crematorio della Risiera di San Sabba (Cfr. http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=5350).
4 aprile: i comunisti francesi entrano a far parte del Comitato di liberazione presieduto dal generale Charles De Gaulle.
Il rappresentante commerciale svizzero presso il governo di Salò consegna un memorandum relativo alla legge sulla socializzazione delle imprese, che suona come un monito: “(…) Basti ricordare la attrattiva che lo sviluppo economico e industriale dell’Italia settentrionale ha sempre avuto per il risparmio e per gli industriali svizzeri, segnatamente nei settori della chimica, dei tessili e dell’elettricità (…) La partecipazione del capitale e del lavoro svizzero nell’incremento considerevole dell’industria dell’Italia del nord assume una importanza tale che non costituisce affatto sorpresa la reazione vivissima suscitata nella Svizzera dalle misure previste dal Governo repubblicano fascista (…) Così stando le cose le Autorità federali non dubitano che il governo fascista repubblicano vorrà esentare le imprese svizzere dalle misure che intende prendere”.
Roma, il responsabile della cellula informazioni di Bandiera rossa presenta all’esecutivo un rapporto sull’opera compiuta dai suoi uomini per infiltrarsi ovunque servisse per reperire notizie. Specifica anche che questa operazione si è basata sulla“vecchia organizzazione del Sim”, il servizio informazioni militari.
5 aprile: Milano, i delegati del Pci invitano il Clnai ad accogliere le proposte “fatte a Napoli dal compagno Ercoli (…) Noi domandiamo che il Comitato di liberazione nazionale entri a bandiere spiegate nel governo della nazione; non vediamo e non vi è altra via per far uscire il paese dalla tragica situazione nella quale si trova attualmente (…)”.
Modena, scioperano gli operai della Fiat Grandi motori contro il tentativo di deportare dei lavoratori in Germania. La Direzione minaccia licenziamenti e pesanti ritorsioni, ma l’agitazione si estende rapidamente ad altre fabbriche e agli edili. Scioperi alla FIAT Grandi Motori, alla OCI-FIAT, alle officine Corni, alla Rizzi, alla fonderia Waldevit, alle Candele Maserati, alla LN, alla Alfieri Maserati, alle acciaierie Orsi, all’officina Taddeo Giusti, all’officina Martinelli, alla Cremonini, alla Bianchini, alla Cartiera, alla fonderia Maserati, alla Manifattura Tabacchi e in altre piccole fabbriche. E’ il momento più alto di scontro tra nazifascisti e lavoratori modenesi.
Imola, distribuito un volantino alla Cogne in cui si invita i lavoratori a salvare le macchine dal trasferimento al nord e gli operai dall’invio in Germania.
6 aprile: il CLN invita Vittorio Emanuele III a rendere pubblica l’intenzione di ritirarsi per lasciare le proprie prerogative ad un luogotenente. Qualche giorno dopo le forze alleate in Italia invitano il re ad abdicare e a ritirarsi a vita privata.
Crespellano (BO), una cinquantina di donne reclamano dal Podestà un aumento delle razioni di latte e la distribuzione delle razioni di burro, nonché l’assegnazione di carne e marmellata. Il gruppo si scioglie solo dopo aver ottenuto assicurazioni sull’accoglimento delle richieste.
6 – 11 aprile: Appennino piemontese, i nazifascisti compiono un vasto rastrellamento nella zona del colle della Benedicta, nel comune di Bosio (Al): 147 fucilati, più di 400 deportati, la metà dei quali morirà in Germania, oltre ad un numero imprecisato di contadini della zona uccisi durante gli scontri. Il 6 aprile iniziarono i combattimenti e mentre la 3a Brigata Garibaldi Liguria cercò di rompere l’assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi, la Brigata Autonoma Alessandria cercò una disperata difesa alla Benedicta e a Pian degli Eremiti. Il monastero della Benedicta, in cui si erano rifugiati gli uomini disarmati o meno esperti (secondo le testimonianze dei superstiti la grande maggioranza degli uomini delle due brigate era male armata o non armata) fu minato e fatto esplodere. Nelle intenzioni dei tedeschi l’eccidio doveva far crollare nella popolazione il sostegno alla resistenza, ma il numero dei morti e la particolare efferatezza delle esecuzioni, oltre all’inganno per far costituire i giovani che stavano fuggendo dalla chiamata alle armi, ebbero l’effetto opposto, aumentando l’odio della popolazione locale nei confronti dei repubblichini e delle truppe tedesche. Un gruppo di partigiani della Valpolcevera, aiutati dai militi della Croce Verde Pontedecimo, si adoperò per recuperare in seguito le salme dei fucilati
7 aprile: Carlo Sforza si scaglia, nel corso di una conversazione con Robert Murphy, contro “il sostegno cieco e ostinato di Churchill al Re e a Badoglio, che ha dato ai comunisti un campo di sviluppo ideale”
Torino, i repubblichini prelevano dalle carceri di Torino diciotto partigiani per condurli alla fucilazione; due riescono a fuggire durante il percorso, gli altri giunti a Caluso vengono schierati sulla piazza e tenuti per tutto il giorno. Poi la popolazione e i ragazzi delle scuole sono costretti ad assistere all’esecuzione. Sotto i colpi di un plotone di militi ubriachi cadono: Bottero Donato, Carignano Chiaffredo, Carpanese Pietro, Cavallero Emilio, Cenna Antonio, D’Atrino Mario, Finco Luigi Giay, Giuseppe Graziola, Mario Maccari, Giovanni Maccari, Romolo Petroni, Gino Porta, Aldo Srà, Guido e Carlo Verson. Il partigiano «Oscar», colpito da una pallottola che gli sfiora il cranio facendogli perdere i sensi, viene creduto morto e riuscirà così a salvarsi
Casteldelci (Pesaro), le SS per rappresaglia, non avendo potuto catturare un gruppo di Partigiani, avvisati dalla popolazione e riparato in montagna, massacrano nella frazione di Fragheto 30 contadini, tra cui alcune donne e molti bambini. La famiglia Gabrielli, composta di nove membri, venne interamente sterminata. Sempre a Fragheto furono uccisi dai tedeschi altri 5 partigiani che erano stati catturati nei giorni precedenti. In seguito si spostarono verso il comune di Casteldelci e sulla strada fucilarono altri 8 giovani partigiani che erano stati catturati prima dell’eccidio.
Bologna, si suicida gettandosi da una finestra Umberto Armaroli, 31 anni. Operaio della Sabiem, fu tra gli organizzatori dei primi gruppi partigiani nella zona di Calderara poi confluiti nella nella 63a brg Bolero Garibaldi. Arrestato il 4 aprile ed incarcerato nella caserma dei carabinieri di Borgo Panigale (Bologna) fu a lungo torturato.
Parma, durante uno dei primi rastrellamenti antipartigiani compiuti dai reparti tedeschi e fascisti in Val Taro è uccisa a Tarsogno, Alice Scarsella. E’ la prime di una di una lunga serie di vittime civili uccise durante le numerose operazioni militari attuate dai tedeschi e dai fascisti contro le popolazioni nei territori in cui i reparti partigiani aveva posto le loro basi
8 aprile: Scandiano (Re), quattro operai delle Reggiane sono arrestati con l’accusa di aver preso parte all’uccisione di un fascista. Saranno torturati e deportati in Germania.
9 aprile: Napoli, Benedetto Croce annota nel suo diario: “Nel pomeriggio è venuto Max Salvadori che mi ha informato che i rappresentanti inglesi degli Alleati in Napoli riconoscono di avere commesso un grosso errore con l’appoggiare il Re e chiudere gli orecchi alle nostre richieste, e sentono di trovarsi ora in una grave situazione per il pericolo comunista che si profila. Perciò sono disposti a fare pressione sul Re perché si ritiri fin da ora, nomini il luogotenente e dia luogo alla formazione di un ministero composto dai partiti, ma essi tengono sempre al Badoglio (…)”.
9 – 12 aprile: Salerno, si svolge nella residenza reale di Villa Cimbrone una riunione fra Vittorio Emanuele III, Pietro Badoglio e i rappresentanti di Stati Uniti, Inghilterra ed Unione Sovietica. Assenti i rappresentanti dei partiti antifascisti, non invitati.
10 aprile: la Divisione Göering, coadiuvata da una squadra della GNR e da tre compagnie di soldati della RSI subordinate alla Ordnungspolizei, si concentra nel territorio dei monti Morello, Giovi e Falterona racchiuso fra le statali 302 Firenze – Faenza e 71 Bibbiena – Cesena. Il rastrellamento comincia nel Mugello. Quella mattina gli uomini del Reparto esplorante della Göering, guidato dal capitano di cavalleria Von Loeben, marciano in direzione del versante nord – orientale del Monte Morello. Entrati a Cercina, sequestrano una ventina di uomini – fra cui il sacerdote Don Pio – e li rinchiudono, prima nella chiesa, poi li adibiscono al trasporto delle munizioni. Condotti attraverso le campagne circostanti e i centri di Poggio al Giro e Sesto, gli ostaggi sono poi divisi e trasportati in parte a Doccia e in parte a San Romano, in provincia di Pisa. Saranno poi liberati due giorni dopo, senza nessuna spiegazione. Alle 7 dello stesso giorno, un reparto tedesco si reca presso Villa Fancelli e raccoglie nel giardino gli uomini che la abitano e sfollati in totale sette persone. Portati in località “il Masseto” i sette sono fucilati e nascosti sotto un cumulo di pietre: soltanto 4 giorni dopo la madre di Renzo Lamporesi riuscirà a trovare i loro corpi. Le vittime sono: Brunetto Fannelli, i cugini Renzo e Romolo Lamporesi, Aurelio Bonaiuti, Olimpio e Orlando Bruschi, Angelo Covini. Il pievano Don Nannini in una lettera scritta dopo pochi giorni dall’eccidio: “Questo fatto così raccapricciante ha prodotto in quella calma e laboriosa popolazione il più profondo dolore e la più grande impressione perché, a quanto ci consta, in questi poveri giovani non si riscontra alcun reato e nessuno di essi è disertore o renitente di leva appartenendo tutti a classi non ancora chiamate al servizio militare”.
Sesto Imolese, 300 donne protestano contro la precettazione degli operai in Germania e chiedono generi alimentari e copertoni per le biciclette. Inoltre rivendicano un aumento del salario per braccianti e mondine.
11 aprile: Napoli, Palmiro Togliatti, intervenendo ad una riunione dei quadri comunisti, afferma tra l’altro: “Convocata domani un’Assemblea nazionale costituente, proporremo al popolo di fare dell’Italia una repubblica democratica, con una Costituzione la quale garantisca a tutti gli italiani tutte le libertà: la libertà di pensiero e quella di parola; la libertà di stampa, di associazione e di riunione; la libertà di religione e di culto; e la libertà della piccola e media proprietà di svilupparsi senza essere schiacciata dai gruppi avidi ed egoisti della plutocrazia, cioè del grande capitalismo monopolistico. Questo vuol dire che non proporremo affatto un regime il quale si basi sulla esistenza e sul dominio di un solo partito (…)”.
12 aprile: Vittorio Emanuele III annuncia con un radiomessaggio che si ritirerà a vita privata nominando il figlio Umberto luogotenente generale del Regno, quando Roma sarà liberata.
Parma, durante uno dei primi rastrellamenti antipartigiani compiuti dai reparti tedeschi e fascisti in Val Taro venne uccisa a Santa Maria del Taro Caterina Balsi. Tra le prime di una di una lunga sequenza, di vittime civili uccise durante le numerose operazioni militari attuate dai tedeschi e dai fascisti contro gli abitanti nelle zone in cui operavano le bande partigiani.
13 aprile: Tito Zaniboni, socialista e massone, nominato Alto commissario per l’epurazione.
Roma, i tedeschi arrestano il sindacalista socialista Bruno Buozzi.
Vallucciole di Stia (Arezzo), i tedeschi della divisione Hermann Goering e militi della GNR uccidono per rappresaglia almeno 108 civili, ma il numero esatto dei trucidati non si saprà mai
Bibbiena (Arezzo), reparti di SS di passaggio distruggono totalmente il villaggio dopo averlo saccheggiato. Raccolgono poi tutti gli uomini validi e ne massacrano 29 a raffiche di mitra.
In un rapporto dell’Oss si segnala che a Milano sono stati requisiti, da parte dei tedeschi, 2.000 operai destinati ad essere impiegati nei campi di lavoro. E che Pirelli è stato invitato a fornire alle autorità un elenco riservato degli operai di simpatie comuniste. Saranno loro i primi ad essere prelevati.
Bologna, scioperano contro le deportazioni le operaie delle Saponerie italiane. La reazione delle lavoratrici è così ferma e compatta da indurre i tedeschi ad annullare l’ordine di trasferimento.
Bentivoglio (Bologna), una settantina di donne protestano in municipio chiedendo migliori condizioni alimentari
Ravenna, le operaie della saccheria Callegari lasciano in massa il lavoro e si recano in direzione per chiedere aumenti salariali e copertoni per le biciclette. Poi raggiungono la sede del sindacato fascista, dove continuano la protesta. Le loro richieste sono accolte.
14 aprile: in un rapporto dell’Oss sulla riunione di Villa Cimbrone, si legge: “Il compito di produrre un governo allargato è già stato affidato ai partiti: Robert Murphy e Harold MacMillan, il rappresentante americano e quello inglese, hanno chiarito che un rimpasto in questo senso è loro gradito e che è arrivato il momento di realizzarlo. Ai partiti è stato detto prendere o lasciare (…)”.
Roma, la Giunta esecutiva antifascista prende atto della decisione di Vittorio Emanuele III di nominare il figlio luogotenente del Regno, e “considera rimossi gli ostacoli che sino ad ora hanno impedito la formazione di un governo democratico di guerra”. I ministri che compongono il governo Badoglio rassegnano le dimissioni.
Conselice (Ravenna), scioperano le braccianti addette alla cernita del tabacco per ottenere un adeguamento salariale. L’astensione del lavoro continua per 13 giorni e termina solo il giorno 29 quando la direzione aziendale accetta di aumentare del 75% per i lavori leggeri e del 100% per quelli pesanti
Pielungo (Pordenone), nella zona di Vito d’Asio il Battaglione osovano Patria attacca un reparto tedesco provocando alcuni morti e feriti. Il partigiano Giacomo Missana, 20 anni, muratore, è catturato dai tedeschi mentre tenta di raggiungere i propri compagni. Fucilato sul posto
15 aprile: Firenze, un commando dei GAP uccide il filosofo Giovanni Gentile, presidente dell’Accademia d’Italia della Rsi ed ex ministro della Pubblica istruzione.
Cavriago (Reggio Emilia), protesta delle mondine in attesa della chiamata per la partenza verso le risaie del Nord Italia. Reclamano la consegna della quota di riso loro spettante per la partecipazione alla raccolta dell’anno precedente e non ancora distribuita.
Corniglio (Pr), i nazisti fucilano il partigiano Giovanni Comelli
16 aprile: in un memorandum redatto dalla sezione R & A dell’Oss si rileva che i recenti avvenimenti hanno evidenziato “il peso del Partito comunista nell’influenzare l’atteggiamento dell’Italia occupata dagli Alleati, e l’influenza dell’Unione sovietica nel determinare l’atteggiamento del partito”. Il memorandum sottolinea che i comunisti sono stati fino a un mese prima i più accaniti avversari del Re chiedendone l’abdicazione e che, dopo il rientro di Togliatti il 26 marzo, è “evidente che il Partito comunista italiano non ha intenzione di insistere sulla abdicazione o il ritiro del Re come condizione necessaria”.
17 aprile: il maresciallo Pietro Badoglio rimette nelle mani del Re il suo mandato. Vittorio Emanuele III gli conferisce l’incarico di formare un nuovo governo.
Parma, molte donne scendono in piazza alla vigilia dell’inizio del processo, davanti al tribunale speciale, nei confronti di 50 partigiani del distaccamento Griffith, catturati in seguito ad una delazione. Il giorno successivo si processa un primo gruppo e sono pronunciate otto condanne a morte. All’uscita del cellulare, i manifestanti lo circondano chiedendo a gran voce la liberazione dei prigionieri. La protesta è così forte da indurre i fascisti a revocare cinque condanne a morte, gli altri tre sono fucilati la mattina del 19 nel cimitero di Monticelli Terme. Il 20 si celebra il processo contro gli altri 37 partigiani. La collera per le fucilazioni e l’indignazione per un esito già scontato, fanno aumentare la mobilitazione. Alle popolane si uniscono le operaie di alcuni stabilimenti che abbandonano il lavoro. Quando si diffonde la voce che sono state inflitte 35 condanne a morte la protesta diventa tumultuosa: all’uscita dell’autobus che trasporta i prigionieri, la folla lo stringe d’assedio e i fascisti sono costretti a sparare per farsi largo. La sentenza è sospesa.
Umbria, dal 17 aprile e per tre settimane: forze tedesche e fasciste investono una vasta area compresa tra Colfiorito, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, sbandando completamente la IV Brigata Garibaldi di Foligno. Tra il 17 e il 23 aprile nelle frazioni di Colle Croce, Mosciano, Serre e Sorifa unità delle SS massacrano 24 civili. 120 persone, rastrellate nel comune di Nocera Umbra, vengono deportate nel campo di concentramento di Cinecittà a Roma
18 aprile: Roma, inizia l’attività la Pontificia opera di assistenza (Poa) sotto la presidenza di monsignor Ferdinando Baldelli, con il gesuita padre Otto Fallen addetto al mantenimento dei rapporti con le autorità tedesche.
Ravenna, le maestranze dello jutificio Montecatini (295 donne e 60 uomini) sospende il lavoro per tre ore chiedendo la perequazione dei loro salari con quelli ottenuti alla Callegari con lo sciopero del 13. sempre alla Callegari, le maestranze scendono nuovamente in sciopero il giorno 20 per ottenere un nuovo aumento e una distribuzione di generi alimentari, di combustibile, di copertoni e di vestiario. Minacciando deportazioni, il giorno 22, i fascisti chiudono lo stabilimento, arrestano molte operaie e intervengono duramente contro i lavoratori della Montecatini che manifestavano la loro solidarietà. Si sparge la voce di una possibile deportazione in Polonia. I GAP intervengono e la direzione della Callegari accetta le richieste dei lavoratori e di intervenire per far rilasciare un operaio arrestato.
19 aprile: un memorandum della Commissione di controllo alleata denuncia che l’influenza del Partito comunista italiano “cresce ogni giorno”.
Monticelli Terme (Pr), un reparto di repubblichini fucila per rappresaglia i partigiani Afro Fornia (Soragna, 20 anni), Anteo Donati (Parma, 22 anni), Salvatore Carozza (Taurianova, 33 anni). I tre erano detenuti nel carcere di Parma.
20 aprile: Mason Mac Farlane invia al Quartiere generale alleato un telegramma sul suo incontro con Palmiro Togliatti: “Togliatti alias Ercoli è venuto a visitarmi oggi pomeriggio (…) Ci siamo trovati completamente d’accordo sull’estrema urgenza di formare un governo che includa tutti i partiti politici. Togliatti ha detto molto chiaramente che il suo partito è dispostissimo a lavorare sotto Badoglio come presidente del Consiglio. Secondo lui, Badoglio ha un passato immacolato”.
Un convoglio ferroviario proveniente da Fortezza porta a Chiasso 20 tonnellate di oro della riserva aurea della Banca d’Italia.
Bologna, in uno scontro a fuoco i fascisti uccidono il partigiano Ermanno Galeotti, 20 anni. Il giovane, ferito e inerme, è freddato dai militi della Gnr. Operaio alla Minganti, svolse attività antifascista nell’organizzazione sindacale di fabbrica. Promotore di gruppi partigiani all’indomani dell’armistizio, è arrestato come renitente alla leva e inviato a Torino. Ritornato a Bologna milita nella 7a Brigata GAP Garibaldi, Gianni
21 aprile: Palermo, nominata la Giunta consultiva che deve affiancare l’Alto commissario, Francesco Musotto, nello svolgimento delle sue mansioni. Ne fanno parte: Aldisio, Altomare, Guarnieri, La Loggia, Mattarella, Monteforte, Montalbano, Saitta e Taormina.
Roma, la polizia apre il fuoco contro le donne che manifestano per la mancanza di cibo, uccidendo Caterina Martinelli.
22 aprile: Salerno, nasce il secondo governo Badoglio. Resterà in carica fino al 17 giugno. Ne fanno parte i rappresentanti dei partiti antifascisti. Tra gli altri sono nominati 5 ministri senza portafoglio: Benedetto Croce (PLI), Carlo Sforza (PRI), Giulio Rodinò di Miglione (DC), Pietro Mancini (PSI) e Palmiro Togliatti (PCI). Del governo fanno parte anche i comunisti Fausto Gullo (ministro dell’Agricoltura), Mario Palermo (sottosegretario alla Guerra) e Antonio Pesenti (sottosegretario alle Finanze)
Composizione del governo: http://www.senato.it/leg/-03/BGT/Schede/Governi/0028_M.htm
Milano, il Clnai approva all’unanimità un ordine del giorno con cui, premesso che “la guerra di liberazione può essere condotta solo da un Governo nazionale di guerra a larga base democratica nel quale i partiti antifascisti aderenti al Cln entrino a maggioranza e siano elemento effettivo e decisivo di propulsione e direzione; mentre si compiace della rinsaldata unità del Cln che ha deluse le speranze fasciste”, dichiara “di collaborare pienamente col Governo democratico di guerra ora costituitosi a Napoli con la partecipazione di tutti i partiti antifascisti, Governo che dovrà condurre la guerra per la liberazione del Paese e l’annientamento dei residui fascisti”.
Robert Murphy – consigliere politico statunitense presso il comando alleato in Italia – invia al Segretario di Stato un telegramma nel quale riferisce che il maresciallo Badoglio ha accusato gli americani di lasciare troppo spazio in Italia a russi e britannici ritirando “il vostro ottimo Eisenhower e il comprensivo generale Smith”.
I tedeschi arrestano Emilio Canevari, ex segretario del ministero della Difesa della Rsi.
Gubbio (Pg), prima di abbandonare la città, reparti tedeschi, per pura ferocia massacrano 40 ostaggi a raffiche di mitra, dopo averli costretti a scavarsi la fossa
Castenaso (Bo), un centinaio di donne protesta davanti al municipio per la mancata distribuzione di grassi e chiedendo la libera vendita del latte. Il giorno successivo sono distribuiti 100 grammi di lardo, buoni legna e viene aumentata la razione di latte. Inoltre le autorità fasciste promettono il loro intervento per fermare le deportazioni.
Sesto Imolese (Bo), donne, braccianti e contadini manifestano chiedendo un aumento delle razioni, copertoni per biciclette e petrolio illuminante. Chiedono anche di poter effettuare perforazioni per pozzi di acqua potabile e protestano contro la guerra e le deportazioni. Per cercare di tacitare i manifestanti, le autorità dispongono l’immediata distribuzione di 200 grammi di salumi.
23 aprile: Palmiro Togliatti, in un articolo apparso sull’edizione napoletana de l’Unità, a proposito della uccisione di Giovanni Gentile, scrive: “Parlando di Giovanni Gentile, condannato a morte dai patrioti italiani e giustiziato come traditore della patria, non riesco a prendere il tono untuoso di chi, facendo il necrologio di una canaglia, dissimula il suo pensiero e la verità col pretesto del rispetto ai morti (…) Giovanni Gentile non è stato soltanto il traditore volgarissimo (…) scompare con Giovanni Gentile uno dei responsabili o autori principali di quella degenerazione politica e sociale che si chiamò fascismo. Né io riesco, nel dare questo giudizio, a distinguere il pensatore dal bandito politico (…) dal camorrista, corruttore di tutta la vita politica italiana”.
Bologna, sotto la protezione di squadre di partigiani armati, si svolgono contemporaneamente cinque grandi manifestazioni a Bentivoglio, Castel d’Argile, Castelmaggiore, Sala Bolognese ed Argelato. La protesta è indirizzata contro i reclutamenti fascisti e le deportazioni. In tutte le manifestazioni si richiedono aumenti di generi alimentari. Ad Argelato i fascisti sparano sui dimostranti ferendo tre donne e due partigiani
Castel d’Aiano (Bologna), militi dalla GNR fucilano in piazza i partigiani Fulgenzio Baccolini, 35 anni; Mario Mezzadri 23 anni e Faustino Pini di 36. I tre erano stati rastrellati da militi della 1a Compagnia Arditi del Battaglione Raspadori della Gnr – da poco giunta a Castel d’Aiano, sotto la guida del comandante, il capitano Pifferi – nella zona di Ranocchio (oggi S.Giacomo) di Montese (Modena)
Trieste, i nazisti impiccano 51 ostaggi.La rappresaglia fu compiuta a seguito di un attentato dinamitardo nel cuore di Trieste, nel centralissimo edificio di palazzo Rittmeyer, in via Ghega, che i tedeschi avevano trasformato in Casa del Soldato tedesco – Deutsches Soldatenheim – , un circolo destinato a mensa per le truppe tedesche. Protagonisti della vicenda due partigiani azeri, Mirdamat Sejdov (nome di battaglia Ivan Ruskj) e Methi Husein Zade (nome di battaglia Mihajlo), soldati russi ex prigionieri, disertori della Wehrmacht in cui erano stati arruolati passati nelle file partigiane dell’esercito jugoslavo di liberazione. Si tratterebbe degli stessi partigiani che venti giorni prima avevano compiuto un attentato al cinema di Opicina – una delle principali frazioni della città di Trieste sul Carso – che aveva causato la morte di sette soldati tedeschi e la conseguente rappresaglia con la fucilazione di 71 persone. L’esplosione, secondo il rapporto dei carabinieri, avvenne alle ore 13,25 e danneggiò notevolmente vari locali dell’edificio. Il numero delle vittime tra i tedeschi non è definito in modo preciso negli atti ufficiali anche se la versione data dai tedeschi fu di 5 morti. Il 24 aprile il responsabile della Croce Rossa comunicava che erano state impiegate 5 autoambulanze e un camion attrezzato per sgomberare il più presto possibile la zona dell’attentato, «come la gravità del fatto richiedeva». Complessivamente vennero autotrasportati 21 militari tedeschi, 1 donna tedesca e 5 civili, tra cui 2 uomini e 3 donne. In totale furono coinvolti nell’esplosione 27 persone. Tra le vittime una passante triestina, certa Gina Valente
continua in http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=5352
23 – 25 aprile: Parma, primi bombardamenti alleati sulla città. Colpiti soprattutto il centro cittadino e i ponti sul torrente Parma: oltre 130 le vittime.
24 aprile: Marina di Ravenna, una quarantina di lavoratori manifesta davanti alla casa del fascio chiedendo l’aumento delle razioni di generi alimentari.
Salsomaggiore (Pr), un centinaio di donne manifesta per la mancata distribuzione di generi razionati.
25 aprile: Milano, il Clnai in una mozione afferma di considerare “il nuovo governo legato a circostanze transitorie e di carattere provvisorio”, ribadendo che “la funzione effettiva di governo nell’Italia settentrionale deve spettare ai Comitati di liberazione nazionale nella loro attuale composizione e in quanto mantengano e accentuino il carattere popolare e rivoluzionario della lotta di liberazione”.
Palmiro Togliatti annota nel suo diario: “Proroga dei fitti agrari. Croce per la prima volta attivo e combattivo nel Consiglio dei ministri, come difensore dei grandi proprietari terrieri”.
Campotto di Argenta (Fe), le braccianti addette alla zappatura e sarchiature dei terreni della bonifica renana si astengono dal lavoro chiedendo un aumento del salario.
27 aprile: il Cln approva un ordine del giorno nel quale riconosce il governo presieduto dal maresciallo Badoglio come legittimo ma, nel contempo, afferma che “il Cln mantiene la sua funzione di unico rappresentante del popolo italiano nella lotta di liberazione e, in mancanza di qualsiasi altra assemblea rappresentativa, esso è chiamato a far continua opera di collaborazione, di propulsione e di controllo nei confronti del governo; ed è ad esso, e alla futura Assemblea costituente che lo sostituirà e di cui esso rappresenta un primo nucleo, che il governo dovrà rendere conto del proprio operato”.
L’Oss compila un rapporto sul convegno della Cgl svoltosi a Salerno dal 18 al 20 febbraio 1944: “I politici dietro le quinte fanno scandalo. Tengono banco Gentili del Partito d’azione e i comunisti dissidenti di Russo. I socialisti e i comunisti di Napoli non riescono a sconfessare del tutto Salerno e lo definiscono regionale, cercando di dare peso all’altra Cgl proposta al congresso di Bari con l’apporto di tutti e sei i partiti del Cln. Incaricano poi i socialisti presenti a Salerno di votare, nella votazione finale, contro Russo. Ma i socialisti di Salerno passarono l’informazione a Gentili e Russo si salva con 60 voti contro 26. Gentili è eletto delegato della Cgl a Londra, e parte per l’interessamento diretto della Commissione alleata di controllo. Si vota anche la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e di scambio”.
Miscoso di Ramiseto (Reggio Emilia), partigiani della montagna distribuiscono alla popolazione 25 forme di formaggio destinate ai tedeschi.
28 aprile: proteste nel reggiano per l’ottenimento di latte direttamente dai produttori. Anche a Spilamberto (MO) un gruppo di donne protesta per la mancanza di latte. A Trebbo di Castelmaggiore (BO) per due settimane consecutive gruppi di donne fermano il carro che porta il latte all’ammasso, pagano ai contadini il prezzo al calmiere e distribuiscono il latte.
29 aprile: Imola, due donne, Livia Venturini e Maria Zanotti, madre di sette figli, sono uccise durante una manifestazione nell’attuale piazza Matteotti con la quale, oltre 500 donne, chiedevano la razione di grassi, in arretrato da mesi e l’aumento di tutti i generi tesserati. Immediate fermate spontanee sui luoghi di lavoro. Alla Cogne 2000 lavoratori incrociano le braccia. Per protestare contro il duplice assassinio il comitato sindacale clandestino proclama lo sciopero generale per il 1° maggio. In molti stabilimenti vengono avanzate, oltre a rivendicare giustizia immediata per gli assassini delle due donne, anche richieste di aumenti salariali, distribuzione di alimenti e abolizione del coprifuoco. Anche nelle campagne braccianti e contadini aderiscono alla protesta.”Nella primavera del 1944 i dirigenti del Partito comunista e del movimento antifascista e partigiano del Bolognese e dell’Imolese organizzarono una serie di scioperi e agitazioni nelle fabbriche cercando di collegare il malessere espresso dai lavoratori e dalle lavoratrici per le cattive condizioni economiche e la loro opposizione a tentativi di trasferimento di manodopera e macchinari in Germania con la lotta politica e armata contro fascisti e nazisti. A questi scioperi spesso si affiancarono manifestazioni di piazza in diversi centri della provincia, manifestazioni di cui furono protagoniste le donne: quelle attive nei nascenti Gruppi di difesa della donna e negli organismi legati alla Resistenza con una funzione di organizzazione e mobilitazione, e donne non direttamente impegnate, mosse principalmente da argomenti di carattere economico e sociale e da motivazioni prepolitiche, che le prime riuscirono a coinvolgere con una capillare azione di propaganda. A Imola lo sciopero delle maestranze della Cogne e delle altre fabbriche era previsto per il 1° maggio 1944 e si decise di farlo precedere da una manifestazione di donne. La mattina del 29 aprile, giorno di mercato, donne provenienti da Imola, dalle frazioni di San Prospero, Sasso Morelli e Sesto Imolese e dalle località Osteriola e Pontesanto confluirono nella piazza principale di Imola (oggi piazza Matteotti) e si riunirono sotto il municipio per portare le proprie rivendicazioni al commissario prefettizio e al capo dell’ufficio annonario. Intervennero in un primo momento carabinieri e appartenenti alla polizia. Stando all’interrogatorio del 1946 del carabiniere Alessandro Ferretti, presente all’episodio come membro del gruppo di carabinieri intervenuto, carabinieri e polizia cercarono di calmare le donne. Una relazione del dirigente della Ps di Imola risalente all’aprile 1944 conferma che carabinieri e polizia tentarono di far sciogliere la manifestazione convincendo le donne ad andarsene e afferma che per disperdere la folla fu fatto uso delle pompe dei vigili del fuoco, per ordine del dirigente di Ps, prima sugli uomini che si trovavano sotto il portico per paura che intervenissero a favore delle donne, e poi sulle donne stesse. Secondo il dirigente della Ps fu l’intervento dei militi della Gnr a far precipitare la situazione, poiché questi aprirono il fuoco, alcuni sparando sulla folla. Anche per la storiografia locale la responsabilità è da attribuire alla Gnr. Restarono ferite Maria Rosa Zanotti, la quale morì poco dopo, e Livia Venturini che rimase paralizzata per la ferita alla schiena e spirò nel giugno successivo. L’assembramento si sciolse solo dopo l’arrivo di militari tedeschi che piazzarono alcune mitragliatrici ai margini della piazza. Appena si diffuse la notizia gli operai e le operaie delle fabbriche imolesi entrarono in sciopero. L’agitazione si protrasse fino al 1° maggio quando lo sciopero vide la partecipazione oltre che dei lavoratori di fabbrica anche dei lavoratori delle campagne, nonostante le minacce e le misure repressive tedesche e fasciste. Il giorno stabilito per i funerali di Maria Zanotti un gran numero di persone si riunì sul luogo previsto per le esequie, anche se i fascisti avevano già provveduto a portare la salma al cimitero di Imola così da evitare una cerimonia funebre pubblica e eventuali disordini, e secondo il questore di Bologna i cittadini imolesi fecero una raccolta di fondi per la famiglia della defunta”
(Cfr. http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/IMOLA%2029.04.1944.pdf)
Mordano (Bo), un folto gruppo di donne protesta davanti al municipio chiedendo la fine della guerra.
30 aprile: il Cln dell’Emilia Romagna si dota di un comando militare unico (Cumer), affidandone la responsabilità a Ilio Barontini.
Lipa, nella provincia italiana del Carnaro, i tedeschi, aiutati da militi fascisti, massacrano 269 civili per rappresaglia, dopo l’uccisione di quattro soldati tedeschi. L’eccidio fu compiuto con particolare efferatezza e molti furono bruciati ancora vivi. Successivamente, per nascondere l’accaduto, tedeschi e fascisti fecero esplodere i corpi con la dinamite
Fine aprile: Castiglion dei Pepoli (BO), 300 operai della Todt scioperano per ottenere aumenti salariali. A Bologna ci sono scioperi per aumenti salariali alla Castellini e al pastificio Pardini di Corticella. Manifestazioni per reclamare aumenti delle razioni di pane, zucchero, grassi e latte si svolgono in alcuni centri della provincia: Monteveglio, Sasso Marconi, Granarolo, Porretta Terme e Pianoro. A Castelguelfo 200 donne manifestano in municipio chiedendo – come riporta il giornale clandestino La Lotta – “pane, grassi, zucchero e latte per concludere con invettive contro la guerra dei fascisti”
Aprile: Roma, verso la fine del mese, agenti della Pai arrestano Giuseppe Albano, noto come il Gobbo del Quarticciolo. La pattuglia di polizia che procede all’arresto è diretta dal vicebrigadiere Emilio Cerroni, genero del tenore Beniamino Gigli.
Maggio: l’offensiva sovietica, dopo la liberazione dell’Ucraina, arriva a Sebastopoli e in Crimea.
1 maggio: Roma, scarcerato Umberto Bianchi su ordine del questore Pietro Caruso, sollecitato in tal senso da Felice Anzalone.
Ravenna, la festa del lavoro è festeggiata con azioni di protesta e manifestazioni rivendicative in tutta la provincia. Sono esposte bandiere rosse in molte strade dei principali comuni.
Reggio Emilia, scioperano i lavoratori della Lombardini. L’agitazione continua per tutto il giorno nonostante l’irruzione in fabbrica da parte dei fascisti che compiono anche alcuni arresti.
Campagnola Emilia (Re), manifestazione popolare contro la guerra.
Quattro Castella (Re), gruppi di donne manifestano davanti alle latterie di Montecavolo e Puianello chiedendo la distribuzione di latte intero.
Trebbo di Reno (Bo), un nutrito gruppo di ferrovieri riesce con uno stratagemma ad assentarsi dal lavoro per festeggiare il 1° maggio. Sempre al Trebbo, come si legge nel numero clandestino di Noi Donne, organo dei Gruppi di difesa delle donne,“(…) per due settimane consecutive un centinaio di donne fermano ogni giorno il carro del latte destinato agli ammassi, scaricano i recipienti o pagandolo al prezzo di calmiere, distribuiscono il latte secondo i bisogni delle famiglie”
Forlì, scioperano le maestranze della Mangelli. Le donne escono dalla fabbrica, con un nastro rosso tra i capelli, chiedendo pane e libertà. Sempre a Forlì in alcune aziende sono presentate piattaforme rivendicative. Alla Mangelli i lavoratori ottengono un premio di 1.000 lire e di 500 per le operaie, un vestito da lavoro e una damigiana di vino. Viene anche sancito il diritto degli operai feriti durante i bombardamenti di percepire l’intero salario fino alla guarigione. Così commenta il periodico clandestino La Nostra Fabbrica del 25 giugno: “Queste rivendicazioni non sono state ottenute – è bene lo sappiano gli operai delle altre fabbriche per bontà padronale, ma sono state strappate dall’azione coordinata dell’intera maestranza, che – non da oggi – ha capito che solo attraverso l’agitazione e l’azione, diretta dalle proprie organizzazioni clandestine, si ottengono le vittorie”.
Savarna di Ravenna, gli abitanti festeggiano, protetti da una formazione di gappisti, il 1° maggio radunandosi sulle rive del Lamone.
2 maggio: Fidenza (Parma), pesante bombardamento alleato (30 vittime e 50 feriti). Contemporaneamente gli alleati bombardano la periferia nord e la stazione di Parma (60 vittime)
3 maggio: Pratolongo (Pr), i nazisti fucilano per rappresaglia il civile Giuseppe Manici (Tizzano, 34 anni)
4 maggio: il ministro dell’Agricoltura, Fausto Gullo, impone in Sicilia i cosiddetti granai del popolo, obbligando i produttori a versare all’ammasso 3 milioni e 100 mila quintali di grano.
Imola, 500 donne partecipano ai funerali di Maria Zanotti, assassinata dai fascisti il giorno 29.
Bazzano (BO), una trentina di donne reclama in municipio una assegnazione straordinaria di grano. La manifestazione è protetta da una squadra di partigiani, da braccianti e da operai della Ducati
Monte Sant’Angelo Arcevia (An), tedeschi e repubblichini uccidono per rappresaglia 63 tra civili e partigiani
Parma, Giordano Cavestro (Parma, 19 anni), Raimondo Pellinghelli (Corniglio, 19 anni), Vito Salmi (Mondeveglio, 20 anni), Nello Venturini (Felino, 21 anni), Erasmo Venusti (Calestano, 22 anni), partigiani del Distaccamento “Griffith” – tra i primi ad essere costituiti nel parmense e composto in gran parte da giovani della città inviati in montagna dall’organizzazione giovanile comunista – sono catturati insieme a tutto il distaccamento, processati e condannati a morte. In seguito l’uccisione di alcuni fascisti a Bardi, i cinque sono prelevati dal carcere e fucilati per rappresaglia in località Ponte Corsenna.
Cerredolo (Reggio Emilia), un gruppo di partigiani modenesi attacca il presidio della Gnr. Sopraffatti i 20 militi presenti, ne uccide 12, si impossessa di 25 quintali di grano dell’ammasso e si ritira alle basi di partenza. I 100 repubblichini mandati di rinforzo arrivano tardi, ma nel corso della giornata arrestano cinque sbandati a Castagneto. Ne uccidono subito uno mentre gli altri quattro vengono fucilati sulla piazza di Cerredolo.
5 maggio: Roma, rapporto di un agente della RSI a Barracu in cui si sottolinea l’importanza dei servizi resi da Anzalone alla causa nazi fascista. In altri rapporti successivi, lo stesso agente propone di dare ad Anzalone finanziamenti più cospicui di quelli già assegnati e di far pubblicare sul Messaggero un articolo dei socialisti comunisti intransigenti di Umberto Bianchi.
Roma, il Cln riconosce il governo presieduto da Pietro Badoglio, mentre Ivanoe Bonomi riassume la presidenza del Cln.
Fivizzano (Massa Carrara), gran parte degli abitanti di Mommio, avvertita dai partigiani, abbandona la frazione, prima di un rastrellamento nazista. Ma sei persone vollero rimanere nelle loro case e sono fucilate. Nella vicina località di Sassalbo 16 uomini sono fucilati sulla piazza del paese
Palanzano (Parma), partigiani operanti nella Val d’Enza, vuotano l’ammasso nella frazione di Selvanizza, distribuendo il grano alla popolazione
6 maggio: su Civiltà cattolica, padre Barbera scrive che il diritto educativo della Chiesa è “sopraeminente” e quello della famiglia “anteriore” al diritto dello Stato. E invita pertanto quest’ultimo a “lasciar libero l’esercizio agli aventi diritto educativo, la Chiesa e la famiglia”.
7 maggio: Friuli, i delegati della brigata Garibaldi Friuli e il Briski-Beneski-Odred jugoslavo firmano un accordo nel quale ribadiscono la necessità di una lotta comune ed il rinvio al termine del conflitto dei problemi territoriali.
8 maggio: Malalbergo (Bo), 500 tra braccianti e mondine manifestano contro le gravi condizioni causate dalla guerra. Una ventina di persone sono fermate e trattenute in caserma.
Chesio (No), reparti della Tagliamento fucilano sei partigiani e altri nove catturati in un piccolo ospedale da campo
9 maggio: Piacenza, 25 muratori di un cantiere scioperano contro il mancato pagamento degli arretrati.
10 maggio: Roma, Pio XII riceve in udienza privata il generale delle Ss Karl Wolff. Durante l’incontro, propiziato da Virginia Agnelli, si parla fra l’altro della “difesa dei valori della città cristiana, contro l’attacco facilmente prevedibile del comunismo”. Il generale si dichiara pronto a fare tutto che gli può essere possibile per arrivare a una rapida conclusione della guerra. Ciò, ovviamente, se gli fosse presentata “una occasione favorevole”(intervista del generale Wolff al Giorno del 25 febbraio 1971 ndr). Sono così gettate le basi per la trattativa di pace separata che si svolgerà a Berna tra il capo dell’Oss, Allen Dulles e lo stesso Wolf. Come atto di buona volontà Wolff fa liberare alcuni prigionieri della Gestapo, tra cui GiulianoVassalli.
Roma, rimesso in libertà Raniero Gallo, collaboratore di Umberto Salvarezza, arrestato il 12 febbraio dagli uomini dell’ufficio politico della Questura. Sarà nuovamente arrestato il 21 maggio e rimesso in libertà dopo 3 giorni.
Palermo, il barone Lucio Tasca, organizza una prima riunione dei sindaci siciliani separatisti, presenti fra gli altri Carlo Ardizzone e Roberto Giuffrida, rispettivamente sindaco e presidente della provincia di Catania, i sindaci di Ragusa e Canicattì, i presidenti provinciali di Trapani, Enna e Siracusa.
Bologna, scioperano le operaie delle Saponerie Italiane chiedendo aumenti salariali.
Forlì, relazione dell’Unione provinciale dei lavoratori dell’industria al Prefetto, sulle richieste di gratifica natalizia degli operai edili di Riccione: “Vi informiamo che questa Unione ha già provveduto a denunciare presso la locale Un industria le Imprese Edili della sopraddetta zona, allo scopo di risolvere la questione in sede sindacale. Purtroppo, a tutt’oggi, sia questa organizzazione, che quella degli industriali, nonostante le ripetute diffide rivolte alle aziende interessate dalle ricordate organizzazioni, non hanno corrisposto l’integrazione di cui all’oggetto (…)”.
Baricella (Bo), sono in agitazione le mondine, mentre scioperano le 100 operaie della distilleria Ballandi
11 maggio: Cassino, inizia l’offensiva alleata che porterà allo sfondamento della linea Gustav.
12 maggio: Reggio Emilia, numerose manifestazioni per ottenere latte non scremato, avvengono contemporaneamente in molte località della provincia. A Massenzatico i fascisti sparano ferendo una persona.
13 maggio: il governo Badoglio nomina Carlo Sforza Alto commissario per l’epurazione e Alto commissario aggiunto Mario Berlinguer.
Ravenna, i dipendenti dello iutificio Montecatini scioperano per ottenere aumenti salariali. La protesta si protrae per otto giorni e viene sospesa solo dopo il solenne impegno del capo della provincia di intervenire per “far risolvere la questione salariale secondo equità e giustizia”.
Cesena, primo bombardamento alleato sulla città.
Fidenza, il centro e le frazioni sono colpite dal più grave bombardamento aereo (113 vittime). Anche Parma subisce un pesante bombardamento aereo sul centro storico (circa 100 vittime).
15 maggio: Bologna, si fermano tutti i lavoratori delle sette fornaci cittadine (circa 450 operai) per ottenere aumenti salariali. Queste fornaci producono soprattutto materiali destinati alla Todt.
Cavriago (Reggio Emilia), scioperano gran parte delle maestranze della ditta di tessuti Govi (35 dipendenti) e della ditta di imballaggi Melloni (52 dipendenti).
Medicina (Bo), scendono in sciopero 500 mondine chiedendo – secondo quanto stabilito da un apposito Comitato provinciale clandestino delle mondariso – aumenti salariali, corresponsione di una quantità di riso giornaliera, aumenti delle razioni alimentari e distribuzione di copertoni per le biciclette. Nei giorni successivi il numero delle scioperanti arriva a 1.200, costringendo i proprietari delle risaie a concordare nuove condizioni lavorative.
18 maggio: nasce il Corpo italiano di liberazione (Cil), che riunisce ciò che resta dell’esercito del Sud per combattere a fianco degli alleati contro i nazi – fascisti.
Palmiro Togliatti, in un’intervista all’Unità, afferma: “è semplicemente ridicolo accusare i giovani di essere stati i pilastri del regime fascista (…) I pilastri – dice ancora – sono stati quei gruppi decrepiti di reazionari che si servirono della tirannide allo scopo di impedire il progresso del nostro paese verso un regime di effettiva democrazia e maggiore giustizia sociale (…)”.
19 maggio: Ravenna, i braccianti del comune ravennate e di Conselice iniziano un’agitazione per ottenere adeguati salari per la falciatura. Di fronte alla minaccia di sciopero, gli agrari concedono un immediato accordo. Ma non concedono invece aumenti alle braccianti, che scendono immediatamente in sciopero. L’astensione del lavoro continua fino al giorno 23 e cessa solo con l’ottenimento di quanto richiesto.
Visti i buoni risultati ottenuti, il Comitato segreto d’agitazione dei braccianti, in accordo con il CLN, indice uno sciopero per ottenere l’aumento delle razioni di grassi e di carne e la distribuzione di copertoni per biciclette. Ma questa volta non si riesce ad ottenere quanto richiesto, nonostante la forte adesione dei braccianti allo sciopero.
Forlì, primo bombardamento alleato sulla città.
Genova, nei pressi del passo del Turchino tedeschi e Gnr fucilano per rappresaglia 59 detenuti prelevati dal carcere genovese di Marassi.
20 maggio: inizia lo sciopero delle mondine nelle campagne emiliane. Durante tutta l’estate si succederanno agitazioni e scioperi nelle campagne causati dalle imposizioni tedesche sugli ammassi obbligatori di grano e di altri generi alimentari.
Italia Libera, organo del Partito d’azione, denuncia l’ambiguità delle Camice verdi guidate da Gabriele Cruyllas-D’Annunzio.
Peternel (oggi Slovenia), dopo aver subito un attacco dai garibaldini della Mameli e della Mazzini, i tedeschi si sfogano sull’inerme popolazione civile. Chiudono un gruppo di abitanti del paese nell’osteria e danno poi fuoco allo stabile, bruciando vive 22 persone. A Cerovo sono fucilati dieci civili e incendiati il villaggio di Slauce e molte case di Cursò, Nebola e Mulinut.
22 maggio: Berna, monsignor Burzio, uditore presso la Nunziatura apostolica, invia al cardinale Maglione il cosiddettoProtocollo di Auschwitz, un rapporto preparato da due giovani ebrei slovacchi fuggiti dal campo di concentramento che illustra compiutamente quanto avviene al suo interno.
Parma, la sera del 22 maggio truppe tedesche e fasciste risalirono le valli del Taro, del Ceno e la Val D’Aveto e, con l’appoggio dell’aviazione, tentarono l’accerchiamento dei partigiani. Per sette giorni setacciarono le pendici del monte, saccheggiando, arrestando gli uomini e incendiando le cascine e le abitazioni di chi era sospettato di aver ospitato i partigiani. Ne fece le spese soprattutto il piccolo paese di Alpe che venne dato alle fiamme e distrutto dai reparti militari.
24 maggio: sbarca a Levanto (Sp) la missione alleata composta dal guardiamarina Carlo Milan e dal radiotelegrafista Bruno Bartoli che prenderà poi contatto con l’organizzazione Franchi.
Fucilati, dopo essere stati condannati a morte per “alto tradimento” da un tribunale militare della Rsi, gli ammiragli Inigo Campioni e Luigi Mascherpa, rispettivamente comandanti del presidio militare di Rodi e di Lero, che si erano rifiutati di passare dalla parte dei tedeschi.
Per saperne di più
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_degli_ammiragli
https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Mascherpa
Londra, intervenendo alla Camera dei comuni con un discorso a porte chiuse sulla politica estera, Winston Churchill elogia la Spagna di Franco che ritiene sarà “un potente fattore di pace nel Mediterraneo dopo la guerra” e riafferma la non ingerenza inglese nei suoi affari interni. E, parlando del contributo militare italiano alla guerra, cita l’esercito, la marina e l’aviazione ma non le formazioni partigiane.
Villa Minozzo (Reggio Emilia), dopo i combattimenti del giorno precedente, i militi fascsti
da Reggio iniziano il rastrellamento puntando sulla Val d’Asta con due colonne: una autotrasportata e una appiedata. Quest’ultima viene attaccata e fermata presso Coriano. La prima, presso Governara, cade sotto il tiro di una postazione partigiana. I fascisti interrompono le operazioni e rientrano in città.
Viene istituito dalle autorità fasciste il primo servizio obbligatorio di civili per la sorveglianza alle linee telefoniche spesso sabotate dai partigiani.
26 maggio: un rapporto dell’Oss riporta le dichiarazioni fatte da Croce a David Colin e al sottotenente Richard Burks dell’Oss: “Croce avverte che il comunismo è il vero pericolo. Un modo di combatterlo sarebbe la creazione di un forte partito di centro (…) Ritiene Togliatti il tipico dente dell’ingranaggio della ruota comunista (…)”.
Madonna della Pace (Roma), fucilati per rappresaglia 15 contadini rastrellati nei paesi circostanti
27 maggio: Regalbuto (Enna), durante un raduno separatista al quale partecipano Andrea Finocchiaro Aprile, Luigi La Rosa, Santi Rindone, Bruno di Belmonte, Guglielmo Carcaci, Concetto Gallo, Concetto Battiato e Isidoro Piazza, si verificano gravi incidenti nel corso dei quali perde la vita, sotto il fuoco dei carabinieri, il segretario della locale federazione comunista Santi Milisenna. Altre due persone rimangono gravemente ferite.
Venezia, Michelangelo Digilio, tenente della Guardia di finanza della Rsi, entra a far parte occultamente della brigata partigiana Mazzini con il grado di comandante militare.
Roma, Elena Carandini Albertini commenta con un amico che “Ninì Pallavicini (…) vagheggia di fondare un suo partito. Antifascista naturalmente, composto di ex fascisti furbi”.
28 – 31 maggio: Marzabotto (Bologna), dopo la cattura da parte di partigiani della Stella Rossa, nella zona di Villa d’Ignano, di cinque soldati (tre tedeschi, uno d’origine ceca e un italiano) appartenenti alla Flak-Regiment 131 (reggimento contraerea 131) i tedeschi rastrellano la zona del Monte Santa Barbara. L’ordine prevede di stringere un cerchio intorno a Monte Santa Barbara, il perimetro è delimitato dalle borgate di Lama di Setta, Casalino, La Collina, Panico, Marzabotto, Monte Sole, Poggio e Vado. Sono circa 720 i soldati coinvolti e appartengono a unità tedesche e italiane. L’operazione di rastrellamento e rappresaglia (Such- und Vergeltungsaktion) non ottiene l’esito sperato, infatti i partigiani non solo resistono al fuoco, ma nella notte riescono a lasciare la zona. Il 30 maggio il rastrellamento viene ripetuto, ma ormai sul Monte Santa Barbara non ci sono più partigiani. Il bilancio delle perdite è esiguo: i documenti tedeschi parlano di un morto e due feriti; i partigiani conteggiano tra le loro fila due morti e tre feriti leggeri (ma non indicano i nomi). Comunque, al termine, saranno cinque i civili uccisi dai tedeschi (tra cui due ignoti), ai quali bisogna aggiungere una donna morta per il crollo della stalla causato da una cannonata. Quarantatré case coloniche sono bruciate e gli stessi soldati commettono furti di viveri e animali.
28 maggio: Licata (Agrigento), polizia e carabinieri sparano sulla folla che protesta per il ritorno all’ufficio di collocamento del dirigente fascista, provocando 3 morti, 18 feriti e procedendo all’arresto di altri 120 dimostranti.
Il maresciallo Badoglio respinge la richiesta jugoslava di estradizione del generale Alessandro Porzio Biroli, accusato di essere “un criminale di guerra”.
Bologna, sciopero bianco alla fornace Galotti per l’aumento del cottimo. Venti operai vengono deportati in Germania.
Reggio Emilia, scioperi a Cavriago alla Cremeria Emiliana e al calzificio Riva.
Corticella (Bo), alcune centinaia di donne manifestano contro le autorità locali chiedendo la distribuzione di generi tesserati non più disponibili da mesi, l’aumento della razione del latte, che sia fermato il mercato nero e ripristinata la possibilità di circolazione in bicicletta.
29 maggio: Premariacco e a San Giovanni al Natisone (Ud) i nazisti impiccano 26 partigiani
30 maggio: Torino, accordo alla Fiat, tra l’Unione Fascista degli Industriali della Provincia di Torino e l’Unione Fascista dei Lavoratori della Industria della Provincia di Torino, per la correzione delle sperequazioni tra operai a cottimo e operai a paga fissa. Questi accordi evidenziano uno degli aspetti sociali che la Fiat aveva dovuto assumersi per mantenere un minimo di efficienza lavorativa; infatti, l’azienda aveva dovuto farsi carico di diventare direttamente produttrice di generi alimentari per la mensa aziendale, impostando le proprie coltivazioni alla tenuta di La Mandria. La famosa “minestra Fiat” garantiva un minimo alimentare ai lavoratori e anche ai familiari degli stessi: gli spacci Fiat diventarono un’istituzione e un punto di riferimento importante per la sopravvivenza dei lavoratori e della città. I tre accordi del 1944, sottoscritti tra maggio e luglio, si propongono di intervenire su alcuni aspetti retributivi, nonostante le note proibizioni del regime fascista di accordi di questa natura. Tra gli aspetti affrontati vi erano alcuni anticipi dei pagamenti di futuri premi aziendali e delle tredicesime e correzioni di sperequazioni esistenti tra cottimisti e operai a paga fissa, derivanti evidentemente dalle precarie condizioni produttive; inoltre affrontavano il problema della consistenza del pacco viveri e delle mense aziendali, su cui l’azienda era ormai un punto di riferimento in una città parzialmente svuotata dallo sfollamento. Il testo degli accordi evidenzia che le concessioni aziendali erano limitate dalle autorità fasciste con cui era necessario contrattare le esplicite autorizzazioni; dal canto suo l’azienda si dichiarava disponibile, per quanto è materialmente possibile, a venire incontro ai bisogni dei lavoratori e accettava di farsi carico di esigenze che avrebbero dovuto essere soddisfatte dalle pubbliche autorità. È opportuno aggiungere che gli accordi non sono delle semplici concessioni ma rispondono a delle rivendicazioni precise, sostenute dagli scioperi, che erano ripresi nel 1944. Perciò Valletta in persona si adoperò per far avallare gli accordi sottoscritti. Del resto i testi erano sempre firmati dai dirigenti fascisti responsabili del sindacato, segno che le C.I. erano considerate politicamente poco affidabili.
Reggio Emilia, i fascisti uccidono per rappresaglia i detenuti Armando Disteso, Luigi Lolli e Natale Romagnoli col pretesto che tentavano di evadere.
Maggio: Bologna, sciopero degli addetti alla distilleria Ballandi di Baricella e gli operai della Maccaferri di Zola Predosa. Nello stesso periodo si tengono manifestazioni popolari a Baricella, Zola Predosa, Bazzano e Castenaso.
Modena, le Commissioni interne sono 84 in città e 205 in provincia
Giugno: Bologna, democristiani e liberali entrano a far parte del Cln regionale.
Bologna, il giornale clandestino La voce dei campi rilancia la piattaforma rivendicativa per i Patti colonici. Il problema dell’adeguamento dei capitolati è posto anche da Terra e Libertà, Giornale di difesa dei lavoratori romagnoli. Nell’imolese i Comitati clandestini dei contadini elaborano una piattaforma rivendicativa nella quale si chiede, tra l’altro, la ripartizione al 60 per cento al mezzadro, la cessazione immediata del conferimento del pollame e delle uova, la ripartizione del latte al 70 per cento al colono, l’abrogazione assoluta dell’applicazione padronale nell’allevamento dei suini e la conseguente ripartizione e la messa in carico ai proprietari di tutte le tasse.
In molte zone la questione mezzadrile è affrontata contestualmente a quella della compartecipazione perché una buona parte del bracciantato è legata a questa forma di lavorazione e, soprattutto, perché il compartecipante lavora anche nei terreni mezzadrili e la suddivisione dei prodotti avviene tra proprietario (50%), mezzadro (33%) e compartecipante (17%). Verso la fine dell’estate, a Medicina e Castelguelfo, nel bolognese, è elaborata una proposta – fatta propria dal CLN locale – in base alla quale si arriva ad un accordo sui riparti con i proprietari.
Iniziative che portano al superamento del capitolato di mezzadria e alla modifica dei riparti avvengono anche nel modenese e nel forlivese.
Parma, a partire dai primi giorni del mese i partigiani liberano un territorio comprendente alcuni comuni della Val d’Enza e della Val di Parma. Poi tocca alla zona della Val Ceno e al territorio di Borgo Val di Taro. Dal giorno 17, con l’occupazione partigiana di Montefiorino, viene liberato un ampio territorio comprendente sette comuni del modenese ed del reggiano. Alla fine di luglio è liberato il territorio di Bettola. Sicuramente l’esperienza più importante è quella di Montefiorino. Qui, il 25 giugno, si insedia una giunta popolare amministrativa composta “di persone liberamente elette dai capifamiglia delle singole frazioni del Comune”. Nei giorni successivi vengono elette le giunte dei comuni di Polinago, Toano, Villa Minozzo, Ligonchio.
Ravenna, organizzato un forte movimento per sottrarre il grano trebbiato agli ammassi e alla consegna ai nazisti. Matura la necessità di coordinare in modo organico le manifestazioni di protesta, da affidare a un nuovo sindacato da contrapporre a quello fascista. Si pone il problema della legalità degli organismi sindacali clandestini.
Bologna, il Comitato di Liberazione dell’Emilia Romagna (Clner) emana precisa disposizione per impedire la trebbiatura e la conseguente razzia del grano da parte dei nazifascisti. Ovunque gli agrari decidono di trebbiare, le macchine vengono immediatamente distrutte o sabotate. Nel momento della raccolta del riso anche le mondine della bassa bolognese, del molinellese e del medicinese in particolare, entrano in sciopero. Nonostante la dura reazione fascista, l’agitazione si protrae per nove giorni. Le agitazioni nelle campagne si susseguono e in autunno le rivendicazioni si estendono al piano salariale e alla richiesta di nuove ripartizioni dei prodotti. Braccianti e mezzadri chiedono che venga riesumato l’accordo Paglia – Calda e pretendono che gli agrari riconoscano quel patto (contro il quale nel 1920 avevano armato la reazione fascista).
La prima azione concreta è il ritardo della mietitura con sabotaggi da parte di partigiani e contadini alle macchine trebbiatrici. In molti casi i braccianti avanzano anche forti richieste salariali. Queste azioni, e i successi ottenuti, sono frantumati in una miriade di casi difficilmente documentabili. Secondo un rapporto della Gnr di Ferrara, “nella zona di Bondeno, in occasione della mietitura, si è vista la quasi totale astensione dal lavoro da parte degli operai i quali, con tale sistema, intendono portare gli organismi sindacali provinciali a definire una buona volta il patto agricolo dell’annata in corso. Con lo sciopero gli operai ottennero infatti la definizione nel senso da loro voluto del patto relativamente alla mietitura e alla trebbiatura e inoltre la promessa che il patto riguardante i raccolti, canapa, bietole, granoturco, sarebbe stato preso immediatamente in esame e definito a breve scadenza”.
1 giugno: Varano de’ Melegari (Pr), durante un rastrellamento nazifascista sono uccisi Aldina Guidotti (Varano de’ Melegari, 33 anni) e Attilio Molinari (Varano Melegari, 21 anni)
Ramiseto (Reggio Emilia), i partigiani disarmano il locale distaccamento della GNR
2 giugno: l’Oss rileva che “il contingente italiano ha dato buone prove sotto la direzione francese ma, una volta passato alla giurisdizione britannica, non è stato impiegato che in operazioni di retrovia. Questo mentre gli Usa forniscono 520 mila razioni giornaliere per il mantenimento di queste truppe. La Commissione di controllo dà la colpa della situazione alla inefficienza del governo Badoglio, mentre questi è portato a pensare che si tratti di una precisa tattica politica degli alleati ed è anzi preoccupato delle ripercussioni che il problema può avere fra i partigiani e i resistenti al nord”.
Roma, il colonnello dei carabinieri Ugo Luca, responsabile del Servizio Informazioni dell’Aeronautica, nasconde presso la sua abitazione Roberto Occhetto, principale collaboratore del questore ausiliario di Roma Pietro Caruso.
Roma, Pio XII in un discorso al Sacro Collegio in occasione del suo onomastico, prende posizione contro le voci di “mal dissimulata violenza o aperto annunzio di vendetta” che sono correnti nei confronti della Germania ribadendo la posizione vaticana, in modo implicito, sulla necessità di una pace negoziata e non di una resa senza condizioni come preteso dagli alleati. “In guisa sorge in molti – afferma il Papa – il timore, quasi non vi fosse anche per i popoli e le nazioni come tali, altra alternativa all’infuori di questa piena vittoria o distruzione completa. Dove questo tagliente dilemma è una volta penetrato negli animi, opera col suo funesto influsso come stimolo prolungatore della guerra, anche presso coloro che per interno impulso o per considerazioni realistiche sarebbero inclini ad una pace ragionevole. Lo spettro di quell’alternativa, la persuasione della vera o supposta volontà del nemico di distruggere la vita nazionale fin nelle radici, soffocano ogni altra riflessione e infondono in non pochi il coraggio della disperazione. Coloro che sono posseduti da tali sentimenti avanzano, come in un sonno ipnotico, attraverso abissi d’indicibili sacrifici e costringono così altri ad una lotta estenuante e dissanguatrice, le cui conseguenze economiche, sociali e spirituali minacciano di divenire il flagello del tempo avvenire”.
Argenta (Fe), scioperano contro il salario troppo basso le 222 mondine dell’azienda Santa Maria di Longastrino. Lo stesso giorno 200 compartecipanti dell’azienda Achille Sani di Stellata di Argenta, soprattutto donne, decidono di non intraprendere la raccolta dei piselli chiedendo un compenso di 40 lire al quintale. Nel pomeriggio, raggiunto l’accordo, il lavoro riprenderà.
Agitazioni di mondine anche nella bassa modenese.
Reggio Emilia, sappisti e gappisti disarmano il presidio dell’Aeronauticadi Codemondo
4 giugno: liberazione di Roma.
Ventiquattro ore prima le principali forze sindacali – comunisti, cattolici e socialisti – avevano sottoscritto il Patto di Roma, che segna la rinascita del sindacato in Italia, la CGdL.
Milano, scioperi spontanei per celebrare la liberazione di Roma da parte degli alleati.
Benito Mussolini lancia un appello agli italiani: “(…) la caduta di Roma non fiacca le nostre energie e ancor meno la nostra volontà tesa a realizzare le condizioni della riscossa. Tutte le misure saranno prese a questo fine (…) La repubblica è minacciata dalla plutocrazia e dai suoi mercenari di ogni razza”.
Badoglio invia alla nazione questo messaggio: “Italiani! Le armate alleate tra le quali combatte il corpo di liberazione italiano, dopo una serie di durissime lotte e di brillanti vittorie hanno liberato Roma. Ma Roma non è né una tappa d’arrivo né un punto di sosta. La battaglia continuerà con immutata violenza sino al completo annientamento della Germania hitleriana. Italiani! Questi giorni sono decisivi per la nostra Italia. La Patria esige che ognuno faccia il suo dovere, tutto il suo dovere”. Le forze antifasciste affidano a Ivanoe Bonomi, già primo ministro dal 4 luglio 1921 al 28 febbraio 1922, la guida del nuovo governo di guerra. Bonomi forma, il 18 giugno, un governo di concentrazione nazionale in cui per la prima volta i ministri non giurano fedeltà alla corona, ma si impegnano a “esercitare le loro funzioni nel supremo interesse del Paese e a non pregiudicare la libertà della scelta popolare sulla questione istituzionale”. Bonomi mantiene anche i ministeri dell’Interno, degli Esteri e dell’Africa italiana.
Le truppe tedesche, già in ritirata, fucilano l’esponente socialista Bruno Buozzi insieme ad altri 13 detenuti politici prelevati nel carcere di via Tasso. L’eccidio avviene in località La Storta, sulla Cassia. Nel corso dell’occupazione tedesca della capitale, l’organizzazione antifascista aveva subito dure perdite. Erano caduti tra gli altri il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Pilo Albertelli, Giaime Pintor, Leone Ginzburg.
Tra i vari prigionieri che finalmente possono uscire dalla famigerata prigione di via Tasso, c’è anche Giuseppe Albani, il Gobbo del Quarticciolo. Arrestato in aprile, era riuscito a non subire troppi danni nel periodo di detenzione passato nelle mani dei nazisti. Appena tornato in libertà, su indicazione dell’organizzazione militare del PSI, viene chiamato a collaborare con l’ufficio politico della questura. Nel frattempo Salvarezza, appropriatosi del denaro dell’organizzazione Tod’t, fonda – 7 giugno – l’Unione proletaria e chiede al fascista Cosimo Russo di procurargli uomini e altro denaro. Il denaro della Tod’t è custodito dal maggiore Luigi Nilo che verrà arrestato da Salvarezza. All’operazione “denaro della Tod’t” assistono anche i generali dei carabinieri Luigi Sabatini e Federico Vannetti. Sabatini lo troveremo, negli anni successivi, tra i dirigenti dell’Armata italiana di liberazione. Salvarezza aveva dato vita al Battaglione Romagnoli, strana banda partigiana che rimane in vita, prima di essere sciolta dallo stesso Salvarezza, due soli giorni. Sono giorni di attività febbrile: mentre il quotidiano monarchico Italia Nuova esalta la figura del Gobbo, l’Unione socialista comunista romana confluisce nell’Unione proletaria. Bianchi e Salvarezza uniscono le loro forze, Roma è stata liberata ed è necessario compiere un salto di qualità anche nell’opera di provocazione. L’Unione proletaria comincia una forsennata campagna contro il governo Bonomi. Contemporaneamente cerca di darsi anche un contegno organizzativo, almeno di facciata: trasferisce la propria sede (agosto) in via Fornovo, dove hanno sede anche la Massoneria unificata di Domenico Maiocco e le bande armate di Cruyllas-D’Annunzio e Giovanni (Nino) Polacco. L’edificio sarà poi occupato dal Tiber River Massonic Club, una loggia massonica formata da militari alleati.
Capistrello (L’Aquila), mentre Roma veniva liberata, a Capistrello 33 persone sono assassinate e i corpi buttati nelle buche prodotte dai bombardamenti presso la stazione. L’eccidio è compiuto da uomini della Wehrmacht
Palermo, si svolge una seconda riunione dei sindaci separatisti che, negli intenti di Lucio Tasca, sindaco di Palermo, avrebbero dovuto rappresentare “un’assemblea deliberante e possibilmente costituente”.
Massalombarda (RA), scioperano chiedendo un aumento di salario le maestranze della Massalombarda, azienda per la trasformazione della frutta.
5 giugno: Vittorio Emanuele III abdica e nomina il figlio Umberto, Luogotenente del Regno.
Borgotaro (Parma), terza incursione aerea alleata (15 morti).
Busana (Reggio Emilia), in località Cervarezza partigiani della Val d’Enza disarmano un presidio della GNR. Poco dopo fermano due pullman di linea catturando vari militi e un ufficiale della GNR Vengono trattenuti 5 militi. Gli altri sono lasciati in libertà
6 giugno: gli alleati sbarcano in Normandia.
Roma, Badoglio presenta le proprie dimissioni al re.
Roma, gli alleati arrestano Gabriele Cruyllas-D’Annunzio che si difende esibendo l’inserimento nella lista dei capi militari del Fmcr invitati a mobilitarsi per presenziare all’insediamento del nuovo sindaco di Roma in Campidoglio. Sarà scarcerato 40 giorni più tardi. Arrestato anche Cosimo Russo, ex fiduciario del gruppo Muti.
Si costituisce a Roma il Partito democratico italiano (Pdi) di ispirazione monarchica, finanziato direttamente dalla Casa Reale, e provvisto di un proprio organo di stampa, Italia Nuova, quotidiano. Segretario generale del partito è Vincenzo Selvaggi. Il Pdi nasce dalla confluenza di vari gruppi, fino allora operanti nella clandestinità: Centro della democrazia italiana, Partito di unione, Partito socialdemocratico italiano.
Palmiro Togliatti scrive ai dirigenti comunisti e partigiani del nord Italia: “(…) Attaccate, insorgete, colpite, spezzate ogni resistenza, annientate il nemico. Buttatevi tutti nella lotta con tutte le vostre forze (…) E’ un dovere verso la Patria, gli Alleati, in particolare verso l’Unione sovietica che da tre anni sopporta quasi da sola il peso della guerra…Ricordarsi sempre che l’insurrezione che noi vogliamo non ha lo scopo di imporre trasformazioni sociali e politiche in senso socialista e comunista, ma ha come scopo la liberazione nazionale e la distruzione del fascismo. Tutti gli altri problemi verranno risolti dal popolo, domani, una volta liberata l’Italia tutta, attraverso una libera consultazione popolare e l’elezione di un’Assemblea costituente”.
Varsi (Pr), sono i giorni che precedono il primo grande rastrellamento nell’Appennino parmense. Una puntata tedesca arriva fino a Varsi. Alla vista dei militari gli abitanti dei paesi e dei villaggi attraversati dal reparto, colti dal panico fuggono su per i monti, trovando riparo nei boschi mentre gli anziani e le donne con i propri figli attendono, rinchiusi in casa, la fine della operazione. Non tutti riuscirono al salvarsi. Bruno Cattani venne catturato e ucciso. Qualche giorno dopo Ernesto Roboni, è catturato mentre percorreva la strada per Pontremoli ed è passato per le armi sul posto.
Collagna (Reggio Emilia), partigiani della Val d’Enza interrompono la Strada Statale provocando il crollo di un ponte a ovest di Collagna. Altri eliminano senza difficoltà il presidio della GNR di Collagna disarmando, e rilasciando subito in libertà, 16 uomini. Vengono trattenuti solo un tenente e un brigadiere.
Fosdondo di Correggio (Reggio Emilia), nella notte i fascisti prelevano dalle loro abitazioni i contadini Antonio Saccani e Bruno Incerti Capretti, fucilandoli poi a Villa Massenzatico. Saccani morì sul colpo mentre Capretti, ferito è soccorso da civili e trasportato all’ospedale di Correggio. Come era avvenuto per le uccisioni di Ovidio Beucci a Scandiano e di Romeo Ghidoni a Montecavolo i fascisti attribuiscono il delitto a “sconosciuti”.
5 – 6 giugno: Castiglion dei Pepoli (Bo), scioperano i lavoratori della Todt impegnati nei lavori di fortificazione della Linea Gotica nella frazione di Baragazza, chiedendo la liberazione di una ventina di loro compagni arrestati dai tedeschi con l’accusa di connivenza con i partigiani. L’azione dei lavoratori è appoggiata e protetta dai partigiani della Stella Rossa. Dopo tre giorni gli arrestati sono liberati.
7 giugno: Firenze, smantellata dal gruppo di polizia speciale Carità, la rete informativa Co-Ra, di filiazione Oss. Arrestato l’esponente del Partito d’azione Enrico Bocci.
Roma, Alcide De Gasperi confida all’Oss che il generale Bencivenga vuole “trasformare il Cln in un’unione democratica con se stesso in veste di comandante, circondato da una guardia del corpo di Camicie Verdi ”, con riferimento agli uomini di Cruyllas-D’Annunzio.
Roma, Umberto Salvarezza fonda l’Unione proletaria. Scarcerato Cosimo Russo per intervento di Salvarezza che lo convoca per richiedergli di contattare il capo della quinta colonna fascista in città e farsi dare il denaro necessario a pagare i suoi 300 partigiani. Avuta risposta negativa, Salvarezza arruola Russo per la diffusione del giornalino clandestino La Frusta e per procurargli centinaia di fascisti d’azione disponibili, quando giungerà il momento, a compiere una controrivoluzione, a procurare inoltre “elementi femminili atti a generare incidenti nei vari mercati (…) allo scopo di creare disordini” e, infine, a dargli una lista di imprenditori che avevano collaborato con i tedeschi per ottenere del denaro.
Il colonnello Ugo Luca accompagna Roberto Occhetto nella sede del Sim chiedendo la sua reintegrazione per le benemerenze acquisite, in particolare nei confronti della “banda Bertone”, composta praticamente da soli militari, ma non integrata nel Fmcr. Gli alleati però ordinano egualmente l’arresto di Occhetto.
Milano, il Corriere della Sera annuncia che il ministro di Grazia e giustizia Piero Pisenti, su proposta del segretario del Pfr Alessandro Pavolini, ha disposto l’archiviazione di tutti i procedimenti penali pendenti dinanzi ai Tribunali straordinari provinciali e gli imputati rimessi in libertà. La disposizione non ha valore per gli ex iscritti al Pnf, per i reati di omicidio, lesioni gravi e danneggiamenti aggravati che, però, passano di competenza ai tribunali ordinari.
Roma, si insedia il consiglio direttivo della Federazione nazionale della stampa
Ravenna, oltre duemila lavoratori della Todt si astengono dal lavoro. Lo stesso giorno riprende l’agitazione allo iutificio Montecatini per l’ottenimento di un premio di 1000 lire, già richiesto il 12 maggio. Dopo un nuovo sciopero attuato l’11, i lavoratori ottengono un aumento del 45% del salario.
Rimini, volantino del Partito comunista con cui si invitano i contadini a salvare il raccolto impedendone la razzia da parte dei tedeschi.ù
8 giugno: Roma, in seguito ad una riunione fra i rappresentanti alleati e quelli del Ccln viene designato a dirigere il nuovo governo Ivanoe Bonomi, con disappunto del maresciallo Badoglio che contava di riottenere l’incarico. I componenti dei partiti antifascisti chiamati a far parte del nuovo governo rifiutano di giurare fedeltà al Re e si limitano a giurare “nel loro onore di esercitare la loro funzione nell’’nteresse supremo della Nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell’Assemblea costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale”.
Roma, si svolge una riunione, presieduta da Mario Scelba, preparatoria alla costituzione delle Acli.
Genova, gli operai entrano in sciopero per ricordare la figura di Bruno Buozzi.
I delegati sloveni Anton Vratusa (Urban) e Franz Stoka s’incontrano a Milano con i delegati del Clnai decidendo, di comune accordo, di rinviare i problemi per l’assetto dei confini alla conclusione del conflitto, “perché è evidente che la soluzione decisiva dei problemi nazionali territoriali non si potrà ottenere che dopo la vittoria comune, tenendo sempre conto del diritto di autodecisione e della situazione generale in questa parte d’Europa e in Jugoslavia e in Italia in particolare”.
Ligonchio (Reggio Emilia), disarmato il locale presidio della GNR
Baiso (Reggio Emilia), partigiani delle formazioni modenesi disarmano il locale presidio della GNR
9 giugno: nascono ufficialmente la Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil) e il Corpo volontari della libertà (Cvl). Quest’ultimo riunisce tutte le formazioni partigiane.
Milano, il Clnai annuncia ufficialmente che, dopo la liberazione di Roma, avrebbe assunto le funzioni ed i compiti di Comitato centrale di liberazione per l’Italia occupata, secondo quanto era stato deciso dal Ccln di Roma il 31 gennaio 1944. Il Clnai lancia inoltre un proclama con il quale invita i contadini ad occultare il grano, sottraendolo agli ammassi.
Reggio Emilia, le autorità fasciste rendono noto l’obbligo di tagliare tutte le siepi per il timore delle imboscate partigiane.
Una squadra di partigiani gli 11 uomini del presidio della GNR di Carpineti, lasciandoli subito dopo in libertà.Reparti fascisti intervengo a sostegno dei militi assediati dai partigiani nei presidi di Villa Minozzo e Toano. Le truppe fasciste incendiano poi alcune case a Poiano, asportano bestiame, quindi si ritirano a Castelnuovo Monti. La zona rimane in mano partigiana
I fascisti prelevano a Fazzano e S. Biagio di Correggio gli antifascisti Ugo Bizzarri e Armando Luppi, fucilandoli, poco dopo l’arresto, in aperta campagna col solito pretesto della fuga
10 giugno: un proclama del Comitato di Liberazione dell’Alta Italia dichiara aperta “l’ultima fase della lotta”. Nella lotta di fabbrica ciò si traduce nel sabotare il più possibile la produzione e ridurla al minimo; rivendicare consistenti anticipazioni di salario e di viveri e impedire ai tedeschi il trasferimento di impianti, macchinari e attrezzature ancora efficienti, difendendo al tempo stesso i lavoratori dalla minaccia di deportazione. Il Clnai lancia inoltre un proclama con il quale invita i contadini ad occultare il grano, sottraendolo agli ammassi.
Un rapporto dell’Oss riporta le affermazioni di Antonio Pesenti, sottosegretario comunista alle Finanze nell’ultimo gabinetto Badoglio. All’agente dell’Oss Richard Burks, che lo intervista sul tema della rivoluzione, Pesenti risponde: “La rivoluzione non fu fatta nel 1920 quando c’erano le condizioni adatte perché purtroppo mancò il partito adatto. Può sempre arrivare il momento, ma ci vogliono due componenti essenziali: un partito con un fortissimo seguito nella popolazione e un contesto europeo favorevole”.
Genova, riparte lo sciopero che coinvolge 12.000 lavoratori. Il comando germanico ordina la serrata e ingiunge la ripresa del lavoro il 14.
Zola Predosa (Bo), un centinaio di donne protesta per ottenere un aumento della razione dei grassi e una maggiore distribuzione di combustibile.
Nelle risaie di Selva Malvezzi di Molinella (Bo) è diffuso il primo numero de La mondariso, giornale clandestino delle mondine bolognesi.
Forlì, il Pci diffonde volantini nei quali esorta i contadini a ritardare il più possibile la mietitura.
Massacrati per rappresaglia dai nazisti 642 abitanti del tranquillo villaggio rurale di Oradour sur Glane, nella regione francese della Nuova Aquitania. E’ il peggiore degli eccidi di civili inermi compiuto dai nazisti in Francia
11 giugno: Londra, Winston Churchill deplora l’allontanamento di Badoglio dal governo italiano.
In una lettera a Stalin, Churchill esprime il suo disappunto: “Sono meravigliato di ciò che è accaduto al maresciallo Badoglio. Mi sembra che abbiamo perso l’unico uomo competente col quale avevamo a che fare, e anche un uomo che poteva servirci meglio di tutti. L’attuale gruppo di politicanti avidi e decrepiti, naturalmente, si sforzerà di allargare le pretese italiane e potrà causarci il massimo incomodo. Mi sareste di grande aiuto se mi comunicaste la Vostra opinione in proposito”. Stalin risponde: “Ho ricevuto il vostro messaggio sulle dimissioni di Badoglio. Anche per me le dimissioni di Badoglio sono giunte inattese. Pensavo che senza il consenso degli alleati inglesi e americani non si potesse sostituire Badoglio e nominare Bonomi. Tuttavia, dal Vostro messaggio risulta che ciò è accaduto contro la volontà degli Alleati. E’ da ritenere che alcuni circoli italiani intendano compiere il tentativo di modificare a loro favore le condizioni di armistizio. Comunque, se le circostanze suggeriranno a voi e agli americani che in Italia sia necessario avere un altro governo e non il governo Bonomi, potete contare che da parte sovietica non vi saranno ostacoli”.
L’Oss approva la costituzione del nuovo governo italiano perché conforme a quanto stabilito nella “Dichiarazione di Mosca”
Borga di Recoaro Terme (Vi), i tedeschi fucilano per rappresaglia 17 persone
Salsomaggiore (Pr), in località Sivizzano sono fucilati i partigiani Gian Giacomo Zanchi (Milano, 17 anni) e Vero Zara (Salsomaggiore, 22 anni)
Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia), ucciso il commissario prefettizio locale. La popolazione ritenuta connivente viene punita con un’ammenda collettiva di 200.000 lire
12 giugno: Londra, Wiston Churchill scrive al presidente americano Roosevelt: “La sostituzione di Badoglio con un gruppo di politicanti vecchi ed affamati è, io penso, un grande disastro. Dal momento in cui, nonostante la presenza del nemico, ci ha consegnato la flotta, Badoglio è stato uno strumento utile per noi. Io pensavo che fosse sottinteso che egli sarebbe rimasto al potere almeno fino a quando il nord democratico non fosse riapparso sulla scena politica, e non si fosse potuto formare un governo davvero solido (…) Fino ad oggi io non avevo capito che noi avevamo concesso agli italiani, che ci sono costati tanto in perdite di vite umane e di materiale, il diritto di formare qualsiasi governo di loro scelta, senza tenere conto delle potenze vittoriose (…)”.
Bologna, in tutta la provincia scioperano le mondine in base ad una piattaforma rivendicativa che prevede la riduzione dell’orario da otto a sette ore, aumenti salariali, quattro kg. di riso per giornata, generi alimentari, copertoni per biciclette, vestiario, sospensione retribuita del lavoro durante gli allarmi, sirene per segnalare gli allarmi e un rifugio anti schegge. Con questa piattaforma le mondine di fatto esautorano i sindacati fascisti, facendo prevalere, come reali agenti contrattuali, i comitati d’agitazione. Lo sciopero è anticipato da fermate del lavoro, il giorno 10, nelle singole aziende dei comuni di Bentivoglio, Galliera e San Pietro in Casale. La lotta delle mondine bolognesi raggiunge il culmine il 16 e il 17 e continua fino al 21 giugno. A Medicina, nonostante gli agrari accettino il giorno 14 le richieste, lo sciopero continua per solidarietà con le altre mondine. A Molinella, dopo il primo giorno di sciopero, i fascisti compiono numerosi arresti. La reazione dei fascisti e dei tedeschi è brutale, ma non piega le scioperanti. Negli ultimi giorni le mondine sono affiancate dalle braccianti ingaggiate per le prime operazioni di mietitura del grano. Per alleggerire la pressione dei fascisti sulle mondine, vengono organizzate manifestazioni in altre zone della provincia, lontane da quelle risicole. Il giorno 13 scioperano i lavoratori della Maccaferri di Zola Predosa e quelli della Ducati di Bazzano e Crespellano. Sempre a Crespellano scioperano i 60 dipendenti della fabbrica di marmellate Bononia. Vengono organizzate anche manifestazioni di piazza per la mancata distribuzione di grassi e di altri generi tesserati e contro l’invio di operai e macchinari in Germania. Manifestazioni popolari a sostegno della vertenza delle mondine si svolgono a Molinella e Galliera. A Baricella un gruppo di squadristi rastrella, armi in pugno, le mondine casa per casa e le costringe ad andare in risaia. La lotta così interrotta riprende però il 17 e il 19, quando un nutrito gruppo di mondine porta la protesta direttamente in comune. Il giorno 20 lo swciopero si estende anche ai mietitori. A Bentivoglio lo sciopero si protrae per sei giorni.
Con la loro lunga e combattiva agitazione, le mondine ottengono aumenti salariali, 2 kg di riso per giornata e il pagamento degli arretrati. Inoltre, all’intera categoria dei braccianti, i proprietari terrieri si impegnano a corrispondere un’indennità giornaliera di presenza di 20 lire. Ma l’agitazione vince anche sul piano politico, sminuendo in maniera determinante il peso e la rappresentatività contrattuale dei sindacati fascisti.
13 giugno: Roma, in un articolo sul quotidiano democristiano Il Popolo, Achille Grandi commenta l’avvenuta unificazione sindacale rilevando, però, che manca il parere dei sindacalisti delle zone ancora occupate. E, in proposito, scrive: “Quel che possiamo fin d’ora assicurare col pieno e leale consenso di coloro che hanno assunto la responsabilità di questo accordo è che le questioni importanti ancora controverse saranno trattate in sede paritetica e cioè non soggette a colpi di maggioranza. Ogni sforzo sarà compiuto per trovare il punto di congiunzione e di transazione. Ma se per deprecabile caso ed evento l’accordo non fosse raggiunto, ogni corrente sindacale riprenderà la sua libertà d’azione senza che nessuna di esse potrà essere imputata di avere menomato lo sforzo compiuto per attuare l’unità sindacale”.
Torino, firmato alla Fiat l’accordo che prevede il pagamento dell’anticipo di metà della tredicesima mensilità al mese di giugno.
Milano, scarcerato Carlo Andreoni, mentre i suoi compagni, arrestati con lui, rimangono in carcere per essere poi trasferiti nel campo di concentramento di Fossoli.
Bazzano e Crespellano (Bo), i lavoratori dei due stabilimenti Ducati scioperano in appoggio alle mondine in lotta, ma anche per proprie rivendicazioni: corresponsione di un anticipo pari a tre mesi di salario, liquidazione del premio di trasferta, aumento dell’indennità di guerra. Contemporaneamente gruppi di donne protestavano in piazza chiedendo miglioramenti annonari e contro il ventilato trasferimento dei macchinari in Germania.
Ciano d’Enza (Reggio Emilia), partigiani della Val d’Enza distribuiscono alla popolazione 20 quintali di grano prelevandolo dall’ammasso locale. Disarmato il presidio della GNR di Quattro Castella
14 giugno: Todi (Pg), in località Pontecuti i nazisti della Fallschirmjäger-Division Hermann Goering, rinforzata da giovani volontari della Rsi, trucida cinque contadini della zona, dopo averli usati come bestie da soma per il trasporto di materiali. Due giorni dopo, in località Poggio di Monte Castello, uccidono per rappresagli altre nove persone
15 giugno: Torino, gli operai della Fiat Mirafiori scendono in sciopero per scongiurare il trasferimento di alcuni impianti, destinati alla produzione di motori avio, in Germania. La parola d’ordine è “ne un uomo ne una macchina in Germania”. Oltre a Mirafiori le prime fabbriche a fermare i macchinari furono quelle dell’intero gruppo Fiat (Lingotto, 4.000 operai, Ferriere, 6.000, Fonderie Ghisa, 1.800, Acciaierie, Fiat Materiale Ferroviario, Grandi Motori, 3.100), seguite nei giorni successivi dagli operai della Riv, della Rasetti, della Cimat, della Elli Zerboni, della Lancia, dell’Aeritalia, della Incet, della Ceat, dell’Arsenale Militare di borgo Dora, della Dubosch, della Viberti, della Zenith, alla Bertone, alla Manifattura Tabacchi.
Nei giorni successivi lo sciopero si estende alla Lancia, Aeritalia, Ceat e in molte altre aziende. Per rappresaglia i tedeschi deportano in Germania centinaia di operai
Il Feldmaresciallo Kesserling ordina: “(…) La lotta contro le bande deve essere condotta perciò con tutti i mezzi disposizione e con la massima asprezza. Io coprirò ogni comandante che nella scelta ed asprezza del mezzo vada oltre la misura a noi di solito riservata”.
Pian d’albero di Figline (Fi), i nazisti impiccano 18 partigiani catturati dopo uno scontro a fuoco. I corpi sono lasciati esposti per tre giorni a S. Andrea in Campiglia
16 giugno: Genova, ingenti forze tedesche, di polizia e delle brigate nere fanno scattare una delle rappresaglie più odiose dell’intero periodo di occupazione nazifascista del nord e centro Italia. L’azione era da tempo preparata e fu attuata con spietata tecnica militare. Le quattro fabbriche colpite, la Siac a Campi, il Cantiere, la Piaggio e la San Giorgio a Sestri
erano state tra le realtà più combattive sin dall’autunno del 1943. I lavoratori vennero radunati nei piazzali, selezionati, caricati a centinaia su camion e autobus così come si trovavano, in tuta, molti in canottiera e con gli zoccoli. Nella rete caddero in circa 1.500, furono successivamente portati ai punti di concentramento a Campi e a Rivarolo e caricati come bestie su carri ferroviari con destinazione Mauthausen. Da lì furono smistati in altri campi e destinati al lavoro coatto nelle industrie germaniche. Molti di loro non sarebbero più tornati
17 giugno: Medicina (Bologna), ucciso in località Villa Fontana, mentre tentava di disarmare un fascista, il partigiano Antonio Rossi, 22 anni, meccanico. Rossi faceva parte della 7a GAP Gianni
18 giugno: Roma, si forma il primo governo Bonomi (dal 18 giugno 1944 all’11 dicembre 1944). La composizione del governo: http://www.senato.it/leg/-03/BGT/Schede/Governi/0029_M.htm
Ascoli Piceno è liberata, con la collaborazione attiva di gruppi di partigiani, dal CIL (Corpo Italiano di Liberazione). I primi ad entrare in città sono il 184° reggimento paracadutisti della Nembo e il 61° battaglione allievi ufficiali bersaglieri.
In numerosi centri del Piceno i GAP locali erano insorti ed avevano costituito i primi nuclei dei locali Comitati di Liberazione Nazionale (CLN). Il resto della provincia sarà liberata nei giorni successivi dal 2° Corpo d’Armata polacco
Milano esce in clandestinità L’Adunata dei Libertari. Ne viene stampato un solo numero di due pagine, che riporta un appello dei gruppi anarchici settentrionali per coordinare l’azione di lotta contro il nazifascismo, ma rimanendo su posizioni rigidamente proprie rispetto al fronte antifascista. Il giornale è curato dal milanese Pietro Bruzzi. Figura irriducibile del movimento anarchico, più volte fermato e a lungo confinato a Ponza, viene scoperto e di nuovo arrestato. Torturato in carcere, è fucilato il 17 dicembre 1944. In suo onore, le formazioni partigiane anarchiche prendono il nome di Brigate Bruzzi-Malatesta
20 giugno: Fondotoce di Verbania, dopo essere stati fatti sfilare con un cartello denigratorio vengono fucilati 43 tra civili e partigiani, uno dei quali, colpito solo ad un braccio ma creduto morto, si salverà. Altri due erano morti per via delle torture durante gli interrogatori che precedettero la fucilazione
21 – 27 giugno: Lizzano in Belvedere (Bologna), dopo che i partigiani hanno ucciso in un conflitto a fuoco due tedeschi in località Rocca Corneta, scatta la rappresaglia nazista. I tedeschi uccidono i fratelli Pietro e Domenico Fiocchi, entrambi mezzadri e picchiano il resto della famiglia. Catturati anche altri uomini a cui viene imposto di scavarsi la fossa, ma saranno poi rilasciati. Il 23 giugno viene attuato il rastrellamento vero e proprio che arriva fino a Fanano. Nei giorni successivi un gruppo di partigiani della brigata Matteotti di Montagna si scontra con una pattuglia di SS lungo la strada per Pianaccio. Nel conflitto muore il partigiano Ivo Agostini, residente a Capugnano di 30 anni, ed è catturato Ettore Gubellini, originario di Crevalcore di 18 anni. Sarà impiccato il 2 luglio a Lizzano
21 giugno: Milano, il governo fascista repubblicano emette un decreto che disciplina la vita dei cittadini in tempo di guerra. Per gli organizzatori di scioperi è prevista la pena di morte.
Torino, gli operai in sciopero alla Fiat a alla Lancia impongono la sospensione del trasferimento dei macchinari in Germania, come i tedeschi hanno iniziato a fare in mattinata.
Pistoia, partigiani della formazione Silvano Fedi, aiutati da Licio Gelli, liberano dal carcere di Villa Sbertoli 54 detenuti. Direttore del carcere è Salvatore Buffoni, poi sostituto procuratore della Repubblica di Salò.
Bondeno (Fe), i compartecipanti delle frazioni di Gavello, Burana e Pilastro abbandonano la mietitura chiedendo che la parte di grano loro spettante sia elevata dal 35 al 42 per cento dell’intero prodotto.
Langhirano (Pr), militi tedeschi fucilano il civile Enrico Tondelli (Langhirano, 27 anni)
22 giugno: Gubbio (Pg), uccisi per rappresaglia dai tedeschi 40 civili. Dopo l’uccisione, nel pomeriggio del 20 giugno, da parte dei Gap di un ufficiale medico nazista e il ferimento di un altro, l’esercito tedesco rastrella a più riprese la città, nonostante l’intervento del vescovo e le assicurazioni a quest’ultimo del comandante della zona. Vengono presi uomini e donne, giovani e meno giovani. Di notte, alcuni di essi vengono costretti a scavare delle fosse e obbligati ad aspettare il loro turno, Gli altri vengono legati, fucilati e infine finiti a colpi di pistola.
22 – 23 giugno: Castelmaggiore (Bo), scioperano, protestando contro le dure condizioni di lavoro, i 200 addetti allo sgombero delle macerie e riattivazione della linea ferroviaria Bologna – Padova.
Massalombarda (Ra), reparti tedeschi rastrellano un gruppo di 40 uomini da avviare alla deportazione in Germania. Numerose donne scendono in piazza chiedendo la loro liberazione. Viene indetto lo sciopero generale. Si fermano tutti gli operai delle industrie locali, i lavoratori del commercio e delle campagne. Gli ostaggi vengono liberati.
22 giugno: prima repubblica partigiana in Italia: nel territorio di Montefiorino, sull’Appennino modenese, dopo la cacciata dei tedeschi ad opera delle formazioni partigiane. Resisterà fino al 3 agosto.
Torino, l’aviazione alleata bombarda le officine della Fiat e della Lancia. In un rapporto la polizia fascista scriverà che questo prova la “esistenza di un legame tra gli scioperi e l’aviazione nemica”.
Fornovo Taro (Parma), bombardamento a tappeto del capoluogo (10 vittime)
22 – 26 giugno: eccidi e devastazioni da parte delle truppe tedesche in provincia di Arezzo. A Monte Giovi 6 civili uccisi e 3 case coloniche incendiate; a Palazzo del Pero 10 civili uccisi e 4 case coloniche incendiate: a Quarata 16 civili fucilati.
23 giugno: Vezzano sul Crostolo (Re), 32 persone, tra cui molte donne e bambini, trucidate per rappresaglia dai nazisti
Enrico Berlinguer va a vivere a Salerno, dove (per motivi di sicurezza e fino al ritorno di Roma alla normalità) s’insedia il nuovo consiglio dei ministri d’Italia. Il padre Mario è stato nominato alto commissario aggiunto per la punizione dei delitti fascisti. Enrico insiste con suo padre per conoscere Palmiro Togliatti, che da Mosca è appena tornato in Italia e vive a Napoli
25 giugno: promulgata la legge che assegna all’Assemblea costituente, a guerra finita, il compito di decidere la nuova forma dello Stato. Il governo ritorna a Roma il 15 luglio. Cinque giorni dopo, a Napoli, il congresso della Dc elegge Alcide De Gasperi segretario del partito.
Forlì, per unificare il movimento di massa e dirigere le Commissioni sindacali clandestine delle fabbriche, nasce il periodico clandestino La Nostra Fabbrica.
Longarone (Bl), durante un vasto rastrellamento con 300 SS a caccia di partigiani sui monti di Longarone, vengono uccisi tre pastori e le loro 400 pecore
Pietraspaccata (Pr), i partigiani controllavano ampie zone dell’Appennino ed erano anche nati i territori liberi in val Taro e val Ceno. I tedeschi tentarono ripetutamente, senza successo, di penetrare nel territorio liberato. Durante uno di questi tentativi un reparto tedesco venne sorpreso da una pattuglia partigiana. Al termine dello scontro Dante Colombini, padre di uno dei partigiani che aveva partecipato all’azione, venne catturato dai militari. Interrogato e torturato, nel tentativo di estorcergli informazioni, nonostante le sevizie, egli non rivelò il luogo in cui si trovarono il figlio e i suoi compagni di lotta. Per questo venne fucilato. Due giorni dopo, al termine di un duro scontro con le formazioni partigiane, i nazisti fucilano altri quattro civili per rappresaglia: Antonino Bonassera (Salsomaggiore, 47 anni), Giuseppe Massera (Soragna, 39 anni), Oreste Restori (Pellegrino Parmense, 47 anni)
Metà giugno: Forlì, i lavoratori della Mangelli entrano in agitazione per impedire alla direzione di chiudere lo stabilimento, lasciando così disoccupati i lavoratori e sottoporli maggiormente al rischio di deportazione. La vertenza si chiude con una importante vittoria. La proprietà concede infatti anche un premio di 1000 lire per gli operai e di 500 per le operaie e l’assegnazione di un vestito da lavoro e di 50 litri di vino per ognuno.
Il 4 luglio i tedeschi ci riproveranno cercando di far chiudere le fabbriche del forlivese con l’intenzione di asportare macchinari e attrezzature. I lavoratori si oppongono nascondendo macchinari e sabotando ciò che non è possibile occultare. Alla Mangelli i lavoratori distribuiscono il materiale di consumo, nascondono motori, cavi ed attrezzi e saldano a terra i macchinari.
26 giugno: Val Taro (Parma), i partigiani liberano Albareto, Bedonia, Compiano, Tornolo: si costituisce il “Territorio libero del Taro”.
27 giugno: Falzano di Cortona (Ar), i nazisti massacrano per rappresaglia 15 civili
Milano, catturato e fucilato dai militi della Muti, in piazza Giosia Monti, il partigiano Rinaldo Carati. Operaio della Isotta Fraschini, aveva 24 anni. il cadavere del ragazzo fu abbandonato sul luogo dell’esecuzione, dove oggi lo ricorda (con Rino Sisti, Attilio Clerici e Giuseppe Galli), una lapide che l’ANPI ha fatto apporre dopo la Liberazione.
29 giugno: Molinella (BO), di nuovo in agitazione le mondine molinellesi che rivendicano migliori condizioni retributive.
Bologna, esce il primo numero de La voce dei campi, organo clandestino dei contadini e braccianti agricoli.
Civitella Val di Chiana (Ar), uccisi, da reparti della divisione Herman Goering, per rappresaglia 173 civili. Altri 71 sono trucidati a San Pancrazio di Bucine (Ar). A Guardistallo (Pi) sono uccise 42 persone tra civili e partigiani. Il massacro è compiuto da uomini della XIX Divisone da Campo della Luftwäffe.
Fine giugno: Lugo (RA), le operaie della CEPAL entrano in agitazione e ottengono una distribuzione straordinaria di generi alimentari.
Roma, parlando al teatro Brancaccio, Togliatti afferma la disponibilità del PCI alla realizzazione di un’ampia alleanza politica che comprenda, oltre ai socialisti, anche la DC, allo scopo di realizzare la più ampia convergenza di forze impegnate nella costruzione di una democrazie progressiva. E’ il discorso della mano tesa.
Varano de’ Melegari (Pr), in località Viazzano i tedeschi fucilano i giovani William Cei (Pontremoli, 18 anni), Mario Gherardi (Varano Melegari, 18 anni)
30 giugno: Roma, arrestato il “borsaro nero” Giuseppe Tizzoni. Dopo la scarcerazione viene avvicinato da Giuseppe Albano che, a nome del “movimento comunista”, con minacce e percosse gli intima di consegnare 10 quintali di farina e 1 di zucchero per i bisognosi. Dopo di lui si presenta anche Nino Polacco che, sempre a nome del “movimento comunista”, gli propone di versare una forte somma in cambio di protezione.
Borgotaro (Pr), tutta l’alta valle del Taro, dai passi del Bocco e del Cento Croci fino al torrente Manubiola, era presidiata dai partigiani che avevano dato vita al Territorio libero del Taro. Il 30 giugno una colonna tedesca, forte di circa 150 uomini perfettamente armati, partiva da Berceto a bordo di autocarri con l’obiettivo di penetrare in territorio partigiano. I soldati sono però bloccati da reparti partigiani. Sopravalutando la forza dei reparti partigiani, i militari decidono di ripiegare. Prima di rientrare prelevano un gruppo di civili da usare come ostaggi per coprire la ritirata. Quando il convoglio arriva presso le scoscese rive del torrente Manubiola, pochi chilometri sopra Ghiare di Berceto, è improvvisamente attaccato dai partigiani del gruppo “Poppy”, appostati sul lato opposto del torrente, che bloccano nuovamente il procedere della colonna. In poco tempo arrivano da Borgotaro altri gruppi di partigiani che attaccano il nemico costringendolo alla resa. Quando i partigiani si avvicinarono ai camion sui quali erano giunti i militari scoprono l’esistenza degli ostaggi. Tra i sopravvissuti alla sparatoria giacciono infatti otto corpi ormai privi di vita: Domenico Del Nevo (56 anni), Rosetta Del Nevo (11 mesi), Vittorio Gavaini (47 anni) e la suocera Gaetana Ralli, Attilio Levati (41 anni), Giuseppe Ruggeri ( 40 anni), Mario Salvanelli (85 anni), Giovanni Salvanelli (56 anni). Su questa strage nazista è interessante la testimonianza di don Aldo Pettenati: http://portali.ltt.it/PortaleEccidiNazifascisti/Vis/page.asp?IDCategoria=905&IDSezione=6937&ID=110287 Questa strage fa parte di una più complessa campagna antipartigiana chiamata in codice Operazione Wallenstein: Il rafforzamento della guerriglia partigiana, con la liberazione di vaste zone montagnose sottratte al controllo dei nazifascisti, e l’avvicinarsi del fronte ai contrafforti appenninici tosco-emiliani spinsero i comandi della Wehrmacht in Italia ad organizzare una serie di importanti operazioni di rastrellamento alle spalle della linea del fronte (Linea Gotica) con il duplice obiettivo di “ripulire” il territorio del retrofronte dai gruppi della guerriglia partigiana, e di rastrellarvi contingenti di manodopera per l’industria bellica del Reich. I rastrellamenti, sotto il nome in codice “Wallenstein“, avvennero con un massiccio impiego di truppe e interessarono in sequenza l’area ad est del passo della Cisa, fino alla statale del Cerreto (Wallenstein I, 30 giugno-7 luglio), le valli del Taro e del Ceno (Wallenstein II, 18-29 luglio), il territorio della “repubblica partigiana” di Montefiorino tra il Reggiano e il Modenese (Wallenstein III, 30 luglio-7 agosto).
La zona appenninica tra Val d’Enza e Val Baganza fu la prima ad essere investita dalle grandi operazioni di “lotta alle bande”. Qui, fra la sera del 30 giugno e durante la giornata del 1° luglio, le truppe si macchiarono di gravi eccidi. Secondo le fonti tedesche oltre 1100 uomini, dei circa 2500 rastrellati durante l’operazione “Wallenstein I”, furono deportati in Germania dalle province di Parma e di Reggio Emilia per essere impiegati nel lavoro coatto.
Durante le operazioni condotte sul territorio a ovest della strada statale n.62 della Cisa fra il 18 e il 29 luglio, i militari tedeschi uccisero oltre 60 persone. Intorno al 20 luglio anche le valli del Taro e del Ceno tornavano sotto l’occupazione militare tedesca.
Il bilancio complessivo delle violenze compiute nel Parmense nel corso dell’operazione “Wallenstein” è di 156 vittime civili e di 70 caduti tra i partigiani, oltre all’incendio di numerosi abitati (Moragnano e Rusino intorno al Monte Fuso; Strela, Cereseto e Sidolo nel Bardigiano; Alpe, Setterone e Strepeto, frazioni di Bedonia) e alla deportazione di 1798 persone, catturate in parte anche nella provincia di Reggio Emilia (…) [http://www.eccidinazifascisti.parma.it/page.asp?IDCategoria=905&IDSezione=6934]
Giugno; alcuni funzionari di polizia, fra i quali il commissario Umberto Federico D’Amato si recano da Roma nel nord Italia, a Valdagno, dove incontrano Guido Leto ed i vertici della polizia della Rsi, con i quali stabiliscono accordi il cui reale contenuto non è mai stato reso noto.
Roma, soppresso al ministero degli Interni, l’ufficio di polizia politica.
Estate: Bologna, all’attività della 7° Brigata GAP, operante in città, si affiancano l’8° Brigata GL e la 6° Brigata Giacomo, la prima di ispirazione azionista e la seconda formata da giovani cattolici.
Reggio Emilia, il CLN provinciale distribuisce un volantino con cui lancia un forte appello: “Agricoltori! Operai! Bisogna impedire che il grano venga consegnato agli ammassi, bisogna che ogni famiglia abbia il pane in casa per tutto l’anno, solo in questo modo si può essere garantiti dalla carestia. Contadini, ritardate la mietitura, trebbiate il più tardi possibile, nascondete il prodotto. Operai, fatevi consegnare il grano necessario alle vostre famiglie dai conferenti troppo zelanti che per paura soggiacciono sempre e subito alle imposizioni del nemico tedesco e dei suoi complici fascisti”.
Modena, scioperi alla Maserati, alla Magneti Marelli di Carpi, alle fonderie Corni, alla Fiat Grandi Motori e alla Manifattura tabacchi. Con la smobilitazione degli stabilimenti, la paura dei bombardamenti e l’afflusso degli operai più combattivi nelle formazioni partigiane, i lavoratori passano dalla lotta aperta a forme di sabotaggio e di occultamento degli impianti. Contemporaneamente contadini e partigiani lottano contro la trebbiatura del grano per sottrarlo alle ruberie nazifasciste.
Imola, lotte contadine per impedire la trebbiatura e la consegna del raccolto agli ammassi. Distribuzione di grano alla popolazione.
Le agitazioni operaie per l’ottenimento di anticipi salariali raggiungono alcuni successi: la Mangelli di Forlì concede due mesi di salario anticipato, a Modena la Corni tre mensilità mentre alla Martinelli gli operai ottengono 1600 lire e le operaie 1000. altri successi vengono raggiunti in fabbriche del cesenate e del forlivese. Diversa la situazione a Bologna dove alla Ducati, Weber, Calzoni e in altre grandi fabbriche le maestranze sono ridotte del 30 40 per cento, mentre in molte piccole fabbriche il personale è stato licenziato completamente. L’indicazione è di ridurre al minimo la produzione e, dove è possibile, abbandonare in massa le fabbriche dopo aver sabotato o distrutto quanto possa servire ai nazifascisti e aver chiesto il pagamento di tre mesi di salario e la liquidazione delle ferie e delle gratifiche arretrate.